Una manifestazione contro l'Italicum (foto LaPresse)

Moratoria contro la legge elettorale

Claudio Cerasa

Il dibattito è una commedia, per rendere il tema interessante servirebbe una mossa a sorpresa di Renzi. Ma non succederà niente, quindi non vale più la pena occuparsene

Non è una questione di snobberia, è solo una questione di realismo e in nome di questo principio il Foglio suggerisce una moratoria su un tema così sintetizzabile: la legge elettorale. Proponiamo una moratoria, almeno sui giornali, perché quello che state vedendo in queste ore non è un confronto tra parti diverse che cercano un accordo ma è una commedia all’interno della quale tutti sanno che non ci sarà alcuna nuova legge elettorale. Per orientarci meglio – e concludere speriamo definitivamente il discorso con questo editoriale – ecco un breve riassunto delle varie (e inconciliabili) posizioni in campo. Il Movimento 5 stelle dice di essere pronto a estendere al Senato il sistema previsto alla Camera (Legalicum, Italicum corretto) ma allo stesso tempo dice anche di non volere alcuna legge elettorale che abbia capilista bloccati e di conseguenza (dato che il Legalicum i capilista bloccati li ha) ci sta dicendo di volere replicare al Senato una legge che non esiste alla Camera. Forza Italia, da parte sua, dice che “occorre una legge che consenta un’effettiva corrispondenza fra il voto espresso dagli italiani e la rappresentanza in Parlamento, evitando correttivi maggioritari e il ricorso al voto di preferenza”. Tradotto significa che il Cav. vuole un sistema che il Pd non vuole – un proporzionale puro senza preferenze – e vuole questo sistema perché non ha alcun interesse a modificare una legge elettorale come quella attuale che penalizza i piccoli partitini (la soglia di sbarramento è al tre per cento alla Camera e all’otto per cento al Senato) e che dà a Berlusconi la possibilità di andare al voto senza ammanettarsi con la Lega (alla Camera il premio è alla lista e non alla coalizione). Per i piccoli partitini (che alla Camera, a proposito di commedia, hanno la possibilità di contare sul relatore della legge elettorale, Andrea Mazziotti, che rappresenta un partito che non esiste più, Scelta civica) la questione è persino più complessa. Tutti sanno che l’ideale sarebbe “omogeneizzare” le leggi elettorali di Camera e Senato portando in entrambe le Camere la soglia di sbarramento al tre per cento ma allo stesso tempo tutti sanno che qualsiasi modifica verrà fatta rischia di peggiorare le condizioni attuali e anche l’omogeneizzazione che sogna Mattarella (cinque per cento alla Camera, cinque per cento al Senato) potrebbe essere pericolosa perché è possibile che i piccoli partiti arrivino al tre per cento (almeno alla Camera) mentre è complicato immaginare che i piccoli partiti (da Bersani ad Alfano) arrivino al cinque per cento e dunque tutto sommato meglio lasciare tutto così.

 

Infine arriviamo al Pd. I democratici hanno presentato la nuova proposta di legge elettorale. Si tratta di un modello per metà proporzionale e per metà maggioritario, con soglia di sbarramento al 5 per cento. Problema: il Movimento 5 stelle non è d’accordo, Forza Italia non è d’accordo, i piccoli partiti non sono d’accordo fino in fondo, solo la Lega ieri ha mostrato disponibilità. Dunque, anche in questo caso, ci sarà un nulla di fatto, non ci sarà nessun accordo e da qui ai prossimi mesi la strada è segnata: la legge verrà modificata qualche settimana prima della scadenza naturale della legislatura con una aggiunta tecnica (omogeneizzare le preferenze di genere) e un’aggiunta politica (simmetria tra soglie di sbarramento). Dopo di che si andrà a votare. Questo accadrà al termine della legislatura, a meno che il Pd (cioè Renzi) non scelga di giocare una carta a sorpresa, che potrebbe essere l’unica che farebbe tornare gustoso il tema legge elettorale: far passare in Commissione alla Camera la nuova legge con i voti del Pd (i numeri ci sono), portare la legge in aula alla Camera e votarla con i deputati del Pd (i numeri ci sono), portarla poi al Senato e constatare così che la maggioranza, a Palazzo Madama, non ha i numeri per fare né una nuova legge elettorale né in prospettiva una nuova legge Finanziaria. Scegliere questa strada, per Renzi, significherebbe suggerire a Mattarella di sciogliere le Camere e andare a votare presto. Non è una strada che il segretario sembra voler percorrere ma visualizzare questa opzione è importante per capire se davvero Renzi vuole o no le elezioni anticipate. Il governo può cadere solo con un incidente e mostrare che questo governo non ha i numeri per fare una legge elettorale sarebbe perfetto per andare a votare in autunno. Ma tranquilli, non succederà. Viva la moratoria.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.