Foto LaPresse

La patologia dell'assalto grillino

Giuliano Ferrara

Da Roma alla Sicilia. Che i partiti vadano verso il disastro senza approntare difese, sollecitando anzi le truppe che scaleranno le loro mura sbrecciate, non stupisce più. La vera questione è: perché? La risposta è qui: nel paradigma Crocetta-Marino

La Sicilia ai grillini per adesso è nelle cose. Crocetta sta a Marino come Cancelleri sta alla Raggi. E l’assenza di idee e uomini o donne per risalire la china profonda in cui si sono inabissati i partiti democratici è palese, ed è tardi naturalmente, e nessuno suona la tromba dell’allarme. Oltre tutto l’unica opera politica grande e fantozziana del comico genovese è stata l’attraversamento a nuoto, con le pinne la maschera, dello stretto di Messina. Poi è bastata la paletta, con relativo secchiello, per raccogliere l’entusiasmo ingenuo del popolo umiliato e al tempo stesso nutrito dal sistema di prebende, malaffare e malamministrazione che caratterizza da decenni il governo di quella stupenda e sventuratissima isola. Ma il paradigma Marino-Crocetta è decisivo. Ci penseranno poi i siciliani stessi, in men che non si dica, a rovesciare l’altare della Vittoria nella goduriosissima farsa che già si annuncia. E sarà il paradigma Raggi-Cancelleri la morte politica del fenomeno più risibile, addirittura grottesco, della politica europea del nostro tempo (solo Trump li batte, i grillozzi). Sempre che la classe dirigente della buttanissima Sicilia, secondo la lectio di Buttafuoco, non provveda a sistemare le cose, male malissimo, prima del fausto evento. In qualche modo, non importa come.

 

I Marino e i Crocetta sono figurine tipiche di una democrazia che si consuma nell’inedia. Vengono più o meno dalla società civile, il loro apprendistato politico è tonitruante e vuoto come una campana, non dispongono di stabilità psicologica, non sanno cosa voglia dire un programma, un sistema di alleanze, un protocollo istituzionale persuasivo, un rapporto decente con l’elettorato, navigano al largo della realtà, non conoscono la storia, vivono del riflesso del loro ego e del rumore del loro nome o della loro nomea, creano illusione, paiono eccellenze, e alla fine si vede come in Italia le eccellenze siano invariabilmente mediocri. Trionfano in un clima di assedio dei barbari e di guerra civile strisciante, come gli imperatori della decadenza a Roma, combinano nulla e promettono un altro mondo possibile. Presto vengono smascherati e cadono vittime di congiure che ordiscono loro stessi e i loro consigliori. Corrispondono perfettamente a situazioni in cui la politica si fa irreale anzi surreale. A Roma c’è il Papa, in Sicilia i semidei della Magna Grecia, che volete che importino il sacco dei lanzichenecchi o dominazioni esterne, la città eterna e l’isola che non c’è sono compatibili con qualsiasi bizzarria della storia. Tutto gli passa sopra come olio sul marmo. Che i partiti vadano verso il disastro e la rovina comune senza approntare difese, anzi sollecitando le truppe che scaleranno le loro mura sbrecciate, e funzionando da quinte colonne di un regime in decomposizione, questo non stupisce più nessuno. L’assalto grillino non è più politica, è natura, patologia di un sistema immunitario svanito. Non imputate nulla al popolo che li ha votati o li avrà votati, e subito dopo li ha irrisi o li avrà irrisi. Il popolo in queste cose c’entra poco. C’entrano qui ceffi patibolari che fingono di rappresentarlo.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.