Beppe Grillo (foto LaPresse)

Sciogliere il Movimento 5 stelle

Claudio Cerasa

Democrazia no grazie. Il caso Raggi svela la truffa legale del blog solo al comando, che rende il Movimento grillino incompatibile con la Costituzione-più-bella-del-mondo

Violazione dell’articolo 67 della Costituzione, violazione dell’articolo 97 della Costituzione, violazione dell’articolo 3 del Consiglio comunale di Roma, violazione dell’articolo 1 della legge numero 17 del 1982. Tra poco meno di un mese, il 13 gennaio, la prima sezione del tribunale civile di Roma si riunirà in Camera di consiglio per valutare l’ammissibilità di un ricorso che potrebbe cambiare la storia del Movimento 5 stelle e che potrebbe far luce su un fatto non di secondaria importanza per la vita politica italiana: l’illegalità costituzionale del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Dal punto di vista formale, il ricorso nasce grazie all’iniziativa di un avvocato, Venerando Monello, presidente dell’European Lawyers Association, che da privato cittadino lo scorso 23 maggio ha deciso di denunciare un fatto ritenuto giustamente grave: la sottoscrizione da parte di Virginia Raggi di un contratto in base al quale ha accettato esplicitamente di essere commissariata da Beppe Grillo e da Davide Casaleggio (“lo staff”); e non da oggi, bensì dal giorno stesso in cui ha presentato la sua candidatura alla guida della capitale d’Italia. Secondo l’avvocato Monello (gran cognome) la firma di quel contratto renderebbe Raggi automaticamente non eleggibile, in quanto i vincoli che il contratto impone ai candidati sarebbero incompatibili con il sistema democratico e rappresenterebbero per varie ragioni delle violazioni esplicite agli articoli 67 e 97 della Costituzione, all’articolo 3 del Consiglio comunale di Roma Capitale e all’articolo 1 della legge che disciplina l’associazionismo segreto.

Per la giunta Raggi, in realtà, l’orizzonte del 13 gennaio potrebbe essere persino ottimistico considerando che il 21 dicembre l’Autorità anti corruzione (Anac) potrebbe girare alla procura di Roma un parere non benevolo riguardo la promozione all’interno del comune di Renato Marra (fratello di Raffaele, ex braccio destro di Raggi, da qualche giorno in carcere per corruzione). Ma il dato politico e giuridico significativo che vive all’interno del ricorso presentato al tribunale dall’avvocato Monello va al di là del caso Raggi e tocca direttamente il Dna del Movimento 5 stelle. Il punto è semplice: la natura del “codice di comportamento per i candidati ed eletti del MoVimento 5 Stelle” non tradisce l’illegittimità della candidatura di Raggi (questo lo diranno i giudici) ma tradisce la vera essenza del Movimento e il suo essere portatore di una truffa costituzionale, che lo rende incompatibile con la Costituzione-più-bella-del-mondo. La questione è evidente: può essere parte di un sistema democratico un movimento che non rispetta un principio costituzionale chiave come quello contenuto nell’articolo 67 (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”) e che spaccia per democrazia diretta una democrazia diretta da una società privata (la Casaleggio Associati) non eletta da nessuno ed eterodiretta da un blog solo al comando (beppegrillo.it) che fattura anche grazie alla pubblicità generata dai contatti ricavati dalle dirette streaming che le giunte grilline (Roma sì, Torino no) regalano al blog in assenza di qualsivoglia gara pubblica o di apposita concessione? Detto ancora più in estrema sintesi: è accettabile, legittimo, legale e costituzionale che un sindaco o un parlamentare eletto sia non “un portavoce del popolo” ma un semplice dipendente della Casaleggio Associati in virtù di un contratto che non permette a un eletto di fare nulla che non sia gradito allo “staff” di un movimento diretto da un comico non eletto e da un’azienda privata? I passaggi chiave del contratto firmato da Raggi, che mostrano il vero volto del 5 stelle, sono questi e vale la pena spiegare perché.

Primo passaggio: “Le proposte di atti di alta amministrazione e le questioni giuridicamente complesse verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 stelle”. Secondo passaggio: “Il sindaco, gli assessori e i consiglieri del M5S dovranno operare in sintonia con i principi del M5S, con gli obiettivi sintetizzati nel programma del M5S per Roma Capitale, con le indicazioni date dallo staff coordinato dai garanti del Movimento 5 stelle”. Che cosa significa? Perfetta sintesi dell’avvocato Monello: “La finalità del contratto non è solo quella di coordinare e gestire l’attività politica degli amministratori eletti nelle liste del M5S, ma quella di coartare la volontà decisionale degli atti politici e amministrativi degli stessi eletti, attraverso l’imposizione di specifiche direttive in deroga al principio costituzionale di divieto di mandato imperativo, ottenute anche attraverso la concreta possibilità di azionare contro gli amministratori il pagamento di una sanzione pecuniaria, in caso di dissenso, di almeno 150 mila euro”.


Virginia Raggi (foto LaPresse)


Il ragionamento dell’avvocato è lineare. Da una parte (“le questioni giuridicamente complesse verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff”) si ammette che il blog non eletto e l’azienda privata non eletta hanno il diritto di esautorare “non solo il ruolo di chi è stato democraticamente eletto per quella carica, ma addirittura il ruolo e le funzioni che sono preposte per legge ai dirigenti e all’avvocatura comunale, e affidare tali, delicatissime, funzioni a uno studio legale di fiducia della Casaleggio Associati, estraneo all’amministrazione: il che corrisponde di fatto alla privatizzazione della Capitale d’Italia”. Dall’altra parte si riconosce quasi esplicitamente il tradimento di due articoli della Costituzione. L’articolo 67 – che è un articolo importante della nostra Carta, che i padri costituenti vollero per affermare la difesa dei principi della democrazia rappresentativa contro l’idea secondo cui gli eletti debbano agire esclusivamente a difesa degli interessi dei propri elettori – sarebbe violato per una ragione semplice: “Due privati cittadini che non ricoprono alcun titolo o specifica pubblica funzione che a ciò li possa in qualche modo legittimare, e una società di capitali quale è la Casaleggio Associati, avocano a sé tutte le scelte più importanti che gli amministratori, sindaco e giunta compresi, dovranno compiere. Dagli appalti pubblici, alla gestione delle municipalizzate, dal piano regolatore, alla revoca di un assessore, solo per fare alcuni esempi” (il divieto di vincolo di mandato è sancito anche all’articolo 3 comma 3 del regolamento del consiglio comunale di Roma: “I componenti del consiglio Comunale e i Consiglieri aggiunti esercitano le loro funzioni liberamente e senza vincoli di mandato”). Dall’altro lato ci sarebbe invece la violazione dell’articolo 97 della Costituzione – “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Articolo che non verrebbe rispettato in quanto “il canone dell’imparzialità della pubblica amministrazione presupporrebbe che gli organi amministrativi siano posti in condizione di esprimere la loro volontà in una situazione di distacco e di indipendenza, mentre le rigide e contra legem condizioni del contratto, unitamente alle abnormi modalità di esecuzione dello stesso, sottraggono al sindaco, e ai futuri consiglieri capitolini, non solo quella agibilità politica che la Costituzione e la legge garantiscono a chi ricopre quelle cariche ma finisce con lo svilire del tutto i principi ispiratori dell’agire della pubblica amministrazione così come sanciti all’art. 97 della Costituzione repubblicana”.

Non ci perdiamo nel legalese, come si dice, e andiamo al fondo della questione: il contratto firmato da Virginia Raggi non è solo un autogol per il sindaco di Roma ma è una cartina di tornasole che mostra che cosa è il Movimento 5 stelle: un partito commissariato non a causa degli errori di un sindaco ma perché così prevede il regolamento interno. Secondo l’avvocato Monello (che ha presentato il ricorso insieme alle senatrici del Pd Monica Cirinnà e Stella Bianchi) il contratto firmato da Raggi ci dice anche qualcosa di più. Qualcosa che potrebbe essere la prova provata che il Movimento 5 stelle più che a un partito somiglia a una setta. Conclusione del ricorso di Monello: “Il tentativo dei garanti e del così detto staff di ambire a realizzare un controllo personale e totale dell’amministrazione di Roma Capitale è in palese violazione dell’art. 1 della legge n. 17 del 1982, la c.d. legge Spadolini che disciplina l’associazionismo segreto” (dice l’articolo 1: “Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall’articolo 18 della Costituzione, quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”). Continua l’avvocato: “Il carattere della segretezza in sé e per sé è ininfluente ai fini della violazione del disposto di cui all’art. 1. Ciò che effettivamente rileva, ai fini della violazione della norma, è la capacità organizzativa dell’associazione – che ben può essere anche palese – ai fini di influenzare ed interferire direttamente sull’esercizio delle funzioni che la legge riserva esclusivamente alle pubbliche amministrazioni”. Lo sappiamo: difficilmente un tribunale civile avrà il coraggio di dichiarare fuorilegge un movimento votato dal 25 per cento degli italiani. Ma il ricorso dell’avvocato mette a nudo una verità difficilmente contestabile: il Movimento 5 stelle è una truffa costituzionale e il caso Roma potrebbe aiutare a far vedere a tutti il vero volto di un partito guidato da un blog non eletto e da un’azienda privata che vessa gli eletti con multe milionarie e trasforma “i portavoce del popolo” in semplice dipendenti della Casaleggio Associati. Fate girare.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.