Luigi Di Maio (foto LaPresse)

La festa a Di Maio

Salvatore Merlo

Tutti a Rimini per l’incoronazione di Giggino, tra pochi elettori online e parlamentari a 5 stelle scettici

Rimini. Il “buongiorno” pronunciato con affettata e ammiccante allegria dal giornalista impiccione che si è accreditato nel tendone “giornalisti e disabili” cade nel vuoto, precipita su facce di cemento che scartano computer avvolti nella plastica, sotto l’insegna “Villaggio Rousseau”. E’ lo stand tecnologico di fronte al quale in poco tempo, all’apertura dei cancelli della Fiera di Rimini, si forma una fila di persone affannate, molte signore agguerrite, con borsetta: “Scusi ma c’ero io prima. Come ci si segna?”. Centocinquantamila iscritti con diritto di voto alla piattaforma internet del Movimento, pare. Tuttavia non si sa in quanti siano riusciti a esprimerlo questo benedettissimo diritto di voto, dicono pochi, tra rallentamenti, attacchi hacker e crolli improvvisi del sistema ideato da Davide Casaleggio per le primarie più scontate nella storia delle primarie: sette sfidanti, un solo vero candidato, cioè Luigi Di Maio. Ed è infatti la sua festa, questa di Rimini, che apre la lunga campagna elettorale del Movimento cinque stelle verso le elezioni politiche.

 


  

 

 

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Il risultato delle primarie online è già noto ai vertici del movimento, ai padroni Grillo e Casaleggio, ma rimarrà un segreto, si fa per dire, fino a domani sera. La busta con il nome di Di Maio è infatti nelle mani di un notaio milanese cui spetterà, rullio di tamburelli, proclamare il vincitore da questo palco sul quale, intanto, si esibiscono uno dopo l’altro musicisti e intellettuali d’area, come Gianluigi Paragone, che porta in scena uno spettacolo intitolato, con sobria e raffinata allusione: “Gang bank”. Ma è tutto per Di Maio. “No, no, non parliamo. Non possiamo”, dicono gli uomini di Virginia Raggi, proteggendola, “è la festa di Luigi. Virginia non deve, non vuole e non può rubargli la scena”. E’ tutto per lui. Ed è attorno a lui che s’intrecciano discorsi dall’aria drammatica e vagabonda: “Ti è dispiaciuto che non si è candidato Dibba?”, “Sì moltissimo”. E si capisce immediatamente che non è certo Roberto Fico, cui viene persino vietato di parlare dal palco, l’alter-ego, l’antieroe di questo romanzo di formazione per giovani grillini aspiranti statisti.

 

Nello stand dei parlamentari europei, come in quello dei parlamentari italiani (e quello dei sindaci), si trovano cartoline e opuscoli con titoloni tipo “#FAQ Austerity”, oppure “le Ong che operano nel Mediterraneo sono trasparenti?”, e ancora “la verità sull’immigrazione”, sull’economia, sui vaccini, sull’euro, sulle multinazionali, sugli organismi geneticamente modificati… E ognuno svela meccanismi, complicità, retroscena, passa al Vetril ogni fatto solo apparentemente chiaro della storia patria e internazionale, “vogliamo la verità!”. Tra i militanti c’è un’aria intima e collaborativa, la gente non si conosce, ma s’incrocia, si sorride, e subito si presenta con lo stesso tono che hanno gli attori americani alle riunioni degli alcolisti anonimi: “Ciao sono Marco, e frequento le riunioni del X municipio di Roma”. Marco è un ragazzone pettoruto che porta una maglietta con scritto “Amatrice”, e poiché dev’essere uno sveglio, da cento metri riconosce, appoggiato a delle transenne, un consigliere regionale del Lazio, Davide Barillari, capo carismatico degli antivaccinisti di mezza Italia. Barillari ha pantaloni neri, scarpe nere e una maglietta nera dal tono autocelebrativo, c’è infatti scritto “Barillo”, che dev’essere il suo nome di battaglia.

 

Sorriso, tono da alcolisti anonimi: “Ciao Barillo, sono Marco e frequento le riunioni del X municipio. Come va?”. E quello, con l’aria di chi prende tutti i tori per le corna: “Eh, è un momento difficile…”. E Marco: “Già, speriamo di essere sulla strada giusta”.

 

La strada di Giggino Di Maio, lui che non si mostra, passa il pomeriggio all’Hotel “Fra i pini” – tre stelle – con Casaleggio jr., e lo si può immaginare mentre gioca a nascondino con le sue borie e paure, avvolto da una sorta di aggressivo buonumore, sospeso tra l’eccitazione di vedersi incredibilmente proiettato al vertice della piramide e la preoccupazione per l’atmosfera carica di diffidenza e invidia che lo circonda nel gruppo dei parlamentari. “E’ il perfettino favorito da Davide”, dicono loro. E allora Fico lo guarda torvo, Nicola Morra lo contesta con un involuto e quasi incomprensibile post su Facebook, mentre Paola Taverna risponde ridendo quando le si chiede se lo ritiene “capace”. Così lui, diplomatico, prova a rassicurare tutti: “Il candidato premier sarà a capo di una squadra di ministri che lavorerà in gruppo con tutti i componenti del Movimento”. Almeno lui non finge che siano primarie contendibili.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.