Pippo Civati (Foto LaPresse)

Civati spiega perché il grillismo non può essere il futuro della sinistra

David Allegranti

Il fondatore di Possibile ed ex deputato Pd: "Il tentativo di Gotor arriva fuori tempo massimo ed è anche fuori luogo" 

Roma. La democratizzazione del M5s? L’alleanza fra Pd e il partito di Beppe Grillo? Roba vecchia, dice Pippo Civati, che a suo tempo, quando era ancora un deputato dem, propose un’interlocuzione con i Cinque Stelle finalizzata a un governo di scopo. Il fondatore di Possibile ringrazia per il tentativo Miguel Gotor, ideologo del bersanismo, “che però arriva fuori tempo massimo ed è anche fuori luogo”, dice Civati al Foglio. “Io credo – non da solo, ma insieme a un pezzo della sinistra – che sia utile al funzionamento della democrazia italiana porsi come obiettivo di contribuire alla democratizzazione del M5s e al loro inserimento nel gioco democratico”, ci aveva spiegato il senatore Gotor.

 

 

“I Cinque Stelle più che dialogare con Gotor dialogano con Putin e Trump, recentemente. L’unico momento in cui si sarebbe dovuto fare questo ragionamento – dice Civati – era a inizio legislatura. Se Bersani avesse fatto mossa di rinunciare a premiership prima di doverlo fare con Napolitano avrebbe obbligato i 5stelle a una risposta e avrebbe quantomeno attribuito loro la responsabilità è svelato alibi. Le cose non sono andate così.” Beninteso, dice Civati, quell’accordo “sarebbe dovuto durare poco tempo e avrebbe dovuto dar vita a un governo del presidente con un programma preciso su pochi punti, per poi tornare al voto. Senza Berlusconi naturalmente. Ci sarebbe stata una spinta naturale a farlo. Oggi però il Movimento è diventato più forte rispetto al 2013 e non ha alcun interesse ad allearsi con chicchessia”.

 

La politica è una questione di tempi. Gotor e quel pezzo di sinistra del Pd dunque propongono adesso un processo politico in netto ritardo. “Non c’è però solo un problema di inattualità. Il ragionamento di Gotor è anche fuori luogo. Negli ultimi tempi abbiamo potuto vedere che cos’è diventato il M5s e quale direzione hanno preso. C’è anzitutto un problema di democrazia interna, che è la cosa che mi interessa di più. Io sono nel gruppo misto insieme a Massimo Artini, ex deputato pentastellato e cacciato dal M5s, quindi so bene di che cosa parlo. Poi ci sono posizioni non più compatibili con la sinistra, come sull’immigrazione; la parte buona del M5s avrebbe dovuto attuarla il Pd, ma non c’è stata l’intelligenza politica di farla, su temi come la povertà, la casta e le banche”.

 

Prima nel M5S “c’era un’ingenuità di fondo da parte degli eletti, una indeterminatezza nelle posizioni, spiacevole ma non clamorosa, e una spinta ideale molto forte. Adesso si sono strutturati, senza risolvere alcune questioni che a me premono. Non c’è un riferimento culturale, non c’è un progetto di governo. Il M5s si è soprattutto definito in opposizione al Pd, molto più di prima. Per loro il peggior nemico è Renzi, ancora più di Berlusconi. Insomma, questi quattro anni non sono passati invano. Loro sono diventati il vero partito della nazione e hanno assunto, consapevolmente o meno, un profilo di destra su alcune questioni come sovranità, euro, confini. Prima era tutto più frammentato, ma dovendo menarsi con il Pd hanno dovuto naturalmente assumere quelle posizioni; se avessero combattuto con Berlusconi sarebbero diventati più simili al Pd”. Insomma a Civati i Cinque Stelle non piacciono (più). Preferisce gli ex, quelli cacciati. Come i deputati Alternativa Libera, con cui ha un dialogo aperto da tempo, e con Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, “con cui c’è una conversazione tranquilla”.

 

La politica, dice Civati, “non è un Lego da comporre. Non è che prendi i Cinque Stelle, li democratizzi e poi ti ci allei, prendi Alfano e ci fai un governo”. C’è solo una cosa su cui Gotor ha ragione. “Quando dice che non bisogna demonizzare il M5s. Tra l’altro, segnalo che oggi si parla solo di Grillo, come un tempo si parlava solo di Renzi”. Sul resto, però, niente da fare. Anche perché “come puoi voler democratizzare un altro partito se prima ha il problema di rendere pluralista il tuo. Puoi convincere qualcuno, semmai, ad abbandonarlo se non pensi che quel partito non sia democratico, altrimenti ti astieni. Il discorso di Gotor dovrebbe essere più autobiografico”. Prima si occupi del Pd, poi casomai dia lezioni ad altri.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.