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Il voto inutile (e pericoloso)

Claudio Cerasa

Il giornale della borghesia scommette sulla svolta moderata  populista e sogna un processo di istituzionalizzazione del M5s. Ah sì? Lega e Grillo. Storia breve di due progetti eversivi, spiegati con tre articoli della Costituzione e una verità sull’euro

Sul Corriere della Sera di ieri, uno degli editorialisti di punta del giornale della borghesia, Massimo Franco, ha sostenuto in un articolo molto importante, a tutta pagina, che la svolta moderata del Movimento 5 stelle rientra nella categoria delle cose non impossibili ma anzi del tutto possibili e forse persino auspicabili. Nell’argomentare la sua tesi – coraggiosamente espressa negli stessi giorni in cui, in nome della moderazione, un assessore in pectore del candidato governatore grillino in Sicilia ha ammesso di aver suggerito su Twitter di voler “bruciare vivo” il capogruppo del Pd alla Camera – l’editorialista del giornale della borghesia spiega che in questa partita, nella partita della normalizzazione, un ruolo importante lo potrebbe giocare il presidente del Senato Pietro Grasso, che da leader del quarto polo ha buone possibilità, sostiene Franco, di applicare, citiamo testualmente, “la strategia dell’uovo fresco”, per amalgamare le sinistre in cerca d’autore e per diventare “uno dei possibili interlocutori chiamati a istituzionalizzare dopo le elezioni un Movimento 5 stelle ansioso di entrare nei giochi di governo, da tempo a caccia di sponde che lo legittimino non agli occhi dell’elettorato ma dello ‘Stato profondo’”.

 

L’autorevole linea di Massimo Franco è importante da segnalare perché riflette perfettamente una tendenza sempre più diffusa tra la classe dirigente del nostro paese – una tendenza non nuova, anche nel primo Dopoguerra una fetta significativa di liberali italiani considerò credibile la possibilità di costituzionalizzare il fascismo, al punto di andare nel 1924 alle elezioni in un listone con i fascisti – che è quella di considerare come credibile la maschera che i partiti anti sistema stanno provando a indossare in questa campagna elettorale, non solo siciliana, per evitare, a lungo andare, di terrorizzare gli elettori: la maschera della moderazione. Franco forse non sarà d’accordo con noi ma alla vigilia delle elezioni siciliane, e a pochi mesi dalle elezioni nazionali, vale la pena soffermarsi su un fatto che sarà bene tenere a mente nei prossimi mesi e che riguarda i due partiti anti sistema che oggi provano in tutti i modi a non spaventare gli elettori mettendosi la mano davanti alla bocca quando emettono aria dal proprio cavo orale.

 

