Il primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (Foto LaPresse)

Le conseguenze della retorica sui pm

Redazione

Le parole di Canzio per il nuovo anno giudiziario non restino parole

Con l’Associazione nazionale magistrati assente per la prima volta (protestava contro il governo per il “mancato adempimento degli impegni politici assunti” sulla proroga dei pensionamenti solo per alcuni magistrati e sulla legittimazione dei trasferimenti), ieri a Roma il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, ha inaugurato l’anno giudiziario criticando apertamente i pm che portano avanti indagini “già di per sé troppo lunghe” e le “distorsioni del processo mediatico”, spesso aggravate dalla “spiccata autoreferenzialità” di certi magistrati.

 

Canzio ha aggiunto che “merita di essere presa in seria considerazione la proposta di aprire talune, significative finestre di controllo giurisdizionale nelle indagini, piuttosto che prevedere interventi di tipo gerarchico o disciplinare”. C’è “una frattura fra gli esiti dell’attività giudiziaria – ha detto – e le aspettative di giustizia”.

 

Gli ha fatto eco il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, che ha usato parole dure contro il “fenomeno della fuga di notizie, grave perché rischia di ledere il principio costituzionale di non colpevolezza”, chiedendo alle toghe “la massima discrezione”. Parole chiare, che è bene vengano ripetute nei luoghi della giustizia, e riprese anche dagli stessi giornali che di solito riempiono le proprie pagine di intercettazioni e “fughe di notizie”. Ci sia permesso dare un consiglio, però: non è la prima volta che qualche magistrato – anche all’inaugurazione dell’anno giudiziario – critica il protagonismo dei pm e il vizio di intentare processi mediatici. Sarebbe bello se, per la prima volta, a parole tanto nette seguissero fatti altrettanto concreti.