Foto LaPresse

Paura e delirio alla Camera

David Allegranti

Le divisioni del M5s fanno saltare il patto con Pd, Fi e Lega. Il governo balla. Mattarella si preoccupa. Caos

Roma. Un voto segreto che diventa palese per un “errore materiale” (copyright Laura Boldrini); il patto elettorale a quattro che salta per un emendamento sul Trentino Alto Adige per eliminare i collegi maggioritari presentato da Michaela Biancofiore di Forza Italia ma disconosciuto dal partito, in ottemperanza al patto, e votato però dal M5s, in violazione degli accordi; la legge elettorale che torna in commissione allontanando le elezioni anticipate, o quantomeno la data del 24 settembre indicata fino a poche ore fa come la più probabile. Paura e delirio alla Camera: l’accordo fra Pd, Forza Italia, M5s e Lega è svanito in poche ore, in un reciproco scambio di accuse fra il partito di Renzi e quello di Grillo. Ora, per il Pd, c’è solo il Consultellum, corretto con decreto per armonizzare i sistemi elettorali di Camera e Senato. Decreto che naturalmente deve essere poi convertito dal Parlamento. Il Consultellum prevede, al momento, il 3 per cento di sbarramento alla Camera, senza possibilità di coalizione, e l’8 al Senato su base regionale per le liste non coalizzate e il 3 per cento per le liste coalizzate (sempre che la coalizione superi il 20 per cento) e le preferenze. Quel che è certo è che una nuova alleanza a progetto è impossibile. “Un nuovo accordo? Con chi, con questi?”, dice irritato Danilo Toninelli del M5s.

 

Ma la giornata di oggi non segna solo la fine del patto a quattro; pare dare indicazioni molto chiare anche sul proseguimento, inevitabilmente tormentato, della legislatura. Lo fa capire chiaramente il capogruppo del Pd Ettore Rosato, che mette seri dubbi sul fatto che questo Parlamento sia in grado di proseguire: “Se non si riesce a fare una legge elettorale partendo da un testo passato con l’80 per cento dei voti in commissione il problema non è la soglia di sbarramento o il Trentino Alto Adige, il problema è molto più grande. Mi chiedo come possa stare insieme una maggioranza di governo dove Mdp il 40 per cento delle volte vota contro e dove i rapporti con Ap non sono più idilliaci. Penso al percorso che abbiamo davanti: lo ius soli, il testamento biologico, la legge di bilancio”. Va detto però che l’80 per cento del Parlamento aveva trovato un accordo iniziale solo per fare una nuova legge elettorale, non aveva dato vita a una nuova maggioranza politica di sostegno al governo. Che l’attuale maggioranza non regga su ius soli o testamento biologico va dimostrato. Le parole di Rosato però sono rivelatrici del pensiero di Renzi, che non ha abbandonato la possibilità del voto anticipato. Resta da capire come e soprattutto se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia disponibile ad avallare i desiderata renziani. Per la prima volta ci potrebbero essere, su questo punto, delle frizioni fra il segretario del Pd e il capo dello Stato.

 

 

Il Quirinale intanto esprime “preoccupazione” per il pasticcio, seguìto con molta attenzione da Mattarella. Anche perché adesso è impossibile che si ricrei la stessa “armonia” che aveva prodotto il patto a quattro. Come fa il Pd a fidarsi di nuovo dei Cinque stelle, che hanno dimostrato di non sapere quantomeno contenere i malumori del proprio partito: “Credo che sia apparsa con grande chiarezza l’irresponsabilità del Movimento 5 stelle che ha messo in discussione fortemente e pregiudicato l’esito positivo” del lavoro fatto sulla legge elettorale, dice Lorenzo Guerini. 

