Dario Nardella (foto LaPresse)

Nardella a Bersani: “Non cavalchi la bestia a Cinque Stelle”

David Allegranti

Il sindaco di Firenze: “Il Pd non insegua i populisti, ma usi i loro strumenti. Con la scissione più energie per le riforme”

Roma. “Non posso credere che Bersani abbia dimenticato di cosa siano stati capaci i Cinque Stelle quattro anni fa, nella drammatica congiuntura dell’elezione del presidente della Repubblica, quando fu sbeffeggiato in diretta streaming. Sbaglierebbe Bersani a cercare una rivincita oggi”. Dario Nardella, sindaco di Firenze, dice al Foglio che un’alleanza con i Cinque Stelle è impossibile.

 

“I Cinque Stelle sono geneticamente incapaci di costruire progetti e alleanze di governo. Dunque, piuttosto che aggrapparsi ai Cinque Stelle per tentare di incanalare la rabbia, dobbiamo essere noi democratici a tradurre quella protesta in partecipazione e consenso riformista. Cavalcare la bestia e legittimare Grillo è la cosa più pericolosa e devastante per il centrosinistra”. Anche il Pd, dice Nardella, che in questi giorni è impegnato nel lancio del G7 dedicato alla cultura a Firenze (si parte ufficialmente giovedì), deve evitare di inseguire i populisti. “Io credo che il Pd, un partito che affonda le sue radici nei valori costituzionali e nei principi della democrazia rappresentativa, non debba commettere l’errore di inseguire i populisti. Anche perché i loro elettori preferiranno sempre l’originale. Ciò non toglie che il Pd debba saper utilizzare meglio gli strumenti che hanno portato i populisti al successo, come i social network e le nuove forme di comunicazione. Certo, saper usare gli stessi strumenti non significa condividerne metodi e valori”. A Nardella l’addio di Bersani, che porta in dote alcuni cortocircuiti, è dispiaciuto. “Il paradosso di questa scissione, che già non è stata capita dai nostri elettori, è che alle prossime scadenze amministrative non potremo fare a men di riannodare un dialogo con gli scissionisti. Così si aggiunge confusione agli occhi dei cittadini e degli elettori”.

 

Ed Enrico Rossi può restare a fare il presidente della Toscana? “Credo che Rossi debba continuare a fare ciò per il quale ha chiesto un voto ai toscani. E’ stato eletto con i voti del Pd e sulla base di un programma di governo, quindi ha un vincolo politico-istituzionale con gli elettori. Sta a lui tenere insieme, in modo coerente, questo impegno democraticamente assunto con il suo cambio di casacca. Finora abbiamo collaborato insieme su molti punti per lo sviluppo di Firenze e della Toscana. Dopodiché, vedere che l’amico Enrico Rossi porti l’acqua al mulino del risentimento di D’Alema e del suo progetto politico non mi pare gratificante neanche per lui”. Ma il Pd alle prossime elezioni politiche deve andare da solo? “Se non cambia radicalmente il sistema elettorale, il Pd dovrà riuscire a tenere insieme la vocazione maggioritaria e la capacità di costruire alleanze di governo. Purché queste non siano cartelli elettorali. Abbiamo già pagato costruendo coalizioni buone a vincere ma non a governare. Bertinotti docet”. E un’alleanza con Berlusconi sarebbe possibile? “Trovo sbagliato aprire un dibattito su un’alleanza di governo con Berlusconi. Ora l’obiettivo è vincere con il proprio schieramento politico”.

 

A tal proposito, aggiunge Nardella, “in molti davano il Pd e Renzi per morti. Dopo i primi mesi di disorientamento, i numeri che stanno emergendo non solo dimostrano che il partito è tornato a conquistare nuovi iscritti, ma anche che la leadership di Renzi appare molto consolidata. Io peraltro lo sento molto spesso, merito anche del fatto che trascorre più tempo a Firenze, e l’ho trovato molto motivato e decisamente contento del livello di partecipazione dei nostri congressi. Dopo il 30 aprile comincerà la vera sfida, per la quale dobbiamo essere uniti e agguerriti: il Pd e Renzi sono gli unici veri antagonisti al populismo illusorio”. Senza Bersani e D’Alema, dice Nardella, “sarà più facile per il Pd utilizzare le sue energie per dare forza alla sua spinta riformista. Siamo stati costretti a mesi di sterili discussioni interne sacrificando l’impegno ad ascoltare i cittadini e la nostra gente fuori dai palazzi della politica. Penso che gli amministratori locali del Pd siano una carta vincente contro i populisti, hanno un patrimonio di esperienze che nessuno – né Cinque Stelle né Forza Italia – ha. Il nuovo Pd non può che ripartire dal cosiddetto riformismo dal basso”. Questa dimensione, quando Renzi era a Palazzo Chigi, “è stata molto assorbita dalle sfide di governo. Ma ora che non ha più le incombenze romane, Matteo sta recuperando. Sono certo che questa visione sarà molto presente nel suo libro”. Esce il 13 aprile, per Feltrinelli. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.