Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il fantasma del Cav. e lo stile vecchio di Tommaso Cerno, proconsole

Maurizio Crippa

Resuscitare il nemico: l'opzione "techetechetè" di Repubblica

“Non è l’eterno ritorno, è l’eterno inganno”. Giornalista di cultura solida, ha attualizzato pure l’Inferno di Dante in endecasillabi, di forbita eleganza e piacevole conversazione, Tommaso Cerno non si fa intimidire dal ruolo né dalla profondità con cui la politica, bassa materia, a volte ha da essere maneggiata. Da una decina di giorni è il condirettore di Repubblica, o il duumviro, o il commissario politico, come preferite, chiamato a raddrizzare la pericolosa inclinatura di chiglia della corazzata che fu. Nei progetti: un’iniezione di gioventù e al pari di nerbo e di linea. Solo che, appunto: la gioventù. Tommaso Cerno è nato nel 1975, coetaneo, ohibò, di Renzi. Ha solo quattro anni in più dell’altro Tomaso, il Montanari, ma come lui sembra più vecchio di Giobbe, difendono vecchie lapidi. Forse convinto, forse per un eccessivo calarsi nella parte con metodo Stanislavskij, ha deciso che il modo migliore per riportare Repubblica ai fasti del tempo andato sia resuscitare il suo incubo preferito.

 

Uno strano fantasma di Banqo, ma in versione portafortuna. Così ieri ha calato l’asso dell’eterno ritorno e dell’eterno inganno. Tra Vico e Davigo, insomma. “Contro ogni legge di gravità politica, Silvio Berlusconi sta ancora in piedi”, ha spaventato i lettori. O forse è la macumba per convocarli alle edicole. Berlusconi, “uno dei più grandi e macabri spettacoli del dopoguerra”. Addirittura macabri? Halloween è passato, ma Cerno ha i tempi lunghi dell’antropologia e della metastoria: “Quel signore che viene dalla fine del tempo democratico”. Per raddrizzare la baracca ha bisogno di evocare la Grande Minaccia che non esiste più, un Aznavour della politica, quello visto da Costanzo, che tutt’al più può raccattare i voti in uscita dal “deserto che il Pd pagherà per anni”, come ammette il condirettore stesso. Ma Berlusconi torna “parlando all’istinto di destra che c’è in Italia”, con “quelle formule oscure che spaventano”. E qui siamo all’occultismo puro. “Con lui torna anche il suo deficit politico culturale”. E qui siamo sempre all’Italia alle vongole, al complesso di superiorità azionista dello scalfarismo d’antan.

   

Insistere su Tommaso Cerno è però inelegante, e soprattutto fuori bersaglio. Fare il lavoro che gli hanno chiesto. Si potrebbe obiettare, al più, che s’è infilato con eccesso di zelo la giacchetta di Ezio Mauro, ma gli casca male. Persino la penna, apodittica, è un ricalco senza smalto di un presuntuoso passato. Del quotidiano con cui, da queste parti, è valsa la pena duellare per vent’anni. Ma c’erano gli originali, non gli epigoni, ed era un dream team. L’antiberlusconismo e l’antimafiosismo (Dell’Utri, l’altro fantasma “mai chiarito”) avevano la tempra agonistica e ideologica di Peppe D’Avanzo, di Francesco Merlo, di Sebastiano Messina, che infatti l’altro ieri s’è prestato malvolentieri al gioco dell’Impresentabile.

 

Ora, senza nemico e senza nessuna sinistra di riferimento che le dia retta, Rep. è ancorata al passato e perde peso specifico. Ed è paralizzata, come il Corriere pre Cairo, da un invisibile patto di sindacato che neppure c’è, ma pesa sulle scelte d’indirizzo. Puntare sul fantasma è sotto il profilo editoriale l’opzione “Techetechetè” della Rai: soppesi il tuo pubblico, e gli riproponi una sera Gianni Morandi e una sera Montesano. Che sia vincente, chissà. Ma per riconquistare la centralità, affidarsi allo stile dei Padri, imitandoli fin dentro i loro tic, forse no.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"