Silvio Berlusconi (Foto LaPresse)

Il centrodestra ribolle di litigi, ma il Cav. pensa a una gigantesca alleanza

Redazione

Una listona di “solidarietà nazionale”: Salvini, i sovranisti, l’Udc e persino Alfano. Sogni, ambizioni e colloqui. E l'ombra della grande coalizione

Roma. C’è Matteo Salvini che lo ripete appena può, in ogni circostanza, pubblica e privata, lo urla e lo sussurra ogni volta che si trova a dover spiegare le ragioni per le quali (al momento) non intende dire di sì a un rapporto di alleanza con Forza Italia. “Berlusconi dopo le elezioni finirà alleato del Pd nella grande coalizione”, dice Salvini. Ed è un sospetto, un mezzo insulto, un modo per prendere tempo e tentare la rottamazione del vecchio Cavaliere, ma è anche una semi-verità che fa arrabbiare una parte di Forza Italia, ma non dispiace all’altra metà.

 

“E’ una cosa sciocca. Senza senso”, dice per esempio Paolo Romani, il capogruppo di Silvio Berlusconi in Senato. Lui che però, poi, aggiunge, sibillino, sospeso tra allusione e largo ragionamento politico: “E comunque non sarebbe uno scandalo. Se in Germania non vincono né la Cdu né la Spd, che si fa? Si fa la grande coalizione. Mica sono contenti di farla. Ma è la meccanica istituzionale a costringerli”. Ecco, appunto. E allora è in questo contesto sospeso, mentre la legislatura dà l’idea di poter durare fino alla sua scadenza naturale, che ad Arcore, a casa del Cavaliere, prende forma – all’incirca – un progetto elettorale per il centrodestra del 2018: coalizione, la più ampia possibile, una miriade di sigle, di movimenti, di partiti e di partitini, forse più un “arco nazionale” che la riedizione del centrodestra classico. Non uno schema del tutto nuovo, in realtà, ma l’adattamento d’un vecchio adagio berlusconiano – schieramento larghissimo – ai tempi perigliosi dell’antipolitica. “Berlusconi ha messo tutti a lavoro, a ciascuno di noi ha chiesto qualcosa, di sondare un pezzo di mondo”, racconta Gianfranco Rotondi, a cui è toccato ovviamente l’universo post (o neo) democristiano.

 

E il quadro che prende forma è uno strano pastiche di colori che, in teoria, dovrebbe andare dal nero sovranista al rosso socialista. “In questa fase tutti parliamo con tutti”, racconta Maurizio Gasparri, e dunque Fratelli d’Italia e Lega, ovviamente, e malgrado gli scambi poco garbati, le battute un po’ scomposte indirizzate da Salvini a Berlusconi – che infatti lo chiama “sbruffoncello” – ma pure Gianni Alemanno, Francesco Storace, a destra, mentre qualcuno sostiene che Forza Italia abbia già allacciato colloqui persino con quelli che “stanno a destra della destra di Salvini”… E qui la cosa si fa evanescente, e forse anche un po’ inquietante, nelle tonalità del nero fascio (CasaPound?). “Di queste cose so poco. Ma posso dirvi che per esempio con l’Udc di Lorenzo Cesa siamo già a buon punto”, dice Rotondi, che si spinge a disegnare la grande reunion dei post Dc, “anche Pier Ferdinando Casini alla fine verrà con noi. Sono fiducioso”. Ed ecco allora tutta la galassia esplosa dei cosiddetti moderati, un tempo uniti sotto le insegne del Pdl, compresi Raffaele Fitto e Gaetano Quagliariello (che pure mai si sono sopportati).

 

E anche Angelino Alfano, che pure è fatto oggetto d’ironia contundente – Simone Furlan, membro dell’ufficio di presidenza di Forza Italia e animatore di un movimento che si chiama Esercito di Silvio, chiama Alfano “ruotino di scorta del Pd”. Ma con il suo 1 o forse 2 per cento, Alfano è in realtà più che ben accetto nella filosofia super ecumenica che per adesso anima le ambizioni elettorali di Berlusconi. Dice infatti Rotondi, con tono di saggezza pragmatica, e riferendosi all’Alfano spernacchiato: “Meglio non insultare oggi quello con il quale ti dovrai alleare domani”. Un precetto che, all’incirca, ripetono anche Roberto Maroni e Luca Zaia a Salvini, quando lo sentono parlar male di Berlusconi. In primavera si votano le amministrative, “e alla fine tutti gli elementi umorali e personalistici”, suggerisce Gasparri, “verranno meno di fronte all’esigenza pragmatica di provare a vincerle queste elezioni”, che saranno un test per le politiche, la prima occasione utile per proporre sul mercato elettorale l’offerta della vasta alleanza – “una proposta di ‘solidarietà’ e sovranità nazionale’”, dicono dalle parti di Berlusconi, qualsiasi cosa ciò voglia dire esattamente. “Si tratta di immaginare una lista o coalizione elettorale così vasta da prefigurare già in sé un governo di larghe intese”, dice alla fine Rotondi, dando così corpo, forse, ai sospetti di Salvini sulle reali intenzioni postelettorali del Cavaliere. “Il sistema è gravemente in crisi, così come i partiti. Il Pd è a pezzi, e Renzi non è più spendibile in nessun modo al governo, anche se ancora controlla l’apparato del suo partito. Solo la grande coalizione può forse, e dico forse, salvare il sistema e impedire la marea del grillismo al governo”. Forse, e dico forse.