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Anche in Sicilia Ap s'è squagliata

Paolo Emilio Russo

Alfano fa flop nel suo “granaio” elettorale e i suoi preparano la fuga verso Pd e centrodestra

Roma. C’è un dirigente importante, Roberto Formigoni, che chiede di “mollare il Pd” e addirittura il governo per “accordarsi col centrodestra”. Negli stessi minuti un suo “collega”, Fabrizio Cicchitto, sostiene che se c’è “una cosa che non si può fare è allearsi con questo centrodestra (…)”, ma “serve una collocazione autonoma o un’alleanza con il Pd”. Il momento difficile di Alleanza Popolare, la sigla fondata da Angelino Alfano che dà ospitalità a entrambi, sta proprio qui, nelle due linee opposte sintetizzate in un partito che non è riuscito a centrare l’obiettivo minimo che si era prefissato per le elezioni siciliane, il 5 per cento nel suo “granaio”. Una cosa è certa: la scommessa di sostenere Fabrizio Micari, il candidato del Pd, è stata persa. Non soltanto è andato malissimo, ma il competitor – quel Nello Musumeci che Silvio Berlusconi aveva chiesto all’ex segretario Pdl di sostenere, telefonandogli dopo anni – ha vinto ugualmente.

 

A mettere in discussione la strada intrapresa è stata ancora una volta l’avanguardia di Ap al nord.

 

L’ex governatore della Lombardia e il presidente del Consiglio di quella stessa regione, Raffaele Cattaneo, chiedono di ripudiare la scelta “innaturale e rifiutata dagli elettori di Ap” di accordarsi col centrosinistra, che ha portato al “dimezzamento dei voti”, minacciando la scissione. “Paghiamo un prezzo al voto utile”, dice, a metà tra gli uni e gli altri Beatrice Lorenzin, ministro della Salute. Per tentare la pacificazione e aggiustare la prospettiva puntando sul “centro”, Alfano ha convocato per sabato la Conferenza programmatica di Ap, alla quale siederà accanto a Maurizio Lupi, coordinatore, ma, soprattutto, esponente più vicino ad Arcore. “Berlusconi è il nostro interlocutore naturale, se non ci accordiamo piuttosto corriamo da soli”, disse un mese fa. L’ex ministro dei Trasporti avrebbe già sondato gli umori: il Cavaliere è “dispiaciuto”, ma non se la sente di rompere con Matteo Salvini. Il titolo della Conferenza programmatica, “l’Italia al centro”, lascia presagire che Ap potrebbe tentare la corsa solitaria, ma il rischio di schiantarsi è altissimo. Oggi che la dote di voti è dimezzata dalla concorrenza dell’Udc e degli altri simboli centristi la situazione è destinata a complicarsi ulteriormente, tanto che molti – dentro Forza Italia come nel Pd – si aspettano il big bang; qualcuno degli uscenti si è già informato col Pd, qualcun altro – specie a nord – è pronto a tornare di là, magari sfruttando la costituenda “quarta gamba” come se fosse un’Arca di Noè pronto a salvarli dal diluvio.

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