Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi: elettori di destra venite a me

Claudio Cerasa

“Io credo che gli elettori di destra che ricordano il Berlusconi del 1995 non potranno che votare Sì a questa riforma. L’Economist? Ha mostrato il mondo che sogna un’Italia sempre debole”. Intervista a Matteo Renzi

Mancano due giorni al referendum e i calcoli di Matteo Renzi dicono sempre la stessa cosa: la rimonta non è impossibile, il clima è cambiato e il Sì ce la può fare. E una volta incassata la quasi certezza che il grosso del centrosinistra (Bersani e D’Alema a parte) sosterrà la riforma costituzionale (dopo l’endorsement non scontato di Romano Prodi è arrivato anche quello non scontato di Eugenio Scalfari) nelle prossime ore non c’è dubbio che la missione più importante per il presidente del Consiglio sarà quella di convincere l’elettorato ancora indeciso, soprattutto nel centrodestra.

 

Abbiamo raggiunto ieri telefonicamente il capo del governo per soffermarci su questo punto e provare a chiarire un mistero che suona come una contraddizione. Presidente Renzi: nel 1995, in un bel discorso fatto da Berlusconi alla Camera, l’ex presidente del Consiglio disse, a proposito di riforma costituzionale, che una riforma è urgente perché “non dovrà esserci più spazio per il vecchio balletto dei governi che durano un’effimera stagione, per il sequestro della decisione politica da parte di potenti apparati di partito, per una logica di rinvio dei problemi e di crisi permanente dello stato… governi deboli, prigionieri di maggioranze che riescono a stare insieme solo facendo dello scambio politico e della dissoluzione della finanza pubblica la loro vera identità politica e la loro più profonda ragion d’essere”. Possiamo dire che oggi la pensa anche lei così? “Direttore, le rispondo così: io credo davvero che gli elettori di destra che ricordano il Berlusconi del 1995 non potranno che votare Sì a questa riforma”. Presidente, ci scusi però: se la riforma costituzionale che andremo a votare domenica prossima è così simile alla riforma che propose il centrodestra nel 2006, ispirata proprio alle parole che pronunciò Berlusconi nel 1995, ci spiega perché in quell’occasione lei votò No? “Nel 2006 – dice Renzi – la riforma era più complicata. Se vuole anche più ambiziosa di questa che si limita a semplificare il sistema. C’erano i poteri del premier, una visione del federalismo diversa, un eccesso di competenze al Senato. Ecco perché io ho votato No. Quella di oggi è una riforma più lineare e forse persino più modesta: si limita a superare contrasti tra le due Camere e tra governo e regioni. E riduce i costi, e i posti, della politica”.

 

Presidente, il fronte del No sostiene a gran voce che bloccare la riforma costituzionale è essenziale per evitare la deriva autoritaria del nostro paese. Effettivamente, da un punto di vista tecnico, se dovesse vincere il No e ci dovesse essere una svolta proporzionalistica sulla legge elettorale una vittoria alle elezioni delle forze anti sistema sarebbe impossibile. Vale davvero la pena di creare un sistema che genera una vera competizione elettorale con il rischio di far vincere i populisti? “Quando sento parlare di deriva autoritaria e di fine della democrazia, sinceramente, mi sembra di sognare. Stiamo togliendo pezzi di burocrazia, non pezzi di democrazia. Quanto al sistema elettorale, non voglio alimentare ancora polemiche su quello. Ricordo solo che Forza Italia al Senato ha votato questa legge. Se poi vogliamo cambiarla, ok, ci stiamo. Ma, per favore, serietà: non si vota sulla legge elettorale, si vota sulla riforma costituzionale. Parliamo di quello. Se parliamo di merito, vinciamo”.

 

Tra le chiavi di lettura adottate da Renzi con continuità nelle ultime settimane per spiegare i benefici della riforma costituzionale ce n’è una che il presidente del Consiglio considera particolarmente efficace per descrivere i benefici che potrebbero derivare dalla riforma elettorale: un Sì contro l’instabilità della politica, contro l’instabilità del governo, contro l’instabilità della legislatura, contro l’instabilità dei mercati, contro l’instabilità dello spread, contro l’instabilità delle Borse. In questa narrazione, naturalmente, c’è un pezzo della storia che non torna: ma se la riforma costituzionale è l’argine contro l’instabilità dei mercati, perché il settimanale che è espressione dei mercati, ovvero l’Economist, ha bocciato la riforma costituzionale? “L’Economist ha mostrato il vero volto di un certo mondo. Votano no perché sperano di avere un nuovo governo tecnico. Ma spesso hanno sbagliato previsioni: spero che continuino anche stavolta a sbagliare. Lo spero per l’Italia, più che per me. Ci vogliono deboli, certo. Ma spero che non l’abbiano vinta”. Se il film di Renzi dovesse rivelarsi corretto – e se davvero il 5 dicembre dovesse realizzarsi il miracolo di un partito del Sì che riesce a imporsi sul partito del No pur essendo il partito del Sì rappresentato quasi esclusivamente dal presidente del Consiglio – per il governo e il Partito democratico si aprirebbe un percorso importante.

 

Durante la sua visita negli Stati Uniti, il Washington Post, in un passaggio di un articolo dedicato al presidente del Consiglio, ha ricordato che “se Renzi riuscirà a superare lo scoglio della consultazione referendaria sarà uno degli uomini politici più forti d’Europa”. L’affermazione non è esagerata se si pensa alla situazione che vivrà l’Europa nel prossimo anno. La Germania andrà al voto e non è detto che avrà una Merkel così forte come lo è oggi. La Spagna ha un presidente di peso (Rajoy) ma non ha un governo così solido da poter contare in Europa come potrebbe. Il Regno Unito dovrà fare i conti con la sua definitiva uscita dall’Unione europea (Tony Blair e ricorsi permettendo) e vivrà dei mesi di relativa instabilità. La Francia voterà in primavera ed essendo quasi scontato che non sarà un presidente di sinistra a succedere a François Hollande in caso di vittoria al referendum (ieri Hollande ha sorpreso il suo partito annunciando il suo ritiro dalla corsa per le presidenziali) Renzi potrebbe essere il leader di sinistra più importante d’Europa. Se a questo si aggiunge il fatto che nel 2017 il nostro paese ospiterà due appuntamenti importanti – il G7 a Taormina e le celebrazioni per il 60esimo anniversario del Trattato di Roma – è evidente che in caso di vittoria del Sì Renzi avrebbe l’occasione di giocare in Europa un ruolo più pesante rispetto a quello giocato oggi.

 

E dunque la domanda viene da sé: se domenica dovesse vincere il Sì, da lunedì quali sarebbero le tre priorità dell’Italia nell’agenda europea? “Immigrazione, crescita, innovazione. Sull’immigrazione la dico così: basta con i soldi ai paesi che non accolgono e approvazione immediata del Migration Compact. Sulla crescita: basta con la filosofia dell’austerity e promozione di una sana politica di investimenti. Sull’innovazione il tema è questo: come conciliare in modo diverso e strategico le città, le università, la digitalizzazione in un progetto capace di attrarre talento e costruire nuovi posti di lavoro. In questo senso Milano può diventare la città più attrattiva d’Europa. E la vera vincitrice della stagione post-Brexit”. Il modello Milano, già. Perché l’idea di Renzi, sul dopo referendum, è anche questa: se vince il No, il modello del nostro paese rischia di diventare simile al modello Roma; se vince il Sì, il modello dell’Italia potrebbe avere buone possibilità di essere più simile al modello Milano. Mancano due giorni. E la partita di Renzi oggi si gioca anche con questa chiave qui.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.