 

“Il Pd ha fatto passi indietro per favorire un accordo, ma nei Cinque Stelle hanno prevalso le faide interne, con l’ala guidata da Fico che ha messo sotto l’ala disponibile a dialogare”. Non a caso, alcuni parlamentari grillini hanno esultato dopo il voto sull’emendamento Biancofiore. Da una parte insomma ci sono i duri e puri come Roberto Fico e la senatrice Paola Taverna, ostili all’accordo (“La nuova legge elettorale? È un mega-porcellum. Io non mi sarei messa nemmeno lì seduta”). Dall’altra parte Luigi Di Maio, disponibile al patto a quattro, e ieri furibondo: “Noi abbiamo accolto tutti gli appelli del capo dello Stato, ma adesso basta, si deve andare a votare al più presto possibile. Questa legislatura finisce oggi”. C’è un problema evidente nel blog di Beppe Grillo. I malumori covavano da giorni e in vista delle amministrative di domenica prossima (che potrebbero andare decisamente male per i Cinque Stelle) sono esplosi. La parte più dura infatti non vuole fare accordi o “inciuci” con Pd e Forza Italia.

 

Andrea Romano, deputato del Pd, racconta un episodio avvenuto in aula ieri: l’emendamento Biancofiore “era stato discusso e bocciato in Commissione Affari Costituzionali con il voto contrario dei quattro partiti che sostenevano la nuova legge elettorale: Pd democratico, Forza Italia, Lega e M5s. Al momento della discussione – spiega il deputato in un post sul blog di ItaliaInCammino.it – in aula l’emendamento viene ripresentato, con interventi a favore di alcuni deputati dei diversi gruppi. Quello della stessa Biancofiore, com’è ovvio, e tra i Cinque Stelle l’intervento del deputato altoatesino Riccardo Fraccaro. Arriva il momento del voto, a scrutinio segreto come da richiesta regolamentare, e ciascun gruppo parlamentare riceve l’indicazione del voto da parte dei rispettivi segretari d’aula. Il deputato Francesco D’Uva, segretario d’aula per i Cinque Stelle, fa il pollice verso (e dunque indica voto contrario) così come fanno i segretari d’aula degli altre tre partiti che sostengono la nuova legge elettorale. È il momento dell’incidente tecnico: il tabellone, che ovviamente in caso di voto segreto non rivela come stanno votando i singoli deputati, si accende come se si trattasse di voto palese; in quei pochi secondi che trascorrono con il tabellone palese prima che la votazione venga interrotta risulta evidente (come è chiaro dalle foto diffuse in rete) che i deputati Cinque Stelle stanno votando a favore dell’emendamento, non solo contrariamente all’indicazione del proprio segretario d’aula ma soprattutto in violazione del patto politico assunto da M5S con gli altri partiti”. La votazione poi riprende, “a quel punto con il tabellone che funzionava correttamente in modalità ‘segreta’, e lo stesso segretario d’aula D’Uva si consulta con alcuni colleghi: di fronte alla possibilità concreta di far passare l’emendamento (colpendo duramente la nuova legge elettorale) cambia la propria indicazione di voto da contraria a favorevole: il pollice di D’Uva si muove verso l’alto e i Cinque Stelle capovolgono in pochi secondi il proprio orientamento di voto”.

 

 

Va detto anche che non è solo il M5s però ad aver tradito: a conti fatti, esclusi i deputati dei Cinque Stelle che hanno votato a favore, sono 59 i “franchi tiratori” di Pd, Forza Italia, Lega e Svp. Per il Südtiroler Volkspartei il voto contrario all’emendamento Biancofiore era scontato, visto che Svp (alleato prezioso grazie al quale il Pd ha ottenuto il premio di maggioranza alla Camera alle ultime elezioni) aveva posto come unica condizione per votare la legge elettorale “tedesca” la non modifica della legge elettorale trentina (in Trentino è ancora in vigore il Mattarellum). Secondo i calcoli di LaPresse, in aula erano presenti, 246 deputati del Pd (18 in missione e 18 assenti), 82 del M5S (5 assenti e uno in missione) 46 di Forza Italia (4 assenti), 18 della Lega (uno assente) e 5 di Svp (uno in missione). Il patto, quindi, avrebbe sulla carta a disposizione 397 voti per bocciare l’emendamento incriminato. Anche con gli 82 voti a favore dichiarati dal M5S, i “No” sarebbero dovuti essere 315 e invece si sono fermati a quota 256. Sono quindi 59 i deputati “franchi tiratori” che hanno votato a favore dell’emendamento. La confusione è dunque forte e il percorso dei prossimi giorni sarà accidentato. La maggioranza di governo di fatto non esiste più ma la verità è che al momento nessuno sa come farla cadere.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.