Cosa c'è dopo il referendum? Quattro passi tra i ragazzi della Leopolda alla ricerca di un sogno che ancora non c'è

David Allegranti

Giuliano da Empoli: “Il messaggio quest’anno dev’essere di insoddisfazione, non di compiacimento: si è fatto molto, ma c’è ancora di più da fare”

Firenze. “Non permettiamo ai rimpianti di superare i sogni”, c’è scritto su un cartellone appeso alle pareti della Leopolda. Il rischio è insomma la rassegnazione, dopo la sconfitta al referendum, arrivata quasi un anno fa, il saluto a Palazzo Chigi, il rifiorire di Berlusconi e del centrodestra. “Finora - dice al Foglio Giuliano da Empoli - le Leopolde erano arrivate tutte sull’onda di uno slancio che non aveva mai subito una vera battuta d’arresto (dato che anche le primarie del 2012 erano state in realtà, un successo). Stavolta invece ci si confronta per la prima volta con una sconfitta (il referendum) e da qui forse nasce lo slogan sul cartellone. A mio avviso può essere anche salutare, nel senso che il messaggio che esce dalla Leopolda quest’anno dev’essere un messaggio di insoddisfazione, non di compiacimento: si è fatto molto, ma c’è ancora di più da fare”. Il problema, osserva Alessio Ciampini, consigliere comunale di Livorno, classe 1984, “è che il sogno più importante è quello rimasto in potenza: un’Italia che può decidere. Infatti alla prova del referendum è naufragato l’impianto di fondo per dare concretezza a quel sogno. Renzi aveva puntato tutto su un’Italia con un passo diverso sul piano istituzionale, ora invece siamo tornati alle parole d’ordine della prima repubblica: proporzionale, larghe intese, incertezza politica”.

 

  

Insomma, mancava un piano B. E ora che ne è di quei “sogni”? Umberto Costantini, classe 1987, sindaco di Spilamberto, provincia di Modena, è uno dei 20 giovani scelti dal segretario del Pd per la direzione nazionale. Non ci vede rassegnazione in quella frase appesa e argomenta così: “Più che rassegnata - dice al Foglio - la trovo molto umana e un po’ in stile ‘training autogeno’. Stamattina ero a un paio di tavoli, abbiamo parlato di ecologia, ambiente, economia circolare, sognando insieme a Simona Bonafè un’Italia in cui ci possa essere virtuosità nella gestione dei rifiuti, dell’energia e delle materie prime. Poi al tavolo del lavoro con Teresa Bellanova dove abbiamo sognato una contrattazione europea. In contemporanea c’era un tavolo interessante sul divario vecchi e giovani (finalmente!) in cui hanno sognato un paese equilibrato che anche solo dirlo è una mezza rivoluzione”. In questi anni, aggiunge il deputato Andrea Romano, “le riforme hanno prodotto risultati, con tutti i limiti. Ma sul lavoro, produttività e diritti l’Italia è diversa dal 2010-2011. Domani un’affermazione di centrodestra o M5s potrebbe portare a passi indietro rilevanti. Nella sinistra radicale c’è poi la dichiarata ambizione di ‘tornare indietro’, immaginando (falsamente) che il nostro passato sia migliore del nostro presente. Ecco, di fronte a queste minacce plurime di marcia indietro, la Leopolda incarna lo spirito più innovatore del Pd. Quello che crede che l’Italia debba continuare ad andare avanti, migliorando quello che c’è da migliorare, ma proseguendo e non indietreggiando”. Qualcosa però sarà pure stato sbagliato, no? “La velocità”, dice Costantini. “Si è tentato un blitz. Una sorta di azione veloce del rugbista che con palla corre verso la meta in contropiede. La squadra amica dietro, troppo, la squadra avversaria davanti, troppo. L’eroica tenacia di chi dice ‘sì,  posso farcela’. Supera a spallate uno, due quattro, addirittura sei avversari, arriva dove mai nessuno prima era arrivato! Poi a pochi metri dalla meta… Giocatore abbattuto”. Ogni volta che cambi qualcosa “accontenti una parte e automaticamente ne scontenti un’altra. Lavoro, diritti civili, scuola, riforma elettorale e costituzionale riforme tutte secondo me corrette, ma che hanno procurato più nemici che amici. A cambiare gli status quo succede. Chi ha un vantaggio non si espone, chi lo perde ti attacca in tanti però attaccano anche prima di aver metabolizzato. Per tentare di preservare purezza, idealità e velocità si è sacrificato la fase dell’accompagnamento e questo l’abbiamo pagato. Lo stiamo pagando. Lo pagheremo”. 

 

Costantini non è sul palco della Leopolda perché Renzi ha deciso di far salire soltanto chi è nato negli anni Novanta. “Millennials, l’ultimo viaggio fatto?”, dice il segretario sul palco rivolgendosi ai ragazzi, che non escono dal ruolo del “millennial”, neanche fossero una figurina. Il rischio è di essere strumentalizzati e utili come quote giovani-quote panda. Infatti c’è chi ha detto no, come Gaia Romani, 21 anni, studentessa di Giurisprudenza, consigliera del Municipio 8 di Milano, anche lei nella direzione nazionale del Pd. Un’esperienza che finora non è stata molto soddisfacente, “siamo stati presi e buttati lì”, dalla dimensione locale alla dimensione nazionale, senza essere molto seguiti. Una sensazione condivisa anche da altri membri della direzione, come Ludovica Cioria, classe 1989. Per questo hanno iniziato a produrre dei documenti politici di propria iniziativa, come quello presentato a Renzi qualche giorno fa, “La Parola ai ventenni - #Italia 2020”. Insomma cercano un ruolo politico, vorrebbero non essere solo dei reggimicrofono. Anche questo potrebbe essere un antidoto contro la rassegnazione? Forse non basta e il rischio di buttare tutto a mare lo vede anche Piercamillo Falasca, che ha partecipato, con la spilla di Forza Europa, al tavolo su mobilità e welfare, coordinato da Lia Quartapelle. “A tutti i partecipanti alla Leopolda - spiega Falasca al Foglio - sto dicendo che con +Europa noi proviamo a non rimettere indietro le lancette dell’orologio. Ricordiamoci che cos’è stata l’Italia fino al 2011, fino a quando abbiamo rischiato un tracollo finanziario-economico enorme. Poi sono iniziate le riforme e una fase di coraggio. Oggi chi guarda il dibatto politico - l’articolo 18 che ritorna, la riforma Fornero che si smonta, i pugni sul tavolo con l’Europa - vede un ritorno drammatico a un’Italia che pensavamo di aver lasciato alle spalle. Anche grazie al governo Renzi. Noi vogliamo continuare a mettere avanti le lancette. Spero che la Leopolda non sia entrata nella schiera di quelli che le mettono indietro”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.