La ricercatrice e deputata Ilaria Capua

Quel che sarebbe potuto accadere se la gogna infame non avesse vinto

Ilaria Capua

Diritti umani, fake news e verità presunte. Un gioco tra sogno e realtà nello scritto agrodolce di Ilaria Capua che “aggiunge” due capitoli all'“Abbecedario di Montecitorio”

Grazie alla benevolenza del direttore Cerasa, alcuni lettori del Foglio, “leggendo qua e là”, hanno potuto intrattenersi con qualche passaggio del mio Abbecedario di Montecitorio. Immagino che qualcuno si sarà abbandonato a mezzi sorrisi, qualcun altro magari sarà stato colto da un moto di irritazione. Ho molto apprezzato che il Foglio abbia deciso di proporre il mio scritto agrodolce come lettura estiva, perciò mi scocciava far cadere il silenzio, non salutare né ringraziare chi lo ha letto, che gli sia piaciuto oppure no. Allora ho ripensato al contesto nel quale ho scritto quel libretto: ero una deputata della Repubblica che voleva far conoscere la sua esperienza nel luogo in cui si decide il destino del paese. Una deputata ormai non più di belle speranze, perché sapeva che di lì a poco se ne sarebbe andata, da quel Parlamento e da quel paese. Allora, per chiudere in bellezza, inventiamoci un gioco: facciamo finta che l’articolo dell’Espresso “Trafficanti di virus” non sia mai uscito. Quindi immaginiamo che quell’indagine iniziata da oltre una decina d’anni e finita in un cassetto da quattro, in quel cassetto ci fosse rimasta, in attesa di un’archiviazione silenziosa. Facciamo finta che io non avessi vissuto oltre due terzi della mia vita da parlamentare con un’ombra schifosa addosso e che non fossi stata marginalizzata e isolata, come poi di fatto è accaduto. Avrei potuto dare il mio meglio in questioni di mia competenza e, chissà, magari mi sarei anche ricandidata come vicepresidente della commissione Cultura, per la seconda metà della legislatura. Ora, finita l’estate, starei concludendo il mio Abbecedario, in vista della fine della Diciassettesima legislatura e della mia dipartita dalle sfere della politica. Starei dunque raccontando un’esperienza diversa. Se soltanto quel cassetto fosse rimasto chiuso…

Ecco allora due capitoli che avrei incluso nella versione “director’s cut”, mai esistita (a causa di una forza maggiore di me), dell’Abbecedario di Montecitorio, tra sogno e realtà.

Diritti umani: da lat. dirēctu(m), part. pass. di dirigĕre ‘dirigere’; da lat. humānu(m), deriv. di mo -mĭnis ‘uomo’.

Nella XVII legislatura si sono fatti molti passi avanti nel campo dei diritti umani e del loro riconoscimento. Spesso è stata trovata una soluzione di compromesso fra gli schieramenti, non sempre tutti d’accordo, comunque meglio del nulla di prima. Questa legislatura ha così riconosciuto le unioni fra persone dello stesso sesso, ma si è fermata sulla stepchild adoption. Allo stesso modo ha approvato con 30 anni di ritardo il riconoscimento del reato di tortura. Certo, mai perfette anzi – secondo molti lacunose – ma comunque un passo avanti.

 

La XVII legislatura non si è fermata di fronte a due temi molto spinosi, che questo paese non ha mai avuto il coraggio di affrontare. Due temi che sono legati da un filo invisibile. Infatti il primo riguarda il venire in questo mondo, e con quali diritti; l’altro invece il lasciarlo. Sarà forse che li abbiamo approvati insieme perché intimamente legati da una necessità obiettiva: esserci. E’ ovvio che chi non c’è ancora o sta per nascere non può intervenire sui suoi diritti; chi invece c’è in questo paese, e in questo mondo, ha capito che legiferare sullo ius soli e sul fine vita fosse necessario e doveroso, e andasse fatto per chi ora non c’è (ancora o più). Durante questa legislatura è mancato Umberto Veronesi, grandissimo sostenitore del testamento biologico. Poi ci siamo trovati di fronte all’amara storia di Dj Fabo, andato a morire in Svizzera perché voleva smettere di soffrire. Forse proprio questi due uomini hanno mosso le coscienze. Si sa: sono entrambi dei temi difficili, ma una sintesi si è trovata. Nella discussione parlamentare è emersa prepotente l’inevitabilità di legiferare su questi due temi, i quali riguardano ognuno di noi nella propria vita quotidiana.

