Beppe Grillo (foto LaPresse)

Un ex del Movimento 5 stelle dice che i populisti fanno schifo

David Allegranti

Vittorio Bertola, fino al 2016 capogruppo in consiglio comunale per il M5s a Torino, dà la sua ricetta per battere il populismo: "Bisogna rovesciarne l’egemonia culturale"

Roma. Fino al 2016 Vittorio Bertola era capogruppo in consiglio comunale per il M5s a Torino, dove tra i banchi sedeva anche la futura sindaca Chiara Appendino, con cui poi ha rotto i rapporti. Ingegnere, blogger, tra i fondatori del partito di Grillo a Torino, molto attivo in Aula: nella prima metà del mandato ha collezionato 1.514 presenze, 698 interventi in aula e 347 atti da primo firmatario, risultando il consigliere comunale M5s più attivo d'Italia. “A fine mandato, con 3.020 presenze, ho stabilito il record nella storia del Comune di Torino”, racconta l’ex capogruppo. Poi, il divorzio dal Movimento: Bertola non si è ricandidato alle ultime lezioni amministrative e ha cominciato a cannoneggiare sulla giunta Appendino.

 

Oggi è ipercritico nei confronti del suo vecchio partito. Sul suo blog ha appena pubblicato un post il cui titolo la dice lunga. “Un futuro alternativo al populismo”. Una via di mezzo tra l’analisi politica e la confessione pubblica, quasi per scusarsi di non aver fatto abbastanza per fermare l’avanzata del populismo. “Ultimamente provo un grande senso di frustrazione e di impotenza per come vanno le cose in Italia e nel mondo”, dice Bertola. “Ciò che mi arrovella, ciò che mi rende spesso negativo, è che vedo il nostro mondo andare verso il disastro; e se fin che facevo politica attiva mi sembrava di far qualcosa per evitarlo, ora che non posso più fare niente mi sento frustrato. Anzi, visto che il M5s invece di evitare questa fine ha cominciato a lavorare attivamente per arrivarci, mi sento anche un po’ responsabile, pur avendo fatto tutto il possibile per combattere questa deriva dall’interno e dall’esterno”.

 

Il M5s oggi insegue derive protezioniste e tifa per Donald Trump, teorico e pratico dell’isolazionismo americano. Bertola è molto arrabbiato per le posizioni no global dei grillini: “Quando si dice che la globalizzazione ha beneficiato solo ‘l’1 per cento più ricco’ o ‘una piccola minoranza’, si dice una grande bugia. In realtà, dalla globalizzazione hanno guadagnato quasi tutti”. Su scala planetaria, “la globalizzazione ha portato crescita e ricchezza alla grande maggioranza degli esseri umani; negli ultimi trent’anni, miliardi di persone sono uscite dalla povertà”.

 

Bertola attacca anche altri capisaldi del grillismo e del poveraccismo a Cinque Stelle. “I discorsi sulla decrescita felice e sull’amorevole terzomondismo, pur avendo il proprio senso, sono gingilli per gente con la pancia piena e tempo da occupare”. Il problema però è che i populisti vinceranno, dice Bertola, “tra gli applausi della gente”. “Almeno in Italia, il populismo ha già vinto: perché non c’è alcun leader o progetto politico culturalmente alternativo. Berlusconi? Era populista prima di Grillo. Salvini? Un Grillo più xenofobo. Renzi? Renzi ha inseguito Grillo con slogan ad effetto, battute altrettanto arroganti e sparate altrettanto populiste, e se nel brevissimo periodo questo lo ha portato al 40 per cento, nel medio periodo, non avendo ovviamente mantenuto alcunché, si è bruciato”.

 

Insomma, che fare? “L’unico modo di battere il populismo è rovesciarne l’egemonia culturale, nel dibattito pubblico e nella mente degli italiani; avere il coraggio di dire chiaramente le verità scomode, di parlare di valori democratici non negoziabili e di progetti a lungo termine, di spiegare che la globalizzazione non ha impoverito ‘tutti tranne i super-ricchi’ e che non c’è alcuna scorciatoia per il benessere collettivo rispetto al darsi da fare, di trattare gli ignoranti per gli ignoranti che sono, di promuovere l’idea che non è la politica che deve scendere al livello della marmaglia da social network, ma la marmaglia che deve educarsi se vuole avere un ruolo nel dibattito pubblico, da cui altrimenti deve essere estromessa non con la forza, ma con gli argomenti, con i fatti (quelli sì, difesi con forza dalle bugie), ed eventualmente con la ridicolizzazione che ben le sta”. Pare di sentire un anti grillino della prima ora, e invece è l’ex candidato sindaco di Torino a cinque carati, pardon, a Cinque Stelle.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.