Foto LaPresse

Casa mia, cosa tua

La corsa di Emiliano (nel Pd) e di Orlando sgonfia la bolla degli scissionisti

David Allegranti

Il governatore pugliese resta. Il ministro si candida con il sostegno di Napolitano. I renziani esultano: “Un congresso vero”

Roma. Michele Emiliano fa una piroetta e si scinde dagli scissionisti, lasciandoli al loro destino. “Mi candiderò alla segreteria del Pd, perché questa è casa mia. Nessuno può cacciarmi via”, ha detto alla direzione di ieri pomeriggio in un intervento molto duro contro l’ex segretario Matteo Renzi. “Prendiamo atto della scelta assunta da Michele Emiliano di candidarsi nel PdR”, dice sarcastico Roberto Speranza. Il presidente della regione Puglia non sarà però l’unico a sfidare Renzi al congresso. In campo c’è anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che dovrebbe annunciare la sua candidatura in questi giorni. Un passaggio non semplice per il Guardasigilli, che inevitabilmente dovrà lasciare il governo. L’impegno è gravoso, le giornate di conciliaboli sono andate ad aggiungersi al normale lavoro di ministro. E i grattacapi non mancano: due giorni fa c’è stata una evasione a Sollicciano, c’è da cambiare i capidipartimento del dicastero.

 

Il ministro non vuole lanciare una candidatura di testimonianza; se sfida Renzi lo fa per vincere, per guidare il Pd, non per passatempo, anche se è molto difficile. Non lo preoccupa Emiliano, convinto com’è che con i suoi “mi si nota di più” nannimorettiani il governatore abbia perso credibilità. Lo preoccupano di più i tempi ristretti che i renziani vogliono stabilire per celebrare la sfida (a tre, a questo punto). Orlando ha bisogno di raccogliere consenso attorno a sé e per la verità un certo lavorio è in corso da settimane. Il ministro quindi non parte da zero. E si vede. Con lui c’è un pezzo della vecchia guardia della filiera corta Pci-Pds-Ds, che va da Cesare Damiano a Ugo Sposetti.

Fino ad arrivare – riferiscono fonti del Foglio – al sostegno di Giorgio Napolitano. Non solo. Pare che Orlando stia trovando sponde anche tra i prodiani e i lettiani. L’orizzonte politico-culturale di riferimento della sua candidatura sarà l’Ulivo. Il che pone un problema, visto che pure Speranza intende rivendicare quell’eredità. Ma l’Ulivo, per Orlando, non può essere quello in cui si canta “Bandiera Rossa”, la canzone che ha aperto sabato scorso l’assemblea al teatro Vittoria del Testaccio. Gli stessi renziani – per motivi diversi, naturalmente – ne sarebbero molto contenti, perché così sarebbe – dicono – un “congresso vero” – e non un plebiscito per Renzi. L’ex premier ed ex segretario intanto è in piena campagna elettorale, nell’attesa che la commissione per il congresso – insediatasi ieri – stabilisca i tempi. Gianni Cuperlo ha proposto di fare le primarie a luglio, dopo le amministrative. “Il tempo degli appelli potrebbe essere scaduto ampiamente: perciò, ecco una proposta. Avviamo il congresso, prevediamo la prima fase di confronto programmatico, poi affrontiamo assieme le amministrative. E chiudiamo il percorso con le primarie per la scelta del segretario entro la prima parte del mese di luglio”. La proposta è stata immediatamente bocciata da Matteo Orfini e dagli altri. Luglio è troppo tardi e non si può affrontare la campagna elettorale per le amministrative a congresso aperto. In attesa che norme e regolamenti vengano stabiliti, Renzi è partito per la California, “dove incontreremo – spiega – alcune realtà molto interessanti. Soprattutto nel campo del fotovoltaico, un settore dove si incrociano innovazione, sviluppo e ambiente. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell’innovazione. Perché se è vero – ed è vero – che dopo il 4 dicembre l’Italia sembra aver rimesso indietro le lancette della politica (proporzionale, scissioni in tutti i partiti, polemiche, palude: prima o poi qualcuno rifletterà sulle conseguenze politiche del voto referendario, non solo su quelle personali che sono decisamente meno importanti), è anche vero che il mondo, là fuori, corre e corre a un ritmo impressionante”.

Gli scissionisti, intanto, daranno vita a un nuovo partito. “Dalla direzione Pd nessuna novità. Noi andiamo avanti sulla strada della costruzione di un nuovo soggetto politico del centrosinistra italiano che miri a correggere quelle politiche che hanno allontanato dal nostro campo molti lavoratori, giovani e insegnanti. Occorre iniziare un nuovo cammino”, dice Speranza, rimasto orfano di Emiliano.

Di più su questi argomenti:
  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.