Luigi Abete (foto LaPresse)

Luigi Abete spiega perché l'Italia deve votare in autunno

Luciano Capone

“Se si vota dopo la legge di Stabilità ci saranno politiche elettorali, meglio le urne subito”. Parla il presidente di Bnl

Roma. “Il vero tema di cui discutere non è euro sì o euro no, ma se andare a votare adesso o l’anno prossimo. E io penso che si debba andare alle urne in autunno”. Per Luigi Abete, presidente della Banca nazionale del lavoro ed ex presidente di Confindustria, profondo conoscitore delle dinamiche economiche e politiche italiane, il paese è impantanato in dibattiti virtuali e ignora una questione cruciale come la data delle elezioni. “Quello sull’euro è un dibattito virtuale – dice al Foglio – lo possono fare i teorici, chi vuole vendere utopie o raccontare falsità. Non dico se è stato un bene o un male entrare, io penso che sia stato un bene, ma anche ammesso che sia stato un male entrare, sarebbe un male maggiore uscire. Sia per la competitività delle imprese che per le fasce più deboli della società”. E quale sarebbe il dibattito reale? “E’ quello sulla data delle elezioni, ma anche chi lo ritiene importante non ne parla per timore di essere inquadrato nel tifo politico”. Come se ne esce? “Bisogna uscire dalla logica partitica, quella che pensa se votare prima o dopo convenga a Renzi o a Grillo o ad altri, e fare un’analisi costi-benefici. Ci conviene votare in autunno o tra un anno?”. La sua risposta? “La mia idea è che non possiamo aspettare a lungo, ma è una risposta che si basa su considerazioni razionali e che ha bisogno di essere articolata”. Partiamo. “La manovrina da 3,5 miliardi sembrava un problema esistenziale, che però si è sgonfiato subito. In un anno elettorale in Francia e Germania l’interesse dell’Europa è quello di mantenere tranquillo il contesto economico. Per problemi oggettivi, vedi l’elevato debito pubblico, e soggettivi, come l’instabilità politica, il vero rischio per l’Italia non è il 2017 ma gli anni successivi”.

 

Il governo Gentiloni
sta facendo bene,
ma se lo lanciamo
nella tempesta della legge di Stabilità perderà
la sua credibilità.
Già è difficile fare
una buona legge
in condizioni normali, come ci possiamo illudere che in un anno pre elettorale
e in un contesto politico instabile se ne faccia una presentabile?"

Quali sono quindi i motivi per cui votare l’anno prossimo sarebbe più svantaggioso per il paese? “Ci sono almeno tre elementi che ci fanno considerare il 2017 un anno tranquillo, quindi con meno rischi di instabilità – dice al Foglio Luigi Abete – il primo è che l’Italia è in un trend di crescita seppur contenuta rispetto alla media europea, il secondo è che il Quantitative easing della Bce è tuttora attivo e il terzo è che il target della Bce del 2 per cento d’inflazione non è ancora raggiunto”. E queste condizioni cambieranno? “Più si va avanti, più aumenta il rischio che l’Italia si ritrovi ad affrontare le elezioni in una situazione meno stabile. Nel 2018 il tasso medio d’inflazione può avvicinarsi al 2 per cento, ciò vuol dire che potrebbe esserci una politica monetaria di rientro del Qe più forte. Si corre il rischio che si alzino i tassi e con essi gli interessi sul debito. A ciò si aggiunga che nel 2018 comincerà la competizione per la successione di Mario Draghi alla Bce, con il rischio emerga più forte una visione tedesca”. E si saprà il risultato delle elezioni in Francia e Germania. “Loro faranno le loro strategie, avranno governi che si daranno obiettivi su una prospettiva quinquennale, mentre il coinvolgimento dell’Italia diventerebbe più debole in un anno pre elettorale”.

