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Facebook e democrazia, il dibattito dopo le parole di Orlando al Foglio

Redazione

Repubblica, Valigia Blu, Post integrano il discorso con analisi ed editoriali. Il ministro della Giustizia risponde alle domande dei lettori. Su queste colonne spiegava: “Non parliamo di Facebook ma del futuro della democrazia”

Continua il dibattito aperto dall'intervista di Claudio Cerasa al ministro della Giustizia Andrea Orlando sul Foglio, riguardo ai limiti, ai rischi e alle possibilità di intervento per arginare i danni provocati dalle fake news, le notizie false rilanciate sui social network. In un editoriale in prima pagina su Repubblica, Guido Scorza si chiede: "è giusto e auspicabile che le grandi piattaforme online che pubblicano contenuti prodotti da terzi siano responsabili come gli editori di giornali quando tali contenuti risultino illeciti?" La risposta è tutt'altro che semplice. "Applicare a Facebook un regime di responsabilità" produrrebbe "enormi vantaggi": "sarà sempre facile identificare un responsabile" e soprattutto "il gestore della piattaforma sarà portato a controllare quanto più possibile che i propri utenti non pubblichino contenuti anche solo di dubbia liceità". "Ma è una cura che rischia di essere peggiore del male", sostiene Scorza, "perché produce un pericoloso effetto collaterale rischiando di innescare un meccanismo perverso e democraticamente insostenibile di censura preventiva o, comunque, privata".

"Insomma, per Scorza "ci ritroveremmo con una Rete forse più pulita ma certamente meno libera". E conclude: "Non è auspicabile, infatti, che a decidere se un contenuto merita o meno di essere pubblicato online sia una corporation per la quale, come rivelato qualche giorno fa da un leaks del quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, scrivere in un post che le ragazze irlandesi sono stupide è vietato mentre dire che 'i migranti sono sporchi' è lecito".

Qualche settimana fa, prima che Zuckerberg ammettesse che Facebook è una media company, il ministro della Giustizia tedesco, Heiko Maas, ha rilasciato una serie di dichiarazioni sul tema che ha fatto discutere. Secondo Maas, “Facebook dovrebbe essere trattata a tutti gli effetti come una società di media piuttosto che come una piattaforma tecnologica per molte ragioni”. Una su tutte riguarda “il dovere di considerare Facebook penalmente responsabile per la mancata rimozione dei discorsi d’odio pubblicati sulle bacheche”.

  

Il ministro della Giustizia italiano, Andrea Orlando, a colloquio con il Foglio, ha detto di pensarla allo stesso modo, e fa un passo in avanti nel ragionamento. “E’ arrivato il momento di mettere le cose in chiaro: Facebook non può essere più considerato un semplice veicolo di contenuti. Se su una bacheca vengono condivisi messaggi d’odio, o propaganda xenofoba, è necessario che se ne assuma le responsabilità non solo chi ha pubblicato il messaggio ma anche chi ha permesso a quel messaggio di essere letto potenzialmente in tutto il mondo. Al momento non esiste una legge che renda Facebook responsabile ma di questo discuteremo in sede europea prima del G7, per mettere a tema il problema senza ipocrisie”.

Proprio dalla sua pagina Facebook, il ministro della Giustizia ha risposto ai commenti di alcuni lettori sulla questione: 

  


A chi gli fa notare che "limitare l'uso di Facebook ha il sapore di regime totalitario in salsa Urss", il ministro Orlando risponde: "Nessuno può limitarne l'uso e nessuno lo vuole, le bufale possono essere soltanto smentite, qui si tratta di chiedere ai gestori di contribuire al contrasto della propaganda d'odio". Come pure a chi domanda: "Il bavaglio? Ma che siamo in Iran?!" Orlando ribatte che "la proposta di responsabilizzare i gestori dei social è stata avanzata per primo dal ministro tedesco". Un altro utente ricorda: "I reati a mezzo web sono puniti dalla legge penale come quelli che avvengono nel mondo reale". La replica di Orlando è che però il loro "numero è così grande da rendere assai difficile un'effettiva azione". 

Il dibattito si è allargato ben oltre il social network di Zuckerberg ed è stato ripreso anche dal giornalista Fabio Chiusi che su Valigia Blu scrive: "Censurare l’odio e le notizie false non salverà la democrazia". Chiusi ha pubblicato un interessante botta e risposta che ha avuto con il ministro Orlando via Twitter.

Nessun difensore della democrazia penserebbe di salvarla proponendo una legge per vietare la pubblicazione di notizie false, sui giornali o in televisione. La censura, specie quando elevata a soluzione del problema delicatissimo di distinguere vero e falso, mal si accompagna al dibattere democratico.
Quando c’è bad speech, insegnano piuttosto gli anglosassoni, si combatte con more speech. Manipolazione, propaganda, bugie, falsità costruite ad arte si contrastano con logica e spirito critico, argomenti e dati, o ancora – quando proprio si sia in presenza di una intera narrazione fasulla del mondo, come per i deliri fondamentalisti di ISIS o quelli neonazisti dell’Alt-Right – con strategie di contro-propaganda. A vietare il falso, a criminalizzarlo, sono i regimi autoritari: la democrazia invece l’accetta come parte del gioco, costruendo un delicato equilibrio di pesi, contrappesi e cultura per fare in modo non ne intacchi il tessuto, la costituzione. I reati restano reati, e si puniscono per legge; ma, in democrazia, le bugie non sono reati: sono, più semplicemente, bugie. Eppure per la rete tutto questo non vale.

Anche Massimo Mantellini sul Post si riallaccia all'intervista di Claudio Cerasa ad Andrea Orlando, per concludere: "Ora il Ministro Orlando, come un moderno pizzardone digitale, vorrebbe regolare il traffico dentro la rapida sequenza di incidenti uno in fila all’altro". "La sterilizzazione di Internet del resto è uno di quei sogni che accomuna da un paio di decenni nel mondo soggetti diversissimi. I peggiori dittatori mano nella mano con certi riformisti illuminati".

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