Laura Boldrini e Giuliano Pisapia (foto LaPresse)

La sinistra che uscirà dal Pd troverà una sinistra non ancora nata, ma già scissa

David Allegranti

Storia della frammentazione perpetua. Dai Ds a Rifondazione

Roma. La sinistra è scissa per definizione, nasce già divisa; fu così nel 1921 a Livorno, quando nacque il Pci, e fu così, molto più recentemente, quando nacque il Pd. I Ds, al momento di sciogliersi nel nuovo partito, persero Fabio Mussi e Gavino Angius, che fondarono Sinistra Democratica. A sua volta Angius si scisse dalla Sinistra Democratica insieme a Valdo Spini per approdare verso lidi socialisti. “Io mi fermo qui”, disse Mussi commosso all’ultimo congresso dei Ds, salutando i compagni. Ma la scissione non è solo roba da post-comunisti: pure Francesco Rutelli se n’è andato dal Pd per fondare il non indimenticabile Api, lasciando in eredità “La svolta. Lettera a un partito mai nato” (Marsilio) con cui spiegava perché il progetto dei Democratici era finito. Per non dimenticare altre scissioni fantastiche e dove trovarle, cme quella che nel 1964 portò alla nascita del Psiup, il Partito socialista italiano di unità proletaria, voluto dalla sinistra del Psi.

 

“Dobbiamo continuare a scinderci sempre di più e creare migliaia di microscopici partiti comunisti, indistinguibili l’uno dall’altro, che cambiano continuamente nome e forma”, diceva il Bertinotti di Corrado Guzzanti. Accontentato! Adesso fra scissioni, correnti e spifferi, la sinistra rischia di avere più partiti che voti. Oggi comincia il congresso di Sinistra Italiana, che però ha già perso pezzi prima di nascere. Arturo Scotto, già capogruppo di SI alla Camera, insieme a diciassette parlamentari ha deciso di non aderire al nuovo partito fondato da Nichi Vendola e Nicola Fratoianni. Al grido di né con Vendola, né con Renzi, Scotto preferisce il progetto politico di Giuliano Pisapia, “Campo Progressista”. “Credo che un’alleanza con il killer del centrosinistra non sia possibile allo stato delle cose, perché una cosa è il popolo del Pd, altro è Matteo Renzi”, dice Scotto. Il deputato ex Sel (che peraltro nacque da una costola di Rifondazione a Chianciano nel 2009) non è l’unico interessato a Pisapia, pure i renziani corteggiano l’ex sindaco di Milano, ma lui pare poco interessato ad allearsi con il Pd a rischio scissione. Il 24-25-26 di febbraio Pippo Civati, già scissionista del Pd e già fondatore di Possibile, lancerà la “Costituente delle idee”.

 

Ah, e come dimenticare la vecchia Rifondazione Comunista o i fu Comunisti Italiani, poi diventati l’anno scorso Partito Comunista Italiano (presidente del Comitato Centrale Manuela Palermi, segretario Mauro Alboresi)? E Marco Rizzo? Anche lui ha riportato in vita il Partito Comunista (peggio noto come Comunisti - Sinistra Popolare) e s’è candidato sindaco a Torino (0,86 per cento, pari a 3.323 voti). In quota società civile prestata alla politica c’è invece Azione Civile, il movimento di Antonio Ingroia, che prima si chiamava Rivoluzione Civile. Poi c’è il Pd, dove ormai vige il principio una testa una corrente. Un po’ come nei Monty Python: “Siete del fronte popolare giudeo?” “Vaffanculo! Siamo del fronte popolare di Giudea”. Lì c’è Massimo D’Alema, che conduce una personale battaglia contro Matteo Renzi e ha appena lanciato “Consenso” partendo dai comitati per il No al referendum. La ragione sociale dell’associazione dalemiana è una sola: abbattere Renzi.

 

Ci sono i Giovani Turchi di Matteo Orfini e Andrea Orlando, che a loro volta rischiano di scindersi in orfiniani (diversamente renziani) e orlandiani (diversamente miglioristi). C’è la sinistra governista di Sinistra è cambiamento di Maurizio Martina e Cesare Damiano (con la differenza essenziale che Martina vuole votare a giugno-settembre ed è fedele a Renzi, mentre Damiano vuole che il governo duri fino al 2018 ed è fedele a stesso), c’è la Sinistra Dem di Gianni Cuperlo, poi c’è la Sinistra Riformista di Bersani e Roberto Speranza (quelli che vorrebbero fare la scissione), poi c’è Enrico Rossi (corrente rivoluzionaria per il socialismo toscano) e infine c’è Michele Emiliano (sinistra populista giudiziaria per il Mezzogiorno). Il proporzionale naturalmente favorisce addii, piroette e tentazioni scissioniste. Ora sono tutti pronti ad approfittarne ed è tardi per una cura leninista contro il frazionismo. La sinistra è pronta per il modello YouTube: se quello che vedi in tv non ti piace, fatti un canale tutto tuo. 

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.