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Riforma con fiducia

Redazione

Triangolazione tra partiti, Quirinale e governo. La legge elettorale va al voto blindata (pare) alla Camera

Roma. E’ stato tra lunedì sera e martedì mattina che si sono giocate le ultime e decisive carte, in una triangolazione tra partiti, governo e Quirinale, intorno alla riforma elettorale che oggi va al voto – con fiducia – alla Camera. L’accordo è amplissimo. Il centrodestra uscirà dall’Aula, la maggioranza voterà (con molti scrutini segreti) e salvo sorprese approverà la legge. Sono contenti sia Silvio Berlusconi sia Matteo Salvini. Nel Pd persino euforici.

 

Forza Italia e la Lega usciranno dall’aula, e così oggi la Camera voterà e salvo sorprese anche approverà, con la fiducia, la riforma elettorale che in un tempo velocissimo, prima delle elezioni siciliane del 5 novembre – a quanto pare – dovrebbe essere approvata anche in Senato. Ed è un accordo così ampio come non se ne sono praticamente mai visti in questa legislatura, “d’altra parte sarebbe stato tremendo il segnale di un Parlamento che non è capace di approvare la riforma elettorale, dice Sergio Pizzolante, vicecapogruppo di Ap. La decisione di mettere la fiducia era stata presa lunedì pomeriggio, dopo una serie di incontri, per blindare un testo complicato, esposto ai franchi tiratori, ai piccoli colpi di testa che mai si possono escludere in Parlamento: 120 voti segreti, che comunque, ovviamente, rimangono. Pare che il premier Paolo Gentiloni, all’inizio almeno, non fosse felicissimo per via della fiducia, ma l’operazione è stata portata avanti ai massimi livelli istituzionali, dunque anche con il Quirinale, e con morbidezza avvolgente nei confronti di tutti. “Non si poteva rischiare che la riforma non passasse. Sarebbe stato come dire: guardate il Parlamento è inutile”, dice allora Altero Matteoli, il senatore di Forza Italia, l’ex ministro, mentre fuori da Montecitorio è in corso una piccola manifestazione dei Forconi che urlano “vergogna” e “libertà” “libertà”, perché. dicono, “c’è un colpo di stato in atto”. E per loro è tutto il Parlamento a essere illegittimo. Così quando Alessandro Di Battista si avvicina alla folla, quando tenta di parlare pensando di poter trovare delle orecchie affini alla grammatica grillina, viene invece contestato e insultato. La manifestazione del Movimento cinque stelle si terrà oggi alle 13, a Montecitorio, contro la fiducia, e sarà accompagnata da questo slogan: #emergenza democratica.
“Una combinazione di parole che mi sembra francamente un po’, per così dire, esagerata”, dice Ettore Rosato, il capogruppo del Pd alla Camera, “specialmente considerato che questa riforma si fa con un accordo molto esteso”. E gli ambasciatori dei partiti, del centrodestra e del centrosinistra, del Pd e di Forza Italia, della Lega avevano praticamente chiuso l’accordo – con gli ultimi dettagli e le ultime strette di mano – lunedì sera, in un incrocio di trattative e mediazioni sospinte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E seguendo le regole di un gioco piuttosto complicato, composto da subordinate e codicilli, visto che al più generico accordo tra schieramenti si sono dovuti siglare anche, e contestualmente, degli accordi all’interno degli schieramenti stessi, tra gli alleati. Il Pd ha dovuto discutere con le altre forze del centrosinistra e trovare un punto di mediazione, e poi lo stesso hanno fatto Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

 

E così il Cavaliere ha ottenuto una legge che non lo costringe alla lista unica con il ragazzo padano, e anzi sostiene di avere la certezza “matematica” di poter eleggere 65 deputati con il proporzionale, quanto gli basta ad avere nella prossima legislatura una forza autonoma e personale. Mentre Salvini è felicissimo, perché è sicuro di fare il pieno, di superare Forza Italia, di riempire la sporta di eletti con il maggioritario al nord. Circolano proiezioni approssimative su come potrebbe presentarsi il prossimo Parlamento, quello che – fosse davvero approvata questa legge proporzionale con correttivo maggioritario – porterebbe l’Italia verosimilmente verso una nuova grande coalizione. Nel Pd circolano addirittura previsioni euforiche, eccessivamente ottimistiche sul risultato del centrosinistra unito, decisamente approssimative e probabilmente basate dall’incrocio dei sondaggi con le regole del nuovo sistema di voto: 255 seggi. Di solito, insegna la storia recente della Repubblica, quando si disegna un sistema elettorale per ottenere un risultato preciso, il destino sapiente porta a un risultato esattamente opposto a quello che ci si era prefissati.

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