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House of Cnel: così la saga di Villa Lubin è meglio di una serie tv

David Allegranti

La guerra telematica tra presidente e segretario generale del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro

Roma. “Rendo noto che in data 7 febbraio 2017 ho incontrato il Segretario generale del Cnel Cons. Franco Massi e gli ho comunicato che il rapporto di fiducia e di leale collaborazione è venuto meno”. Sono le 15 e 13 di venerdì 10 febbraio. Al termine di una settimana burrascosa per il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro – come raccontato dal Foglio – nella casella email dei consiglieri “superstiti” del Cnel arriva una email dal loro presidente facente funzione, Delio Napoleone. Anche lui, presidente in regime di prorogatio, è un superstite. E’ molto indispettito con Massi, isipiratore fra le altre cose di un emendamento finito nel milleproroghe (poi ritenuto inammissibile) che avrebbe trasferito le competenze del Cnel alla Corte dei Conti. “Di conseguenza – scrive Napoleone – ho richiesto al Dr. Massi le sue dimissioni immediate. Anche l’Ufficio di Presidenza, in data 7 febbraio 2017, ha confermato la venuta meno del rapporto di fiducia approvando al richiesta di dimissioni”. Ora, bisogna sapere che l’Ufficio di Presidenza, al netto del nome altisonante, è composto da ben due persone; Napoleone e il suo vicepresidente Giampaolo Gualaccini. Il che è un po’ come quando nei consigli comunali prendono parola i capigruppo di gruppi, si fa per dire, formati da una persona sola.

Nell’email mandata da Napoleone ai consiglieri – tra i mittenti mancava però l’interessato, cioè Massi – non si faceva menzione a un’altra lettera, inviata dal segretario generale il giorno prima al presidente del Cnel. Come se non fosse mai esistita (sarà finita nello spam?). In quella lettera, Massi allegava il parere reso nel 2014 dai Consiglieri giuridici del Cnel “a proposito del rapporto fra il medesimo organo collegiale interno e il vertice dell’amministrazione”. Secondo una modifica normativa del governo Monti, l’ufficio di presidenza del Cnel non ha più potere sul segretario generale. L’articolo 22 della legge che regolamenta il Consiglio, risalente peraltro ormai a trent’anni fa, è stato modificato. “Il segretario generale – c’era scritto nel vecchio articolo 22 – è preposto ai servizi del Consiglio ed esercita le funzioni previste dal regolamento o che gli sono attribuite dall’ufficio di presidenza”. L’ultima frase, sulle attribuzioni, è stata cancellata nel 2012 e quindi non è più la presidenza del Cnel a decidere quali sono le attribuzioni del segretario generale.

 

Napoleone, nella sua email, fa riferimento alla fine del rapporto di fiducia fra lui e Massi. Però, come fa notare lo stesso Massi nell’epistola elettronica inviata il giorno prima al presidente, il “‘rapporto fiduciario’ non è richiesto dalle vigenti norme nei confronti del Presidente del Cnel, che viene soltanto ‘sentito’ da chi propone la nomina al Capo dello Stato, cioè il Presidente del Consiglio dei Ministri; a fortiori non lo si può ritenere necessario nell’attuale regime transeunte”. Oltretutto, sono rimasti 22 consiglieri su 64, che autorevolezza può avere il Cnel ridotto in queste condizioni? “La ‘leale collaborazione’ – pur nella fisiologica dialettica interna – è stata sempre e comunque assicurata dallo scrivente, che opera (ormai solo in regime di prorogatio, dal 31 gennaio 2016 e fino a nuovo diverso avviso della Presidenza del Consiglio dei Ministri) al solo fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa del Cnel. Mi permetto di osservare, infine, che la ‘richiesta di dimissioni’ potrebbe appalesarsi quale atto eccedente i limiti della cosiddetta ‘ordinaria amministrazione’, come tale non esperibile in regime di prorogatio”. In sostanza, secondo Massi, che è magistrato della Corte dei Conti e vicesegretario generale al ministero della Difesa, nelle condizioni in cui è il Cnel oggi, in regime di prorogatio con un presidente facente funzione, con consiglieri dimissionari e poca legittimità, non può cacciare come vuole il segretario generale. Massi, dopo essere stato informato che il presidente aveva spedito, a sua insaputa!, un’email dando per fatte le dimissioni, come se peraltro fosse stato lui a lasciare il posto, ha subito informato i consiglieri. Insomma, ormai a Villa Lubin volano solo stracci. E questa settimana c’è pure la sentenza della Corte dei Conti sulle consulenze facili, a carico di 15 ex consiglieri. La saga di House of Cnel continua.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.