Appendino è indagata e Di Maio dice che c'è un accerchiamento

David Allegranti

“Siamo sotto attacco, il MoVimento è sotto attacco”, dice il candidato premier dei 5 stelle. Segno che la vicenda di Torino è tutt’altro che secondaria

Roma. Chiara Appendino, sindaca di Torino, è indagata per falso in atto pubblico insieme al suo capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore al bilancio Sergio Rolando. Per la sindaca è già il secondo avviso di garanzia, dopo quello per i fatti di Piazza San Carlo. Per la procura, che indaga a partire da un esposto presentato dai capigruppo del Pd Stefano Lorusso e della lista Morano Alberto Morano, l’amministrazione avrebbe tolto dal bilancio del 2016 un debito da 5 milioni nei confronti di Ream, una partecipata della Fondazione Crt che avrebbe voluto investire nell’area ex Westinghouse, dove nascerà il nuovo centro congressi di Torino. Nel 2012 Ream acquisì il diritto di prelazione sulla zona e versò al Comune una caparra di 5 milioni. A fine 2013, il progetto fu affidato alla Amteco-Maiora, l’operazione è stata perfezionata alla fine del 2016, quando il Comune ha incassato una parte dei 19,7 milioni offerti dai privati. E qui sta il punto: il Comune avrebbe dovuto restituire i 5 milioni, ma la cifra non è mai stata né versata né iscritta nel bilancio. Dice Lo Russo, che ha presentato l’esposto: “In sintesi furono iscritti in entrata nel bilancio del Comune 19.716.500 invece che 14.716.500 euro. Nel nostro ruolo di consiglieri denunciammo la questione in Commissione e in Consiglio comunale. Nulla da fare, la Appendino il 30 novembre 2016 diede indicazioni scritte alla Ragioneria di non iscrivere il debito nel bilancio”. I consiglieri comunali del M5s in aula votarono “l’assestamento nonostante denunciassimo la falsità delle cifre iscritte”. “Sono assolutamente serena e pronta a collaborare con la magistratura – ha detto la sindaca, che oggi è andata in procura insieme a Giordana e Rolando – certa di aver sempre perseguito con il massimo rigore l’interesse della Città e dei torinesi”. Un ruolo centrale, ed è per questo che è indagato, lo avrebbe proprio il capo di gabinetto Giordana, meglio noto come il Rasputin di Appendino. Ex seminarista, un tempo vicino ad An, si propose prima a Fassino per poi fare campagna elettorale con Fare per Fermare il declino e infine approdare al M5s. Da quando ci sono stati i tragici fatti di piazza San Carlo, però, Giordana è finito ai margini dell’amministrazione e questa indagine potrebbe essere il colpo finale per uno che non è molto amato da una parte del M5s, che lo giudica troppo compromesso. Non è un caso infatti che Appendino ultimamente si sia riavvicinata molto al vicesindaco Guido Montanari, benecomunista e movimentista, che invece a un certo punto sembrava sul punto di saltare. Viene però da chiedersi chi abbia (o abbia avuto) in mano le redini del Comune: se Giordana o Appendino.

   

“Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse. Per quanto riguarda il debito con Ream io lo escluderei dal ragionamento, in quanto con quel soggetto sono aperti altri tavoli di confronto”. Così scrisse il capo di Gabinetto in un’email inviata ad Anna Tornoni, all’epoca direttore finanziario di Palazzo civico, poi rimossa e destinata ad altri incarichi. Il documento fu inviato in copia-conoscenza anche alla sindaca e all’assessore al Bilancio. Il giorno successivo Tornoni rimandò la relazione con i ritocchi indicati. “Non essendo a conoscenza di tavoli di confronto – precisò – avevo ritenuto opportuno ricordare a tutti quali fossero gli impegni assunti dall’amministrazione precedente, al fine di non generare elementi di criticità per questa giunta”. E i revisori dei conti? Il 27 aprile avevano chiarito con un parere che il debito verso la Ream avrebbe dovuto essere contabilizzato nel 2017 e non nel 2018 ma dopo l’approvazione del bilancio, avvenuta nella notte tra il 3 e il 4 maggio, hanno firmato un parere che autorizzava la posticipazione del debito al 2018, fatta a penna su un testo stampato. Ad agosto però il presidente del collegio dei revisori Herri Fenoglio ha rilasciato un’intervista all’edizione torinese di Repubblica in cui ha detto di essere stato ingannato. “Era la fine di una giornata campale con una tensione che si tagliava col coltello. Il Consiglio era cominciato alle 10 del mattino e avevo già sulle spalle due ore di viaggio. Mi hanno chiamato all’improvviso, all’una di notte, in una stanza che non ricordo nemmeno più. Mi stavano intorno in cinque, io ero letteralmente fuso… Mi hanno messo sotto il naso il documento dicendo che c’erano dei refusi da correggere. Uno, in effetti, lo era. L’altro, invece, era quella maledetta data. In quel momento non ero lucido, ero stanchissimo, e ho pensato davvero di essermi sbagliato. Così ho corretto e ho siglato”. I Cinque stelle, che ormai non si scompongono più di tanto quando un loro sindaco riceve un avviso di garanzia, hanno già stabilito che è tutto regolare. “Chiara Appendino non sarebbe in grado di prelevare una caramella a un bambino per darla a suo figlio… E’ di una moralità specchiata”, dice il deputato Danilo Toninelli. “Lo schema di gioco è sotto gli occhi di tutti: il Pd presenta esposti e i media partono con i titoloni”, aggiunge, ed evidentemente parla per esperienza diretta, visto che i Cinque stelle sono maestri nella cultura del sospetto. “Il Pd – dice il deputato Alfonso Bonafede – crede di aver trovato la clava con la quale colpire il MoVimento: presentare esposti per cui la magistratura deve aprire dei fascicoli per poi attaccare dicendo che siamo indagati... Meno male che sappiamo di poter contare su una magistratura indipendente, che non si fa influenzare dai politicanti di ieri”. Anche il candidato premier Luigi Di Maio s’è fatto sentire, segno che la vicenda è tutt’altro che secondaria: “Siamo sotto attacco, il MoVimento è sotto attacco. In questo momento stanno provando ad accerchiarci da tutti i lati: tv e giornali, partiti e dirigenti pubblici lottizzati sanno che rischiano di perdere tutto”. A Torino, dice Di Maio, “Fassino ha lasciato voragini nel bilancio del Comune e noi lo abbiamo denunciato, Chiara Appendino sta risanando i conti e il Pd l’ha denunciata. Il paradosso è che ad essere indagata su denuncia di chi ha sfasciato i conti del Comune è proprio chi lo sta risanando: Chiara Appendino”. Naturalmente, se le indagini avessero riguardato, a parti invertite, il Pd, chissà che cosa avrebbero gridato i Cinque stelle. Come minimo avrebbero chiesto le dimissioni dell’“indagato di turno”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.