Alfonso Bonafede con Beppe Grillo (foto LaPresse)

Il M5s stoppa le ambizioni del sindaco di Pomezia. Pronta l'espulsione?

David Allegranti

"Il limite dei due mandati non è e non è mai stato in discussione”, dice Alfonso Bonafede, deputato del M5s molto vicino a Casaleggio

Roma. “Il limite dei due mandati non è e non è mai stato in discussione”. Alfonso Bonafede, deputato del M5s, presenza fissa dei talk show nonché commissario della Capitale per conto della Casaleggio Associati, molto vicino al Casalgrillo dunque, stronca le ambizioni di Fabio Fucci, sindaco di Pomezia, e di tutti quelli che vorrebbero rivedere la regola cardine del M5s: lo stop alla carriera politica dopo due mandati, non importa in quale ruolo. Il deputato lo ribadisce al Foglio più volte (“Ribadisco: il limite dei due mandati non è e non è mai stato in discussione”), eppure le osservazioni di Fucci parevano sensate con l’avvicinarsi delle elezioni politiche: “E’ un principio (il limite, ndr) che risale alla fondazione del Movimento, quando aspiravamo a eleggere qualche consigliere comunale. Adesso puntiamo a governare l’Italia. Le regole devono cambiare”, ha detto il sindaco di Pomezia al Foglio, sicuro di essere congedato dopo la sua sortita. Ma Fucci lo sospendete? Lo espellete? Qui la conversazione con Bonafede s’interrompe, il deputato non risponde e non è chiaro se sia un silenzio d’assenso oppure no. Lo stop arriva anche da Roberto Fico: “Da noi c’è una regola del doppio mandato. Due mandati e a casa…”. Certo è che Fucci non è l’unico nel M5s a pensarla così. Max Bugani, capogruppo del M5s in Comune a Bologna, ai vertici di Rousseau, a giugno, dopo le elezioni locali, aveva chiesto di “aprire una riflessione sulla regola dei due mandati”.

 

“Alle amministrative siamo deboli – aveva spiegato – a meno che non ci troviamo davanti a Comuni indebitati. Prendiamo Roma perché c’è Mafia Capitale, prendiamo Torino perché ci sono tre miliardi di debiti, purtroppo questa è la realtà dei fatti. Allora io dico: radicarsi sul territorio è molto importante. Se noi fra quattro anni candidassimo a Bologna Marco Piazza avremmo un nome fortissimo con già un radicamento di anni di esperienza”. E invece non si può, le regole del M5s lo impediscono. La stessa norma peraltro impedirebbe a Bugani di ricandidarsi, a Bologna o a Roma. “Molti candidati anche in gamba dei territori con il nostro vincolo che anche se sei consigliere di quartiere di un Comune poi non ti puoi candidare per il Parlamento sono rimasti fuori”. Anche Danilo Toninelli, deputato ortodosso e presunto esperto di leggi elettorali, a maggio si era espresso favorevolmente per un cambio di rotta: “Penso sia possibile rivedere il vincolo del secondo mandato elettivo. Ed è probabile che, come facciamo sempre, la proposta venga votata dalla Rete”. E invece no. Beppe Grillo è intervenuto più volte per silenziare la discussione. A marzo aveva scritto un post molto duro: “Una delle regole fondanti è quella dei due mandati elettivi a qualunque livello. Consigliere comunale, sindaco, consigliere regionale, parlamentare nazionale ed europeo. Questa regola non si cambia né esisteranno mai deroghe ad essa. ‘Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli’ diceva Gianroberto. Non abbiamo intenzione di cancellare nessuna delle regole fondanti del MoVimento 5 Stelle. I nostri portavoce continueranno a fare un massimo di due mandati elettivi e poi torneranno a fare il lavoro che facevano prima”.

 

Il paletto dei mandati è un “caposaldo” intoccabile, ha detto di recente Luigi Di Maio, candidato presidente del Consiglio per il M5s, e difficilmente avrebbe potuto dire qualcosa di diverso. Nel partito di Grillo tuttavia si discute molto, come dimostrano le varie prese di posizione degli ultimi mesi. E nella chat dei sindaci, quella dove c’è anche Fucci, si coglie una certa agitazione. D’altronde il tema della fragilità della classe dirigente a cinque stelle non è mai stato affrontato seriamente.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.