Virginia Raggi (foto LaPresse)

Raggi e Grillo festeggiano la richiesta di rinvio a giudizio. Per falso

Enrico Cicchetti

Chiesto il processo per il caso Marra sul cosiddetto “pacchetto nomine”. Archiviazione invece per l'abuso d'ufficio nel caso Romeo. Ennesima prova del doppiopesismo grillino sulle questioni giudiziarie

Roma. Come anticipato dal Foglio, la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco della Capitale Virginia Raggi con l'accusa di falso in relazione alla nomina di Renato Marra a capo dipartimento per il turismo nell'ambito dell'inchiesta sul cosiddetto “pacchetto nomine”. Renato è fratello dell’ex braccio destro del sindaco Raggi, l’allora potentissimo Raffaele Marra, ex capo del personale capitolino ora a processo per corruzione per fatti del 2013. A Raggi i pm contestano il falso documentale senza l'aggravante di aver commesso il reato per eseguirne o occultarne un altro, cioè l'abuso di ufficio. Per quest’ultimo reato, infatti, è stata chiesta l'archiviazione. Rimane in piedi l’accusa per falso.

    

Sul caso Romeo, invece, la Procura di Roma ha chiesto di archiviare la posizione di Virginia Raggi e di Salvatore Romeo, indagati per concorso in abuso d'ufficio. La richiesta è in relazione alla nomina di Romeo quale responsabile della segreteria politica con un aumento di stipendio da 39mila euro, da dipendente del Dipartimento Partecipate, a 110mila euro, poi ridotti a 93mila a seguito dei rilievi Anac. Una nomina che a parere del procuratore aggiunto Paolo Lelo e del pm Francesco Dall'Olio resta illegittima, ma a carico della sindaca non è stato ravvisato dolo. Significa, in altre parole, che benché la nomina di Romeo non fosse legittima, manca l'elemento soggettivo del reato.

   

Ielo e Dall'Olio contestano dunque a Raggi la falsa dichiarazione inviata alla responsabile anticorruzione del Comune, Mariarosa Turchi, nella quale attestava che la scelta di nominare Marra era stata solo sua. Le indagini della squadra mobile hanno dimostrato invece che così non fu. La storia è nota: nonostante le inchieste giornalistiche e i dubbi di parte del Movimento (Roberta Lombardi definì Raffaele Marra “un virus che ha infettato il M5s”), Raggi gli affidò la massima libertà nella scelta di strategie e nomine politiche: fu lui a seguire le procedure per la promozione del fratello.

   

I pm hanno chiesto l'archiviazione anche per Ignazio Marino e Gianni Alemanno, anche loro indagati per abuso d'ufficio per una serie di nomine fatte durante i loro mandati.

  

“Per mesi i media mi hanno fatto passare per una criminale, ora devono chiedere scusa a me e ai cittadini romani. E sono convinta che presto sarà fatta chiarezza anche sull'accusa di falso ideologico". Scrive così Virginia Raggi in un post su Facebook, ormai lo strumento classico con cui la giunta grillina rilascia commenti politici e comunica le sue decisioni, anche ufficiali. “Apprendo con soddisfazione che, dopo mesi di fango mediatico su di me e sul MoVimento 5 stelle, la Procura di Roma ha deciso di far cadere le accuse di abuso ufficio”. Peccato che il sindaco Raggi si sia dimenticata di scrivere ai fuoi fan di Fb l'altra metà della notizia: la richiesta della procura di Roma di andare avanti e chiedere il rinvio a giudizio per l'accusa di falso. Anche il “garante” del M5s Beppe Grillo si è detto “molto soddisfatto che i due reati più gravi” a capo del sindaco di Roma “siano in via di archiviazione”.

    

“Non commentiamo mai le scelte della magistratura e le vicende processuali”, ha dichiarato, sul caso, il presidente del Pd Matteo Orfini a margine di un convegno della Fiom a Torino. “Siamo un partito garantista – ha concluso – lo siamo anche nei confronti dei nostri avversari. A differenza di quello che loro fanno con noi". Dopo la vittoria di Di Maio alle primarie nonostante sia indagato da alcuni mesi – a Genova, per diffamazione contro l’ex attivista Marika Cassimatis – è chiaro ormai il doppiopesismo dei grillini sulle questioni giudiziarie: l’attacco indiscriminato e a testa bassa contro gli altri gruppi politici; il muro di gomma nei confronti degli esponenti del movimento cui vengono contestati dei reati. “Andiamo avanti come prima, non cambia nulla”, ha detto l'assessore capitolino allo Sport, Daniele Frongia. Ed è giusto così, ci mancherebbe. Peccato che i grillini non dicessero lo stesso quando, coinvolti in inchieste poi svanite in una bolla, erano i loro avversari politici.