La finta svolta moderata

La questione è fin troppo semplice: credere che possa esistere una svolta moderata dei partiti anti sistema è come voler credere che sia sufficiente indossare la maglietta di un bravo calciatore per essere considerati simili a quel calciatore (un Gabriel Paletta che indossa la maglietta di Franco Baresi resterà sempre un Gabriel Paletta) e allo stesso modo credere che una posizione anti sistema possa essere equilibrata da una posa non anti sistema è come voler dimenticare cosa è successo in Spagna negli ultimi anni, a forza di non dare il giusto peso alle idee secessioniste di alcuni partiti (tanto poi non faranno quello che dicono, no?). Il ragionamento che segue vale per tutti coloro che negli ultimi mesi hanno abboccato alla svolta moderata della Lega e alla svolta moderata del Movimento 5 stelle e che non si rendono conto di un fatto ormai evidente e lineare. Giorno dopo giorno è sempre più chiaro che le finte svolte moderate di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini nascondono, al nocciolo, due progetti eversivi sintetizzabili in modo semplice: il primo sogna di uscire dalla democrazia rappresentativa (e che vuoi che sia), il secondo sogna di uscire dalla cornice della democrazia europea (e che vuoi che sia). Il primo lo dice ogni giorno tra l’indifferenza generale dei commentatori quando, a nome di Beppe Grillo, ripete, con la sola accortezza di mettersi la mano davanti alla bocca, che il Movimento 5 stelle vuole cancellare tre articoli della Costituzione. Articolo 27: l’imputato è considerato sempre colpevole sino alla condanna definitiva tranne quando le forme di garanzia previste dalla Costituzione sono consentite da Beppe Grillo. Articolo 67: ogni membro del Parlamento non può rappresentare la nazione senza vincolo di mandato e deve esercitare le sue funzioni rispondendo non a ciò che rappresenta l’interesse nazionale ma solo all’interesse del server che attraverso un blog lo guida da un computer remoto. Articolo 111: la giurisdizione non si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge – per questo occorre abolire la prescrizione – e ogni processo, per il quale non può esistere il concetto di ragionevole durata, non si svolge nel contraddittorio tra le parti, ovvero in condizioni di parità, ma davanti a un giudice che, nei casi previsti dal blog di Beppe Grillo, può essere non terzo e non imparziale, e può combattere battaglie politiche, e indagare un avversario politico, nel pieno esercizio delle sue funzioni. Basterebbe mettere a fuoco in modo laico cosa vorrebbe dire riscrivere in questo modo la Costituzione (non siamo esagerati) per capire se sia credibile o meno una svolta moderata del Movimento 5 stelle. E dall’altro lato, per cambiare fronte, basterebbe leggere in modo laico le posizioni della Lega nord sul tema dei temi, ovvero il rapporto tra l’Italia e l’Europa, per capire che, dietro la finta neo moderazione salviniana, dietro le parole pastose offerte qualche settimana fa ai potenti creduloni di Cernobbio, c’è un altro progetto eversivo, spesso dissimulato, che coincide, eh già, con l’uscita dell’Italia dall’euro.

 

La meraviglia del pallottoliere anti populista

Nel corso di un’intervista a “Matrix”, su Canale 5, martedì sera, il leader della Lega nord è tornato ad affrontare il tema, rispondendo a una domanda di chi scrive, rimanendo però sempre nel vago: in caso di vittoria del centrodestra, ha detto il leader della Lega, ridiscutere i trattati sarà una priorità, e ridiscutere i trattati significa ridiscutere anche i trattati che includono la moneta. Il tono è moderato, elegante, educato e la mano davanti alla bocca c’è. Ma per capire meglio il concetto ieri, sul sito del Foglio, abbiamo chiesto al responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, se ridiscutere i trattati significa voler uscire dall’euro. Risposta semplice: sì. “Salvini resta convinto del da farsi come me. Nulla è cambiato rispetto a due anni fa. Uscire dall’euro è la soluzione migliore. Sia per motivi di sicurezza nazionale, sia per recuperare autonomia e sovranità dal punto di vista legislativo”. Si dirà, e probabilmente la compagnia dell’uovo fresco la penserà in questo modo, che in realtà Di Maio e Salvini sono populisti come lo sono anche Renzi e Berlusconi. In fondo, è ovvio, tutti vogliono solo prendere voti, no? Che male c’è? Ci sarebbe del vero in questa affermazione se non fosse che il caso spagnolo (con il caso catalano) e il caso inglese (con il caso Brexit) ci dicono che quando prendi voti sulla base di una retorica propagandistica e poi finisci al governo sei vincolato a seguire quella retorica e a fare quello che dici anche se prima dai l’impressione di non crederci fino in fondo. I populisti forse non vinceranno in Sicilia (ma chissà) e forse non vinceranno neppure a livello nazionale – anche grazie al magico pallottoliere della nuova legge elettorale che magnificamente renderà complicata la vita a tutti i leader di partito che non hanno altro piano se non quello di sfasciare l’Italia. Ma al di là di quella che sarà la traiettoria politica dei prossimi mesi è bene non farsi influenzare dalla bellezza dei sondaggi (un partito che va bene, come direbbe forse Linda Greenhouse, non è un partito di cui bisogna per forza parlare bene) e ricordare con costanza un concetto semplice ed elementare che questo giornale non vi farà dimenticare: una volta che avrete smesso di divertirvi con le magliette di Franco Baresi e i giochini sulla moderazione ricordatevi che i veri impresentabili non sono i politici che spaventano Rosy Bindi ma sono quelli che spaventano la nostra democrazia. Cosa sarà un voto utile si capirà nei prossimi mesi. Cos’è un voto inutile dovrebbe però essere chiaro già oggi. No?

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.