Papa Francesco (foto LaPresse)

Ragioni per non sottovalutare la portata dell'offensiva sul lavoro di Papa Francesco

Raffaele Bonanni

Il reddito di cittadinanza è esca potente per i disperati, ma una polpetta avvelenata per la esangue economia nostrana. Ci scrive l'ex segretario generale della Cisl

Al direttore - Di nuovo si infuoca il dibattito sul cosiddetto reddito garantito che i populisti, in vista della competizione elettorale per il rinnovo del Parlamento, hanno lanciato pur di catturare il voto di un numero sempre crescente di senza lavoro a causa della perenne crisi economica e dalla perdita incalzante di posti di lavoro per il passaggio dai vecchi lavori ai nuovi. Una esca potente per i disperati, ma una polpetta avvelenata per la esangue economia nostrana. Infatti il costo della operazione graverebbe almeno di 20 miliardi di euro su un debito pubblico tra i più alti del mondo e provocherebbe squilibri di ogni sorta. Il primo, essendo i disoccupati in gran parte residenti nel meridione, si creerebbe un’area del paese quasi interamente assistita, limitando ancor più la capacità di quei territori di reagire con politiche virtuose di sviluppo. Questo proprio nella fase dello sviluppo delle tecnologie digitali che come si sa scavalca ogni difficoltà economica, di spazio ed infrastrutturale; una occasione davvero importante per un’area geograficamente eccentrica rispetto ai mercati e povera di infrastrutture materiali e civili, ma ancora provvista di giovani altamente scolarizzati. La questione vera e profonda che sconsiglia il reddito di cittadinanza, è l’idea su cui poggia la proposta.


Raffaele Bonanni (foto LaPresse)


La prima, la più banale, riguarda il fatto che se una persona non lavora deve avere un reddito; certamente può sembrare una proposizione di buon senso se la comunità nazionale se la può permettere.

 

La seconda è che si da per scontato che le nuove tecnologie, distruggendo posti di lavoro, dovrà giocoforza spingere ad allestire politiche risarcitorie.

 

La terza riguarda la convinzione che essendo i nuovi mezzi di produzione capaci di produrre senza l’uomo, questa può essere una occasione epocale per affiancarlo dalla fatica, aprendo la prospettiva della liberazione dal lavoro.

 

Queste opinioni sono errate sul piano economico, sociale, culturale, in quanto oltre allo spreco di risorse presenti nel veleno assistenziale, si ostacolerebbe ogni energia istintiva che la persona ha dentro di se e la sua capacità di reazione per farcela e progredire. Poi, non considera che la vera medicina che nullifica la perdita di posti di lavoro a ragione dei nuovi lavori provocati dallo sviluppo tecnologico, è l'impegno costante per l’acquisizione di nuove abilità professionali con dosi da cavallo di formazione. Se sostegni economici dovranno esserci, dovranno riguardare la rigida partecipazione a percorsi di preparazione ai nuovi lavori, che garantirebbero vere prospettive alla persona ed alla comunità tutta che ne beneficerebbe.

 

In quanto alle teorie della liberazione dal lavoro, le persone al contrario, ancestralmente, sentono il richiamo a liberarsi attraverso il lavoro. E’ questa una forza intima potente, ragione della esistenza, in quanto il senso della vita è quello di assecondare lo scopo – primo e ultimo – di realizzare se stessi attraverso l’opera che si è capaci di compiere con il proprio ingegno e partecipando così al naturale disegno di progresso della umanità.

 

Questo ha voluto ricordare Papa Francesco rivolgendosi agli operai e tecnici di Genova nella sua visita presso l’Ilva, sostenendo che occorre offrire lavoro più che sussidi.

 

Il lavoro quindi come occasione di sostentamento per se stessi e della propria famiglia, ma unica condizione per dare dignità e personalità a chi lo compie.

 

Se c’è quindi un vero bisogno da soddisfare per i tempi futuri, è quello di offrire strumenti legislativi per sostenere il cammino verso la liberazione attraverso il lavoro: la partecipazione alle scelte di aziende che rende più responsabili le persone per la crescita di una ecologia umana come chiede con la sua enciclica Francesco. Questa soluzione di sostegno alla corresponsabilità, combatterebbe il populismo nichilista dilagante e darebbe prospettiva positiva, all’avvenire del paese poggiando su un nuovo patto di risanamento morale ed economico. Ma saranno capaci i populisti in politica di riconvertire il loro pensiero sulla questione lavoro? Sarebbe una grande cosa. Va detto che costoro finora sono stati capaci di elencare i mali, ma non hanno posseduto quasi mai le ricette per curarli. E quelli che si professano non populisti, intendono darsi una nuova cultura per rispondere ai quesiti che il lavoro pone nel Terzo millennio? Vedremo. Intanto c’è da dire che l’unica proposta nuova e feconda viene dal Papa. Forte della sua enciclica Laudato si è delle encicliche sociali dei suoi ultimi due predecessori, lancia una offensiva di speranza in un ambiente pieno di contraddizioni e confusioni.