Alessandro Di Battista. Piazza Montecitorio. Flash mob del Movimento 5 Stelle contro i vitalizi (foto LaPresse)

Basta privilegi! Adesso ricalcolo delle pensioni e legge Richetti per tutti

Luciano Capone

Nella massa di italiani che urlano contro la casta e i vitalizi, ci sono milioni di persone e baby pensionati che percepiscono generose pensioni calcolate con il metodo retributivo

Roma. C’era solo un modo, e anche un motivo, per opporsi alla legge Richetti sui vitalizi. E non era certo quello legalistico, spesso usato, dell’intoccabilità dei diritti acquisiti e dell’incostituzionalità del provvedimento. D’altronde, se così fosse, verrebbe bocciato dalla Corte costituzionale. L’unica opposizione di principio poteva essere la rivendicazione del vitalizio per quello che è: un privilegio, una guarentigia economica per i rappresentanti del popolo. Non è stata scelta questa linea, non è un periodo buono per difendere i privilegi, e la Camera ha così deciso di ricalcolare i vitalizi di 2.600 ex parlamentari con il metodo contributivo: la riforma porterà a un taglio degli assegni fino al 40 per cento, con un risparmio per lo stato di circa 70 milioni. Briciole. Ma, si dirà, che la legge Richetti è comunque importante per “dare un segnale” e affermare un principio: niente privilegi sulle pensioni. Si prende quanto si è versato, non un euro in più e non un euro in meno (tanto è vero che per 117 ex deputati scatterà un aumento del vitalizio).

  

Ma questo principio sacrosanto, se deve valere per gli eletti, a maggior ragione dovrebbe valere per tutti gli altri cittadini. Perché nella massa di italiani che urlano contro la casta e i vitalizi, ci sono milioni di milioni di persone e baby pensionati che percepiscono generose pensioni calcolate con il metodo retributivo. Oltre alla casta politica c’è una casta diffusa che nei numeri è molto più rilevante e pesante per le casse pubbliche. Sarebbe davvero paradossale che a essere discriminati siano i parlamentari.

  

Da questo punto di vista il presidente pd della commissione Lavoro Cesare Damiano, uno che di pensioni ne sa, ha provato un’estrema difesa del vitalizio con un richiamo alla difesa dei privilegi collettivi: “Sono preoccupato, questa legge può rappresentare un precedente pericoloso – ha detto a Repubblica – il ricalcolo oggi vale per i parlamentari e un domani potrebbe valere per i normali lavoratori autonomi o dipendenti”. La difesa smithiana del vitalizio del socialista Damiano, con il richiamo non alla benevolenza dei pensionati anticasta ma alla cura del loro stesso interesse, non ha funzionato. Ma forse ha indicato la via per una riforma strutturale: il ricalcolo contributivo di tutte le pensioni. A differenza del simbolico taglio dei vitalizi, sarebbe una riforma economicamente rilevante oltre che socialmente equa per un paese come l’Italia che ha la spesa pensionistica tra le più alte al mondo: 265 miliardi ogni anno, il 17 per cento del pil, il 33 per cento di tutta la spesa pubblica.

 

Questa spesa per pensioni così alta, non giustificata dai contributi versati, viene scaricata sotto forma di tasse sui giovani, che infatti da anni sono in crescente difficoltà economica, con i contributi più alti al mondo. Per far ripartire l’economia, non ostacolare i giovani e tagliare le spese basterebbe estendere la legge Richetti a tutta la casta del retributivo, composta da milioni di persone. Nel passato sono state fatte molte proposte di questo tipo, studiate in modo da non colpire i percettori di pensioni medio-basse. Qualche anno fa avevano pensato a un prelievo del 2 per cento (non il 40 per cento della legge Richetti) sulle pensioni più generose, quelle oltre i 2 mila euro al mese, gli economisti Tito Boeri e Tommaso Nannicini. L’operazione avrebbe prodotto un gettito da 1,5 miliardi di euro (altro che i 70 milioni dei vitalizi). Un’altra proposta, più simile all’impostazione della legge Richetti, è stata fatta sempre da Boeri, Fabrizio Patriarca e Stefano Patriarca, attuale consigliere economico di Palazzo Chigi. L’idea era di intervenire per equità distributiva e intergenerazionale solo sugli assegni più generosi e non in maniera indiscriminata, ma solo sulla parte della pensione non giustificata dai contributi versati. In pratica Boeri e Patriarca proponevano di ricalcolare le pensioni con il contributivo e di intervenire solo su quelle superiori ai 2 mila euro, e neppure con un taglio integrale dello squilibrio generato dal sistema retributivo, ma con un prelievo sulla parte eccedente che andava in maniera progressiva in base al reddito dal 20 al 50 per cento. In sostanza, per farla semplice, il taglio sarebbe in media tra il 3 e il 7 per cento. Un piccolo prelievo, che comunque genererebbe un gettito di circa 4 miliardi di euro. Il caso vuole che Boeri ora sia presidente dell’Inps, Nannicini responsabile economico del Pd e Patriarca consigliere economico di Palazzo Chigi, ovvero nelle posizioni più adatte per riprendere in mano quelle proposte e attuarle, sfidando le proteste e costruendo il consenso.

 

E’ una prova difficile, ma la differenza tra riformismo e populismo è quella che passa tra le riforme strutturali e i provvedimenti simbolici. Per tagliare i vitalizi non serve Richetti, basta pure Di Maio.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali