Foto LaPresse/Roberto Monaldo

La ratificazione diretta

Redazione

Il mistero buffo delle primarie grilline come certificazione di un bluff

L’antidemocraticità sottesa alla democrazia diretta non è certo scoperta di oggi, così come non lo è il dibattito sulla “delega” al parlamentare, delega che a molti continua (per fortuna) ad apparire come necessaria nonostante le tiritere anticasta. Ma che nell’autoproclamata casa della democrazia diretta, e cioè nel M5s, non si riesca a domare il supposto strumento taumaturgico capace di sanare le ferite del cosiddetto sistema marcio dei poteri forti e dei partiti ladri, e cioè il voto online, è certezza di ieri come di domani, tanto che non ci sono ancora regole scolpite nella pietra a sole due settimane dalle primarie web per la scelta del candidato premier del M5s, peraltro già ufficiosamente indicato nella persona di Luigi Di Maio. E insomma, gira che ti rigira, si voterà in orario d’ufficio tra utenti certificati del blog (non milioni, anzi), e si conteranno in segrete stanze le preferenze con tanto di società di certificazione-voto, come alle Quirinarie 2013 e 2015, ma chissà come quel voto, nell’assenza preventiva di regole e percorsi certi, avrà più che altro l’aria di una ratifica, se non di una scelta per così dire nei binari di qualcosa già scelta altrove.

  

Ma anche quando le regole c’erano, nel 2013, la democrazia diretta parve in qualche modo eterodiretta, specie quando un misterioso attacco hacker fece sì che sul blog di Beppe Grillo comparisse il seguente (surreale?) annuncio: “Le votazioni per il Presidente della Repubblica… sono state oggetto di attacco di hacker. In presenza dell’ente di certificazione è stata riscontrata una intrusione esterna… Abbiamo deciso di annullare quindi le votazioni di ieri e ripeterle oggi con nuovi livelli di sicurezza…”. E così i 28 mila e passa votanti sui circa 48 mila allora certificati rivotarono. Vinse Milena Gabanelli, ma ci fu chi gridò al complotto (frase tipo: “Doveva vincere Romano Prodi!”). E nel mondo del web si ebbe l’impressione di votare dal basso, sì, ma in una sorta di buco nero. Oggi chissà. Ma dopo il nuovo attacco hacker estivo, nel M5s le votazioni-ratifica sul programma sono state magicamente sospese. E la scelta “via democrazia diretta” del candidato premier a cinque stelle pare per così dire meno diretta della scelta via primarie in carne e ossa, quelle in uso presso i tanto vituperati partiti della casta.

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