Denis Verdini (foto LaPresse)

Come funziona l'assassinio politico delle leadership. Un manuale

Giuliano Ferrara

Prenditela con i consigliori, trasformali in consiglieri, sputtanali

 

 

In una formidabile intervista al Tempo di Gian Marco Chiocci, mai lamentosa, spiritosa, sferzante, amara, Denis Verdini, che è mio amico personale dai tempi della campagna del Mugello contro lo Stinco di Santo, si difende dalla pesante condanna in primo grado che gli è piovuta sul capo con un argomento inoppugnabile: mi hanno dato bancarotta fraudolenta per la gestione di una banca cooperativa in cui, a conti fatti e rifatti, nessuno ha perso un euro, non ci sono i rovinati della malagestione di Verdini, unica vittima la banca stessa che a forza di analisi contabili è stata ceduta per appunto un euro. E’ come per il figlio Tommaso, intercettato con l’industriale “rovinato” Riccardo Fusi, che l’ha pagata cara insieme con l’economia fiorentina e nazionale, al quale collusivamente aveva chiesto una collusiva sistemazione per un week-end a Viareggio, prova del tramite arcano e corruttivo con il babbo: “Oh Riccardo, icche tu ci trovi due stanze che è tutto occupato?”. “Va bene” dice il reo, amico di famiglia e socio in affari (non è un reato fare affari, mi pare), “quanti siete?”. “Due stanze bastano, siamo otto”.

 

Ecco. Il Verdini che conosco io ha molti punti deboli, è chiacchierone, sbrasone, e forse anche pasticcione, vede un sacco di gente, consiglia, raccomanda, fa pressioni, vorrei vedere, è un politico di vertice e di base, di decisione e di mediazione, affastella gruppi parlamentari, tiene insieme forze e appetiti, il potere è la sua materia (il potere non è in sé reato, mi pare), se la vede con i pm in un corpo a corpo fenomenale sui confini legali del suo operato, ma è sopra tutto un consigliori come mille in tutti i gruppi dirigenti di tutte le leadership di tutti i partiti di sempre, di ieri, di oggi e di domani. Non di quelli che dicono al padrino come sbrigarsela con gli impiccioni dell’Fbi, piuttosto di quelli che suggeriscono al capopartito che cosa fare per acquisire peso invece che perderlo e realizzare cose politiche tipo la legge elettorale e il monocameralismo. E agiscono, hanno uffici, vedono gente, fumano una quantità di sigarette, offrono e si fanno offrire cene, trafficano con uomini e donne di denari e di influenza. Nazareno e dintorni. Nessuno ha perso un euro. L’Italia ha perso un’occasione, i grillozzi ingrassano, andiamo verso il proporzionale anzi, già ci siamo, e il popolo sovrano ha sparato la sua cazzata al 60 per cento, e chiusa lì. Ci adegueremo. Si adegueranno. Ma la faccenda più interessante è quella dei consiglieri, dei gigli e dei cerchi, magici e neri, delle corti, degli entourage, degli inner circle. Dai tempi del cavalier Benito Mussolini, è vezzo nazionale la frase: “Lui”, con la elle maiuscola anche in mezzo alla frase, “è magnifico, peccato i suoi consiglieri, che lo depistano e lo inquinano”.

 

In un paese di codardi, è quella la soluzione finale. Vuoi colpire una politica, una personalità, un regime, una democrazia rappresentativa, vuoi dare addosso a chi raccoglie consenso e organizza forze e potere per realizzare scopi politici? Non importa se è di destra o di sinistra, se ha chiuso i partiti o li fa vivere nella cornice della Costituzione, se rinnova il sistema e scuote il vecchiume, non importa se è il Duce, Fanfani, Craxi, Berlusconi, Renzi, l’interessante è accerchiarlo di pettegolezzi, chiunque egli sia e qualunque cosa egli faccia, a partire da quelli che gli consentono di farlo con la loro expertise, le loro trame (le trame non sono un reato, in politica sono manovre, e per fortuna non sono trasparenti come la trappola della rete e dell’uno vale uno, che finiscono tutti in Marra e Berdini). Ecco, prenditela con i consiglieri, trasformali in consigliori, dagli la baia e sputtanali. E’ più efficace. Meno rischioso. Uno storico di buon talento dovrebbe riscrivere la storia d’Italia, e se per questo del mondo, partendo dal ruolo degli entourage politici, degli staff, come si dice, e della loro capacità di manovra intorno ai disegni e alle ambizioni dei leader che hanno combinato qualcosa. Ne verrebbero parecchie sorprese e tutte interessanti.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.