Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani (foto LaPresse)

Prima Repubblica, la coalizione dei refrattari

Lanfranco Pace

Sono le feste soporifere di quelli che mirano al ritorno a gambero fino alla prima Repubblica inneggiando al proporzionale; quelle dei "avete le facce come il culo", dei battibecchi televisivi e delle telefonate pontificie a UnoMattina. Ma tranquilli, il Pagellone della settimana, questo Natale, è senza voti. Auguri!

LA COALIZIONE DEL CONTE ZIO

E’ in corso una pantomima e si sta svolgendo attorno alle legge elettorale. Una maggioranza, trasversale e sotto traccia, fa e disfa la tela perché vuole assolutamente evitare le elezioni anticipate: ne fanno parte virgulti democristiani da Casini a Cesa, centristi e gruppi misti sparsi, la minoranza del Pd, tutti i vari tronconi della sinistra, Berlusconi sicuramente e i Cinque Stelle un giorno sì e un giorno non si sa: dello schieramento è capitano non giocatore il capo dello stato, Sergio Mattarella, feticista delle regole.

A voler votare il prima possibile, al massimo entro giugno, Renzi, Salvini e Meloni. Salvini poi ha ragione da vendere a dire che se ci fosse volontà politica, a scrivere la legge ci vorrebbero due settimane. Non andrà così, per i tre la partita sarà molto dura.

Una grande coalizione dunque esiste, è la coalizione del Conte Zio, è soporifera, cammina a testa in giù, guarda all’indietro, non tiene insieme i riformisti contro gli anti sistema ma refrattari e restauratori di ogni dove. Mira a una nuova prima Repubblica imperniata su una legge elettorale proporzionale nemmeno tanto corretta con soglie di sbarramento, come martellano autorevoli commentatori che con la sola notevole eccezione di Angelo Panebianco rispolverano la loro vera natura democristiana. Dicono che non ha senso mettere mano a una legge elettorale prima del 24 gennaio, quando la Corte costituzionale farà conoscere i suoi rilievi sull’Italicum e che in ogni caso il maggioritario che va bene nei sistemi bipolari sarebbe rischioso in quelli tripolari: insomma archiviate questo quarto di secolo, voltate la pagina del referendum con cui una schiacciante maggioranza di italiani votò per l’abolizione delle preferenze e per il maggioritario. A nessuno sembra grave che la politica deleghi alla magistratura anche una materia che dovrebbe essere di competenza esclusiva dei partiti e del Parlamento.

DI PRIMA, CE NE FURONO DUE

Che poi questa storia della prima Repubblica non la contano giusta. Perché se è vero che una legge proporzionale ne fu la chiave di volta per 45 anni, dal 1948 al 1993, non tutti i suoi giorni furono uguali. Ci fu una prima Repubblica bipolare anzi quasi bipartitica, virtuosa seppure senza alternanza, in cui la Dc governava e il Pci era all’opposizione. Durò quindici anni, fu ricostruito il paese e si dette il via al miracolo economico. Poi ci fu una seconda prima Repubblica: nacque con lo scriteriato abbraccio della Dc al Psi e tramite i socialisti ai comunisti. Durò trenta anni, nemmeno questa volta ci fu alternanza perché di fatto stavano tutti assieme, in un abbraccio costituzionale imbarazzante per inconcludenza, sperperi inimmaginabili e conseguente esplosione del debito pubblico. E’ a questo acquitrino che vogliono riportarci e sarebbe una regressione tanto più grave che la classe politica di oggi non ha nemmeno il mestiere di quella di una volta.

 

 

PER ALTRO IL MAGGIORITARIO…

Non è vero che funziona solo quando ci sono in campo due partiti o due poli. In Francia i poli sono stati a volte anche quattro e proprio il maggioritario a due turni è riuscito a fare argine alle forze estreme e anti sistema: invece in Italia la legge elettorale viene vissuta esclusivamente come un sotterfugio per sbarrare la strada ai 5 Stelle e c’è un’opinione assai diffusa (a mio avviso erronea) che il ballottaggio sarebbe il modo più sicuro di farli vincere. In Gran Bretagna c’è stato per lustri il bipolarismo con due grandi partiti e una terza forza di ricorso e nemmeno con il maggioritario a un turno ci sono mai state sorprese.

EBBENE SI', FACCE COME CULO

Giachetti è troppo buono: ha fatto male a scusarsi per avere gridato a Roberto Speranza in piena assemblea nazionale del Pd, “hai la faccia come il culo”. Quel grido veniva dal cuore e aveva la forza dirompente della verità: il capetto della minoranza ha davvero la faccia come il culo, ora intende sfiduciare il ministro Poletti se non frena l’esplosione dei voucher, per altro introdotti dal governo Monti e votati a suo tempo da Speranza e dal Pd il cui segretario era Bersani. Non si capisce davvero che cosa ci stia a fare Speranza in un partito di cui non condivide nulla. E con lui i Bersani, i Gotor, gli Stumpo, i D’Alema: non perdono occasione per dare addosso al loro segretario. O nel migliore dei casi, il compìto Cuperlo, per dirgli cosa deve fare. Non è vero che debbano essere per forza i frazionisti a decidere di andarsene, nella storia a volte è accaduto che sia stata la stessa maggioranza a far fuori le fastidiose minoranze interne, il Pci così fece con quelli del manifesto. So di militanti democratici che davvero non ne possono più, li vorrebbero cacciare tutti e pure in malo modo. Sarebbe divertente vederli tutti quanti, i vecchi e i nuovi, riunirsi ai Fassina, ai D’Attorre, ai Civati, ai Mineo, ai sinistri di ogni pelo, organizzare uno dei quei bei convegni di una volta su spesa pubblica, welfare, nuovi bisogni e la solidarietà sociale: dei veri geni. Un partito socialista old style, da pianificazione anni Settanta, che in tempi di crisi fiscale e di alto debito avrebbe un sicuro avvenire.

BRUNETTE ED EVENTUALI

Ma che gli ha preso al Brunetta nazionale, solitamente cortese e galante, da mettersi a battibeccare per un paio di minuti e su un argomento che è sembrato surreale con la giornalista di Sky TG 24 Stefania Pinna, che è brava, bella e per giunta anche lei brunetta?

Che gli ha preso a Carlo Freccero, che secondo una cara amica sembra sempre più fonato con l’aspirapolvere, da dire dopo l’attentato di Berlino che le sue notizie erano affidabili e importanti perché prese dal blog di Toni Negri il cui corrispondente dalla Germania sarebbe, niente di meno, che un cattedratico di filosofia?

E a Bocelli, amico di Trump che prima dice che canterà alla cerimonia dell’insediamento alla Casa Bianca poi di fronte alla reazione furibonda dei social cambia idea?

E a Raggi nonché Virginia, cui il giornalista di Porta a Porta ha tenuto le poste sotto casa all’alba per chiederle: si sente commissariata: “No”. E se riceverà un avviso di garanzia: “Valuteremo”.

E a Papa Francesco che alza il telefono e chiama Uno Mattina per gli auguri per il trentesimo compleanno della trasmissione: il Papa venuto dalla fine del mondo che profuma … di mare.

E al presidente del Consiglio così contento perché dopo cinquanta anni sono terminati i lavori sulla Salerno-Reggio Calabria da dire in conferenza stampa che questo conferma che il paese è affidabile?

Insomma, davvero che vi ha preso?

Voti a nessuno, è il Santo Natale. Cari auguri a tutti.

  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.