Liberi ma non così uguali. Che fare con il Pd?

Redazione

Tra Grasso e la politica c’è D’Alema. “I rancori vanno superati”, dice Bassolino. Mussi: “Con Renzi mai”

Roma. Erano ad applaudire Pietro Grasso, domenica all’Eur, Antonio Bassolino e Fabio Mussi. “Ma in seconda fila. Non ho nessuna intenzione di candidarmi. Sedici anni posson bastare”, spiega allora Mussi, categorico. Mentre Bassolino al contrario non esclude nulla nel quotidiano possibilismo della vita: “Si vedrà”, risponde. “Se posso dare una mano, bene. Ma la mano la do nella misura in cui le mie idee saranno in linea con quello che succede”. E domenica, con loro, c’erano anche Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema. Pure loro lontani dalle prime file e dalle foto. Anche loro a distanza da Roberto Speranza, Pippo Civati e Nicola Fratoianni, “i ragazzi”, come li ha chiamati Grasso, appunto, l’ex magistrato, il presidente del Senato appena battezzato leader di Liberi e uguali, “un soggetto politico”, scandisce Bassolino, “più di un movimento e meno di un partito”. Ed entrambi, sia Bassolino sia Mussi, sono nati nel Pci, sono stati ministri nei governi dell’Ulivo e dell’Unione, hanno seguito tutte le peripezie e le lacerazioni della sinistra, conoscono a memoria, da una vita, l’irrevocabile Massimo D’Alema. Così la domanda è altrettanto irrevocabile: davvero anche lui resterà in seconda fila? “Faber est suae quisque fortunae”, risponde Mussi, non senza una sfumatura d’ironia. E d’altra parte Matteo Renzi ha detto subito, con un tono un po’ liquidatorio, che sarà D’Alema a comandare. Mica Grasso. “E’ una battuta che Renzi si poteva risparmiare”, sospira Bassolino. “Dopo le elezioni si dovrà parlare con il Pd. Ma per parlare ci devono essere le condizioni. E andare avanti con gli insulti non le crea, queste condizioni”. E in un attimo si capisce però che i rapporti con il Pd sono materia di dibattito. Un argomento complicato da maneggiare. “Renzi non è un alleato”, dice Mussi, con una sicurezza che non ammette repliche. 

 

E allora Bassolino dice di aver apprezzato il discorso di Grasso “perché era rivolto con gli occhi in avanti, non con lo sguardo voltato all’indietro. Alle liti, alla scissione… Mi è piaciuto il suo intervento, mi è piaciuto il modo in cui ha tenuto insieme un’assemblea composta da persone tanto diverse tra loro. Uno come Grasso, proprio perché non viene dalle file del Pci e del Pds-Ds-Pd, come noi, porta in questo mondo lacerato della sinistra un elemento di freschezza. Non si trascina addosso le tare del rancore politico e personale che annebbiano la vista di tanti altri”. Dunque sul serio Bassolino pensa che Grasso possa parlare con Renzi, dopo le elezioni, “purché anche il Pd guardi avanti”, dice lui. E purché questa inclinazione, che Bassolino crede di aver individuato nella sostanza del discorso di Grasso, “venga mantenuta anche dagli altri nel Pd e fuori dal Pd”. Oltre il rancore, dunque. Oltre la scissione, dice Bassolino, cui evidentemente non piace il Movimento cinque stelle, ma che pure, parlando di Pd “alleato”, si accosta così a un argomento denso di implicazioni politiche, e forse persino psico-politiche.

 

“Ma non si tratta di rancore”, risponde Mussi. “E’ un semplice fatto fisico, di pura logica: Renzi non è un alleato. Punto. Adesso gli è spuntata una vocazione ‘coalizionale’. Nottetempo? Quando stavamo dormendo? In questi anni è stata costruita, anzi blindata, una teoria dell’autosufficienza, della vocazione maggioritaria, del ‘basta con le coalizioni confuse’. E chi non era d’accordo era un ‘disfattista’, un ‘gufo’, un ‘menagramo’. Tutta una dottrina che Renzi si rimangia solo ora, alla vigilia del voto, quando il Pd ormai si è dato la zappa sui piedi con una legge elettorale sbagliata. Anche dopo la sconfitta al referendum, Renzi non faceva grandi riflessioni strategiche. Adesso improvvisamente apre alle coalizioni, ora ha la faccia di tolla di fare il coalizionista. Mi dispiace. Non è così che funziona”. E certo Mussi non ha mai aderito al Pd, né alla vocazione maggioritaria, e può dunque vantare una certa coerenza, oggi. Ma D’Alema e Bersani c’erano ai tempi del Lingotto, e chiusero insieme a Walter Veltroni Botteghe oscure. Per quali ragioni politiche (e non personali) dovrebbero essere contrari a un’alleanza con il Pd? “Esiste il ravvedimento operoso”, sorride Mussi. “domenica è stata la nascita di una lista per le prossime elezioni che deve essere il pilastro della nuova sinistra”, dice. Senza il Pd. “Senza il Pd”. E s’intuisce che forse non oggi, non subito, ma la questione dei rapporti con il Pd e con il suo segretario è destinata a esplodere dentro Liberi e uguali, ai piedi del trono sul quale si è assiso Pietro Grasso. “E’ evidente che il Pd sia un alleato”, insiste infatti Bassolino. “E credo lo sappia anche Grasso. Sbagliate se lo sottovalutate, e sbaglia chi crede che sia privo di una sua cifra. Renzi dovrebbe rispettarlo. E considerare che è un uomo fuori dalle nostre antiche dialettiche, che non ha conti in sospeso da regolare”. Lui forse no. Ma tutti gli altri?