Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il Pd e Forza Italia, partiti gemelli, tra minacce, tradimenti e ombre di scissione

Salvatore Merlo

Renzi non si fida più di Franceschini e ora vuole un governo Gentiloni. Il Cav. è sospettato dai suoi

Roma. L’ipotesi del tradimento è un’allusione evanescente che prende forma nel più tetro segreto, nel buio della clandestinità di un corridoio dove alcuni colonnelli di Forza Italia si rimpallano tra loro umori e malumori, e allora dicono che “se Berlusconi accetta di fare un governo ci ammazza definitivamente”, e Maurizio Gasparri, pensando forse a Luca Lotti e a Denis Verdini: “Dobbiamo vigilare perché nessuno si avvicini al Cavaliere, a sussurrargli promesse da marinaio”. Ma l’ipotesi del tradimento è anche una bolla d’aria, una eco inafferrabile, obliqua e sibillina, che si condensa nella riservatezza di una cena dove, a casa di Gianclaudio Bressa, deputato del Pd, si riuniscono i parlamentari fedeli a Dario Franceschini, gli ex democristiani di sinistra, “Renzi non vuole, ma un governo si può fare, e può durare tutta la legislatura”, dice Ettore Rosato. Ed è un soffio, quasi un’ammissione di colpa o la parola d’ordine di una trappola. Forza Italia e il Pd, il Pd e Forza Italia, dunque, partiti gemelli in questo marasma di ambasciate, appuntamenti, telefonate, mezze decisioni, promesse, rinvii, riunioni e bugie all’ombra del Quirinale e delle consultazioni. “Adesso io mi metto a dire che il governo si può fare e dura tutta la legislatura, così staniamo Berlusconi”, dice allora Dario Franceschini a Matteo Renzi, con tono sordo e caramelloso. E l’altro, il presidente dimissionario del Consiglio, lo sguardo offuscato da timori e livori: “Va bene, Dario, siamo d’accordo”.

 

 

Ma anche no… La menzogna e il sospetto fluiscono ormai nei loro rapporti come un dono, una benedizione maligna. E infatti, un attimo dopo, svoltato l’angolo, rivolto ai suoi, Renzi immagina le contromisure: “Contattate subito Forza Italia, telefonate ad Alfano, dobbiamo pensare immediatamente a un governo che sia la riedizione del mio”, ma con Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, un Renzi-bis, mascherato, un governo che possa entrare in crisi quando decide Renzi, non quando vuole Franceschini con Sergio Mattarella e con tutto il gruppo di ex Dc installati in ogni angolo del Parlamento e al Quirinale, “lì c’è persino Simone Guerrini, amico intimo di Enrico Letta”. E nei loro rapporti, si capisce, adesso c’è qualcosa di ostile e ancora di complicità, negli occhi, nei gesti, che li rivelano avversari eppure alleati in un medesimo codice, legati a identici segreti di trucco, a paralleli sortilegi di civetteria politica, “se faccio fare il governo a Mattarella e Franceschini, mi trovo un minuto dopo con Nicola Zingaretti alla segreteria del partito. Col cavolo. Cercate Berlusconi”. E allora, chiusi nelle loro stanze di partito, imprigionati nella turbinosa stasi imposta dal Cavaliere, che soltanto sabato varcherà i cancelli del Quirinale per le consultazioni, gli uomini del berlusconismo si allarmano: “Dobbiamo vigilare” sul grande capo, il sultano di Arcore, evidentemente, tentato com’è di sostenere un nuovo governo, in cambio della legge elettorale. “Un governo papocchio col Pd a noi ci ammazza”, rumoreggia Gasparri. Ma Gianni Letta e Fedele Confalonieri non la pensano così, è chiaro, e lo dicono anche, non solo a Berlusconi. “Confalonieri deve farsi i fatti suoi, e lo dice l’autore della legge di riordino del sistema radio-televisivo, con tutto il rispetto e la simpatia che ne conseguono”.

 

In Forza Italia si respira la stessa aria del 15 novembre 2013, quando Angelino Alfano, il delfino senza quid, abbandonava il suo Cavaliere pescecane per sostenere il governo di Enrico Letta. Solo che adesso è Berlusconi a farsi odorare la coda, da Verdini e da Renzi. Ed è l’aria della scissione, quella che si avverte come una scarica elettrica. Ancora evanescente, certo, una nuvoletta di gas, una parolina esplosiva che solo Giovanni Toti per adesso s’è fatto sfuggire, ma per accenni, allusioni, subordinate e periodi ipotetici: se Berlusconi facesse, se Berlusconi dicesse, se volesse rompere con la Lega… Eppure le rivelazioni, le indiscrezioni e i retropensieri, scendono su tutti loro, fallaci o veritiere che siano: che pasticcio è? Dice Fabrizio Cicchitto, che nel 2013 lasciò il Cavaliere, dopo vent’anni: “Berlusconi ha la stessa considerazione umana dei sottoposti che doveva avere il generale Cadorna sull’Isonzo”. Dunque chissà. E allora eccoli il Pd e Forza Italia, ancora una volta, partiti gemelli in questo silenzioso marasma in cui tutti cercano un’ombra rivelatrice, l’indizio esatto del tradimento. Che c’è, e non c’è.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.