 

Questi sono tutti fattori esterni, di contesto internazionale, ma sul piano interno ci sono ancora diverse cose da fare, come la legge di stabilità e la legge elettorale. “I fattori istituzionali potranno solo peggiorare la situazione. Bisogna fare una legge di Stabilità che mantenga il controllo del debito, riducendolo lievemente, e si dovrà ridurre il deficit ma non in maniera drastica. Come è sempre accaduto l’Unione europea sarà più o meno accomodante, non si andrà all’1,2 di deficit come promesso ma si scenderà di qualche decimale. E’ sempre andata così, seguendo il graduale rientro dal deficit che sta facendo l’Italia”. Quale sarebbe quindi il problema? “E’ l’instabilità politica, che può provocare danni sui tassi d’interesse. Basta solo la percezione dell’instabilità per far salire il costo del debito di una ventina di miliardi l’anno”.

 

C’è però in ballo la discussione sull’aumento dell’Iva. “Anche questo è un dibattito legittimo ma virtuale. Io sarei anche favorevole a uno scambio tra Iva e riduzione del cuneo fiscale, ma non si farà perché non lo vogliono i commercianti, la Cgil e, da ultimo, Renzi”. Si dovranno comunque trovare le risorse per disinnescare le clausole di salvaguardia. “L’Iva non verrà aumentata. I 14 miliardi si troveranno con un po’ di spending review, un po’ di aumento del deficit all’1,8 per cento e qualche intervento di crescita”.

 

Quindi non ci sono problemi di copertura. “Non mi preoccupo di questo, la soluzione è già nelle cose. Mi preoccupo di quello che possono metterci sopra. Se si vota dopo la legge di Stabilità dentro ci metteranno politiche elettorali, se invece si vota prima si limiteranno a fare lo stretto necessario”. Ed è sufficiente? “Forse non è il meglio, ma se la manovra viene fatta poco prima delle elezioni può solo peggiorare. E’ un fatto di naturale meccanica politica”. Non si rischia però di interrompere un governo che sta garantendo una certa stabilità e creare incertezza? “Anzi, votando prima si preserverebbe la governabilità e il lavoro fatto dall’attuale presidente del Consiglio. Questo governo pur nella sua complessità sta facendo bene il passaggio di consegne e l’attuazione di alcune riforme, ma se lo lanciamo nella tempesta della legge di stabilità si rischia di cancellare la sua credibilità. Se perdiamo questa finestra di stabilità per votare, in attesa di un percorso ignoto, si corre il rischio di depotenziare l’azione positiva di questo governo. Altrimenti Gentiloni, e gran parte del suo governo, può essere una buona soluzione per il dopo elezioni. Già è difficile fare una buona legge di Stabilità in condizioni normali, come ci possiamo illudere che in un anno pre elettorale e in un contesto politico in evoluzione si faccia non dico una manovra innovativa e di crescita, ma almeno presentabile?”. Però c’è da fare una legge elettorale. “I tempi ci sono. E’ naturale che serve una legge elettorale più coerente di quella di oggi, ma se i partiti vogliono farla possono farla subito, anzi dovevano farla prima. Ma se no trovano l’intesa adesso, non c’è alcuna garanzia che la trovino a febbraio o a marzo”. Insomma, rischiamo di andare a votare con più instabilità e nemmeno una legge elettorale. “Sì, corriamo il rischio di essere senza il plus della legge elettorale ma con il minus di un ambiente politico ed economico meno favorevole”.

 

Ma quali partiti sono favorevoli ad andare immediatamente alle urne? “non possiamo restare prigionieri del terreno partitico, non bisogna alla convenienza dei 5 stelle o del Pd o di altri, bisogna ribaltare il ragionamento è passare a un’analisi costi benefici”. Quindi? “Ci sono motivi oggettivi per cui indipendentemente dal rischio e dalle aspettative della politica. Bisogna guardare nell’ottica di imprese e cittadini e chiedersi: Sarebbe più utile più utile votare in autunno, insieme ai tedeschi, oppure dopo?”. Risposta. “Per i motivi che ho detto, per gli italiani come cittadini e imprese, il rischio di votare l’anno prossimo è maggiore che votare in autunno”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali