Raffaele Marra

Parabola e segreti del “carsico” Marra, ex uomo nero della giunta Raggi

Marianna Rizzini

Il vicecapo di gabinetto del Campidoglio verrà destituito dal suo ruolo, e ricollocato fuori dall’ufficio del Gabinetto del comune di Roma. Ecco chi è l’uomo del “raggio-magico”

Roma. Beppe Grillo, il direttorio e il minidirettorio avevano chiesto la sua testa, e ieri sera, dopo lo sbarco decisionista del comico a Roma, giungeva via Blog Supremo l’annuncio: il vicecapo di gabinetto del Campidoglio Raffaele Marra verrà destituito dal suo ruolo, e ricollocato fuori dall’ufficio del Gabinetto del comune di Roma. E a lui, a Marra, che da due giorni prometteva e minacciava al grido di “un giorno parlerò”, restava per il momento addosso soltanto l’etichetta di “uomo dei misteri”. Ma anche: l’uomo del “raggio-magico” (cerchio magico di Virginia Raggi), funzionario “per tutte le stagioni”, “deus ex machina”, “eminenza grigia”, il “Richelieu de noantri” (variante: “il Rasputin de noantri”, ma vai a capire se Marra è davvero un Rasputin o soltanto uno che si sa muovere sottotraccia). Poi, l’aspetto: difficile ricordarne il volto dalle foto – vagamente si può dire che sia moro, con i capelli non cortissimi, gli occhi scuri, non minuto, ma i suoi tratti somatici sfuggono facilmente dalla memoria. Ed è chiaro: tra l’indefinitezza del sembiante e la nomea di “pilastro del dietro le quinte” c’è un gioco di specchi, come pure tra il suo restare apparentemente defilato e la fama di manovratore e decisore ufficioso al posto di altri. E anche se ieri, nel giorno dell’arrivo di Beppe Grillo a Roma e sullo sfondo della discussione sul tema “Luigi Di Maio deve scusarsi oppure no?”, il nome di Raffaele Marra era nella lista dei nomi in bilico, fino a l’altroieri lo stesso nome pareva baciato da un’inspiegabile inamovibilità. Si domandavano infatti attoniti gli osservatori, alla vista dell’incredibile teatro grillino delle dimissioni e delle non dimissioni di assessori e pezzi grossi del Comune, con conseguente avvitamento del Direttorio, del minidirettorio e di tutto l’ambaradan della tifoseria internettiana: ma perché Virginia Raggi si è incaponita a voler tenere in quel ruolo l’uomo che una parte del suo Movimento non vuole in quel ruolo?

 

Eppure non è questo l’unico mistero della carriera di Marra (ce ne sono almeno altri due: perché Marra, un tempo collaboratore fidato di Gianni Alemanno, a un certo punto entra in rotta di collisione con Alemanno, e perché Marra, passando per gli anni di Marino senza mai essere ricordato come legato a Marino – che poi dichiarerà di aver votato – diventa uomo fidato dei Cinque Stelle capitolini, che lo difendono ai limiti dell’autolesionismo?). E insomma Marra è nome carsico: compare negli anni di Alemanno, poi si inabissa. Riappare presso il regno Polverini, ma anche, come esperto di finanza, e in vista dell’implementazione del piano industriale 2010-2012, alla Rai di Mauro Masi (che lo ricorda però giovane travet in giro per ministeri, ai tempi in cui Masi era capo del Dipartimento per l’Editoria alla presidenza del Consiglio). Pure quando Marra scompare dall’orizzonte, nel post Polverini, non passa molto tempo prima che rispunti sotto al tappeto della consiliatura Marino, ancora a capo di un Dipartimento, ma soprattutto come consigliere non ufficiale dell’allora consigliere comunale (e oggi vice della Raggi) Daniele Frongia, di cui Marra si era conquistato la fiducia grazie all’expertise nella lettura dei bilanci (Frongia a un certo punto era diventato presidente della Commissione sulla Revisione della spesa, ma “essendo per formazione uno statistico”, dicono in Campidoglio, “aveva trovato nell’ex Guardia di Finanza Raffaele Marra un valido aiuto nella lettura dei bilanci”). Sempre per via delle sue conoscenze tecniche, Marra diventa anche angelo custode di Frongia – non ghost writer – durante la stesura del libro “E io pago” (scritto con Laura Maragnani, ed. Chiarelettere). Ed ecco un parziale disvelamento, in chiave psicologica, del terzo mistero di Marra. Ovvero “del perché Raggi e Frongia l’abbiano difeso fino all’ultimo”: Frongia lo stima e si fida da allora, Raggi da poco dopo, e Raggi e Frongia, nell’empasse delle nomine, e nella fretta, si rivolgono all’uomo che pare esperto, e che vogliono come vice-capo di Gabinetto. Vice-capo di Gabinetto non direttamente segnalato, anche se non sconosciuto, presso lo studio Sammarco, cui la precedente carriera della sindaca Raggi e alcuni suggerimenti di nomine contestati vengono ricondotti.

 

Ma il segreto, dice un conoscitore di affari capitolini, sta nella particolare abilità di Marra di “mettersi di volta in volta al servizio dell’uomo del destino”. Che a un certo punto parve essere, nell’universo a Cinque Stelle, proprio Daniele Frongia, ex avversario interno di Marcello De Vito nella corsa a candidato sindaco del M5s. Ed ecco che l’uomo non adorato dai proto-grillini romani alla Roberta Lombardi, passando per un periodo di operosità silenziosa e di retrovia sotto Marino, buca il soffitto della giunta del M5s.

 

Ma che cosa è stato, negli anni, Marra, l’ex ufficiale della Guardia di Finanza che oggi viene accusato di aver ispirato la lettera all’Anac sul contratto dell’ex capo di Gabinetto Carla Romana Raineri, poi dimessasi in contemporanea con l’assessore al Bilancio Marcello Minenna e ai vertici Atac e Ama? In quali ambienti si è mosso, Marra, oggi inviso ai puristi a Cinque Stelle di area anti-Raggi anche per via di una certa predilezione per i master di aggiornamento all’estero spesati dal Comune, da cui un certo presunto attrito con Laura Benente, ex Responsabile delle Risorse umane, ma non con il suo vice Gianluca Viggiano, ex collega finanziere? I master, dunque, ma pure i periodi di aspettativa sono nel mirino della Spectre grillina (Marra a un certo punto della consiliatura Marino è andato a fare ricerca per qualche mese in un’università privata di Salerno, per poi tornare in Campidoglio).

 

Fatto sta che il plurilaureato Marra (Laurea in Giurisprudenza, Economia e Scienze della Sicurezza, non sempre con il massimo dei voti – d’altronde anche il numero ha la sua importanza) oggi minaccia direttamente vendette ex post alla Ignazio Marino (dice “parlerò”, e c’è già chi attende un libro di memorie). Agli albori della carriera, invece, Marra adottava uno stile di comunicazione “formale e cauto”, dice chi lo conosce da allora, quando era giunto nella capitale dal Sud, con l’intento di intraprendere la carriera di dirigente pubblico, ma anche con il talento informale nella parallela e informale carriera arcitaliana di “uomo dalle solide relazioni trasversali”, come dice un ex consigliere comunale, convinto che Marra si ispirasse alla massima del “non lasciare nessuna relazione al nulla, ché tutto può avere potenzialità”. Ma le frequentazioni del dirigente pubblico Marra, che conosce Gianni Alemanno da quando Alemanno era ministro dell’Agricoltura e lui un giovane esperto di finanza, sono di retrovia, non di salotto: capi dipartimento, ex finanzieri, ex collaboratori di ministri e futuri ministri, terze file politiche o imprenditoriali di area Opus dei, passando per il giro di Franco Panzironi, ex braccio destro di Alemanno ed ex direttore generale di Ama. Panzironi, infatti, è segretario generale dell’Unire (Unione nazionale razze equine) quando Marra è direttore nazionale dell’area Galoppo. Perché a un certo punto, sotto Alemanno sindaco, e con Marra direttore delle Politiche Abitative, Marra si sia allontanato da Alemanno, è oggetto di diverse interpretazioni: qualcuno, in Campidoglio, dice che Marra “aveva pestato piedi a molta gente a suon di esposti”. Alemanno, al Tempo, ha detto che Marra “aveva un atteggiamento un po’ giacobino con cui affrontava molti problemi. Non si è sentito valorizzato ed è andato a lavorare presso altre amministrazioni”. Marra, invece, dice di aver lasciato l’amministrazione Alemanno nel 2010 a “seguito di una serie di denunce” presentate “proprio in contrapposizione a lui”. Ultimo ma non ultimo, i detrattori della cosiddetta “eminenza grigia” Marra hanno in questi giorni rispolverato memorie di ex ricorsi sindacali al Tar (quando Marra era direttore del Personale alla Regione con Renata Polverini).

 

Nell’“uno, nessuno e centomila” Marra c’è tutto: il muoversi qui e là, ma non alla ribalta, i giorni con Alemanno e con Polverini, il voto dichiarato per Marino e per Raggi, con tanto di attestato di stima al M5s e a se stesso (“se il M5s ha come via maestra la legalità, io sono lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento”, ha detto nel momento del trionfo grillino a Roma). E anche nel giorno in cui il blog di Grillo lo scomunica, c’è chi a Roma profetizza che il Marra “capace di far credere al referente politico di turno di pensare quel che pensa lui”, di sicuro e dietro le quinte avrà già messo gli occhi sulla prossima barca.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.