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Per un po' di autonomia in più. Veneto e Lombardia al voto per il referendum

Giovanni Battistuzzi

I seggi sono aperti sino alle 23. Il peso dei voti e la scontata vittoria del Sì. Anche se non cambierà granché

Sì o no o scheda bianca, un tocco su un tablet, un timbro sulla scheda elettorale (lo si può fare fino alle 23 di oggi). Ma solo per la Lombardia. Per il Veneto rimane buona la tradizionale carta e matita. In ballo c'è un po' di autonomia per le due regioni, il tentativo di inserire anche queste all'interno dell'articolo 116 della Costituzione, quello che indica le regioni che "dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia", ossia Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta.

 

Referendum consuntivo (in Veneto c'è il quorum del 50 per cento, in Lombardia no), quindi buono per sentire il parere popolare e per fare massa critica attorno alle mire autonomiste dei governatori regionali. La vittoria del Sì è scontata, il motto "meno soldi a Roma" funzionava negli anni Novanta e continua a funzionare ancora, anche se con la riforma del titolo V della Costituzione le differenze tra regioni a statuto speciale e regioni ordinarie, si è fortemente ristretto. A contare sarà l'afflusso alle urne, perché un conto è per Luca Zaia e Roberto Maroni andare a Roma a trattare per il riconoscimento dell'autonomia con sei sette milioni di voti, un altro è arrivarci con meno della metà. "I voti pesano e soprattutto li si possono far pesare agli altri", disse l'ideologo della Lega Nord Gianfranco Miglio a proposito del referendum per l'Indipendenza della Padania del 1997. Allora andarono a votare in quasi cinque milioni. Poi non se ne fece niente, ma si parlava d'indipendenza, di smembramento dello stato italiano non di autonomia.

 

Intanto, aspettando i risultati che dovrebbero arrivare non molto dopo mezzanotte (i seggi si chiudono alla 23), le polemiche politiche si sono concentrate sui costi del referendum. La Regione Veneto ha investito 14 milioni di euro, più 2 milioni per l'impiego delle forze dell'ordine, mentre la Lombardia ne ha investiti 50, molti di questi andati nei famosi tablet elettorali, più i 3 chiesti dal Viminale per coprire i costi della sicurezza

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