Raggi vende sogni, non solide realtà (e batte cassa)
“Rigenerazione”, “resilienza”, “smart”. Belle parole, agli imprenditori che chiedono di sbloccare le pratiche di assegnazione dei lavori, il sindaco M5s si è comportata come al solito: ha chiesto soldi allo stato
Roma. “Noi siamo quelli del sì: sì alla legalità, sì al lavoro”. E naturalmente “sì alla messa in sicurezza del territorio”. E anche “sì alla rigenerazione urbana”. Che significa? Virginia Raggi, intervenuta ieri all’assemblea dell’Acer, l’Associazione dei costruttori romani, non l’ha spiegato; lo slogan, secondo la sindaca, suona bene e basta.
In compenso, rispondendo all’appello degli imprenditori che da tempo chiedono al Campidoglio di sbloccare le pratiche di assegnazione dei lavori, e di dire concretamente che cosa intende fare per la metropolitana e lo stadio (il Foglio ha rivelato che si va verso un’altra proroga a gennaio della conferenza dei servizi), la più importante amministratrice pubblica del Movimento 5 stelle si è comportata come al solito: chiedendo soldi allo stato.
“Il dialogo con il governo, dopo l’apertura del tavolo al ministero per lo Sviluppo economico, va portato avanti su altri livelli”, dice. Forzando un po’ strumentalmente le parole di Nicolò Rebecchini, presidente dell’Acer, aggiunge: “Roma ha bisogno di poteri speciali e risorse adeguate. Deve ricevere un trattamento paragonabile a quello delle altre capitali europee”. Per concludere: “Non è possibile che i romani continuino pagare più tasse degli altri cittadini italiani senza ricevere servizi e infrastrutture all’altezza”, quasi che servizi e infrastrutture non siano di sua diretta responsabilità. Non solo. Come un altro sindaco immobilista del passato – Carlo Giulio Argan del Pci, della cui amministrazione si ricordano i maxi-blocchi del traffico che ispirarono “L’ingorgo” di Luigi Comencini, ma che in compenso coniò lo slogan “ricostruire Roma” – Raggi garantisce che “la sfida della nostra amministrazione è disegnare insieme la città di domani. Non quella dei prossimi cinque anni ma dei prossimi venti o trenta anni, quella che lasceremo ai nostri figli”. Il “volare alto” però plana sull’abituale refrain grillino: “Per troppo tempo una politica vecchia e miope ha ragionato in termini di immediati ritorni elettorali”. “Per anni Roma ha avuto il fiato corto. Noi vogliamo ridarle respiro”. E dunque: “Creare una città smart, resiliente, il cui sviluppo sia sostenibile dal punto di vista ambientale e della mobilità, che riporti le periferie all'interno del tessuto urbano, che doti la capitale delle necessarie infrastrutture senza aspirare a una vuota grandeur e alle sue cattedrali nel deserto”. Meraviglia. Che cosa vuol dire? “Siamo i primi ad aver creato un assessorato alla semplificazione amministrativa e alla digitalizzazione. Abbiamo elaborato il Pums – che per i non informati è il Piano urbano mobilità sostenibile-Roma dei cittadini – e presto approveremo le linee operative per la nuova città resiliente”. Sull’onda della resilienza, Raggi ha ammonisce anche che “gli schemi tradizionali di rendita vanno abbandonati in favore di forme innovative di sviluppo delle economie”, e va da sé “da disegnare in sinergia con i territori”. Ma il bello è come sempre alla fine: “Avremo una direzione dedicata alla Rigenerazione”. Parafrasando un noto spot immobiliare, Raggi vende sogni, non solide realtà. Si stappi del buon Champagne allora.
Il mattone non balla nella Capitale
O magari qualcuno più prosaicamente ricordi a Virginia Raggi che il pil di Roma è per la prima volta sotto la media nazionale. O le parole di Paolo Gentilini, storico imprenditore romano: “Consiglio di usare il mercato immobiliare per capire cosa sta succedendo a Roma. Le costruzioni sono ferme, e pensate quanto sono state importanti, e se uno gira un po’ per le zone di lusso, come i Parioli, vede solo cartelli vendesi. E io vedo sempre gli stessi cartelli, sempre alle stesse case. E forse questo è anche il segno di una città che sta perdendo pezzi, perché quando un’azienda va via, come tante stanno lasciando Roma, vanno via anche i dirigenti che potrebbero sostenere certi prezzi”. Però arriva la direzione comunale della Rigenerazione.
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Parlare di patria è paccottiglia nostalgica e un po' fascista? Non proprio
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