 

Il fenomeno dei flussi migratori umani, infatti, esiste e deve essere gestito. E’ un flusso inarrestabile che ci travolge, certo, ma che noi abbiamo contribuito a creare e che deve trovare delle regole, soprattutto per le generazioni che in futuro avranno a che fare con un popolo italiano più europeo, più eterogeneo rispetto a quello che aveva generato pillole di saggezza come “moglie e buoi dei paesi tuoi”. Basta soltanto pensare che i figli dell’Erasmus sono un milione. Sono fiera di poter dire che il Parlamento di cui faccio parte ha analizzato in dettaglio le diverse sfaccettature del problema; le tensioni non sono mancate, ma le regole sono state condivise e, con un po’ di mediazione, si è arrivati infine a quel “hanno trovato l’accordo” che fa sì che la legge possa essere approvata.

 

In questi anni ho imparato che il politico deve essere capace di mettere nella giusta prospettiva quello che è importante per il paese, senza però prescindere dall’interesse per il singolo. E io mi cimento in questo esercizio. Mentre per quanto riguarda la legge sul fine vita è chiaro come potrei decidere di applicarla, su di me ovviamente, qualora mi trovassi in condizioni di non ritorno accompagnate da una sofferenza estrema morale o psicologica, per quanto riguarda lo ius soli, invece, mi trovo in difficoltà di coglierne di persona le sfumature. E’ ovvio che ne comprenda lo spirito; ma ho difficoltà – quale italiana sempre vissuta in Italia – a capire cosa vuole dire essere un immigrato in un paese che magari ti dà un lavoro, una prospettiva di una vita migliore, ma nel quale sei un abitante di serie B. Non riesco a immaginare come ci si possa sentire a essere di fatto parte integrante della comunità produttiva del paese, ma a dover fare i salti mortali per ottenere la cittadinanza o a non poter dare la cittadinanza a quei bambini nati (non di certo per loro volontà) in suolo straniero. Anche se a me non capiterà (non vedo come mai potrebbe, sono rispettata e apprezzata nel mio paese), sono felice di aver partecipato al dibattito e di aver dato il mio voto a questa legge.

 

Fake news: falso (m.) (opera d’arte, documento ecc.) e notizie (f. pl.); novità (f. pl.); comunicato (m.).

Sull’onda della battaglia contro stalker e hater nei social, promossa dalla presidente della Camera Laura Boldrini, la commissione Giustizia ha preso al volo l’opportunità di espanderla anche alle fake news. Sembra logico che chi mette in giro voci false che possano danneggiare, direttamente o indirettamente, una persona o un gruppo di persone, vada punito. E’ chiaro che, in un’epoca in cui il terrorismo dilaga senza pietà e vi sono forti tensioni internazionali, bisognasse intervenire in maniera draconiana. In fondo, chi mette in giro fake news è peggio di un piromane che accende un fuoco che distrugge e basta: la notizia falsa lascia una scia non solo di danni, ma anche di grande insicurezza e instabilità. L’Italia sta affannosamente uscendo dalla crisi e il susseguirsi di notizie false e l’inevitabile intensificazione del fenomeno ha fatto sì che la commissione ci sia andata con la mano pesante, pur riuscendo a delimitare il perimetro della libertà di stampa da quello della notizia falsa. Siamo il primo paese a farlo, siamo all’avanguardia. Evviva!

 

A questo proposito devo confessare anche qui – è per me un po’ difficile immaginare in concreto come le fake news possano in seguito interferire direttamente con le vite delle persone. In effetti, a pensarci bene, sono state anche alcune fake news che hanno contribuito a far perdere Hillary Clinton nella corsa alla Casa Bianca: un’indagine dell’Fbi sul suo server personale, dal quale sarebbero partite mail riservate quando era segretario di stato, e una storia assurda di presunte email partite da un membro del suo staff che decriptate avrebbero riguardato un giro di pedofilia in una catena di pizzerie a Chicago. Ma quelli sono casi particolari. Mica una fake news può sconvolgere la vita di uno di noi cittadini anonimi, fossimo anche diventati persone visibili come i parlamentari! Gli scienziati, poi, meno che meno: noi operiamo secondo regole prestabilite e, comunque, il nostro operato è monitorato dalla “coscienza scientifica internazionale”. Sostanzialmente dalla reputazione.

 

In ogni caso io l’ho sostenuta e votata. Anche faticando a comprenderne esattamente le ramificazioni per i cittadini, capisco che si tratti di una questione di principio. Chi diffonde notizie false non sta facendo un buon servizio al paese e pertanto va fermato. Perché l’informazione è l’ossigeno della democrazia, l’informazione corretta permette di farsi opinioni veritiere e non umorali, e attraverso un processo di aggiustamenti, assestamenti e di digestione prolungata è possibile far esprimere la volontà degli elettori su quello che sta realmente accadendo e non su di una realtà trasformata. Una cosa ho imparato in questo luogo: esistono presunte verità, del tutto strumentali, le quali trovano il modo di uscire da cassetti chiusi e colpiscono con una violenza distruttiva gli ignari protagonisti. Posso solo essere grata alla sorte che non sia capitato a me.