Massimo D'Alema (foto LaPresse)

Il mistero della riunione tra D'Alema, Bersani e Fassina

Redazione

Tutti contro Renzi. Ma sarà vero che il nuovo partito è già pronto?

Roma. C’è chi giura di averli visti: Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani e Stefano Fassina, in Via Barberini, a Roma, un gruppetto di avversari dall’aria intima e collaborativa, tutti insieme, in quel bel palazzo dove ha sede l’Unità, ma anche, soprattutto, l’associazione Nens, il think tank economico di Bersani e di Vincenzo Visco, il laboratorio delle idee, dove è nata la contestazione più forte, all’interno del Pd, contro la manovra economica di Renzi, e dove – ma è poi vero? – adesso i renziani dicono, e sospettano, che stia nascendo la nuova sinistra-sinistra. Dunque D’Alema, Bersani e Fassina. “Ma non è vero. Io non c’ero, non vado lì da mesi”, dice Fassina, anche se, aggiunge, “spero che il referendum e la vittoria del No possano innescare qualcosa, qualche novità a sinistra. Sono uscito dal Pd con l’obiettivo di dare il mio modesto contributo perché qualcosa si faccia. E spero che il passaggio referendario di domenica, un po’ come la Brexit, risvegli la sinistra dall’ipnosi liberista che l’ha colpita da trent’anni”. E allora se vice il No forse qualcosa succede. Una scissione del Pd? Si può collaborare con Bersani e D’Alema? “Il voto comune al referendum ci avvicina, è la condizione necessaria”, ammette, “ma non è ancora sufficiente. Ritengo che Bersani faccia fatica a condividere la valutazione che propongo di critica al mercato, all’Euro e al trattato di Maastricht. Ma non dispero. Bersani ha pronunciato parole che vanno nella direzione giusta, dopo la vittoria di Trump, quando batteva sulle conseguenze del paradigma neoliberista”.

E allora Fassina non c’era alla riunione di Via Barberini. Ma Bersani e D’Alema? C’è mai stata questa riunione? Il solo fatto che questi due leader della sinistra si incontrino sarebbe una notizia per chi ha contezza di quanto siano stati freddi (per così dire) i loro rapporti negli ultimi anni, e in particolar modo dopo l’elezione del presidente della Repubblica, con il voto di Bersani dato a Mattarella, in accordo con Renzi, tutta una manovra vissuta a quei tempi da D’Alema come un tradimento. E adesso invece rieccoli, insieme, avversari dall’aria intima e collaborativa, appunto. Strano. Interessante. Fosse vero. “Ma lì, in via Barberini, c’è anche la sede del Romanista, la rivista dei tifosi della Roma. Forse è proprio lì che andava D’Alema”, dice spiritosamente Miguel Gotor, il senatore, il gran consigliere di Bersani, da sempre sostenitore di una linea dura nei confronti di Renzi e della sua riforma costituzionale. “Bersani non frequenta molto l’associazione”, spiega Gotor. Tuttavia, in realtà, – e qui il giallo s’infittisce – più di un testimone oculare sostiene di averli visti insieme, Bersani e D’Alema (e anche Gotor e Stefano Di Traglia, l’ex portavoce di Bersani), entrare e uscire, anche più volte al giorno, dal portone di Via Barberini 11. E la leggenda si arricchisce dunque di particolari, s’intreccia con la nuvola di passioni, miraggi e sospetti, che alimentano le notti insonni di un partito, il Pd, il cui destino appare appeso all’esito del referendum del 4 dicembre. Non c’è solo il congresso, ma anche la minacciosa promessa che alcuni amici di Luca Lotti, da Palazzo Chigi, settimane fa avevano fatto arrivare fino alle colonne dei retroscena: “Se vince il Sì, attenzione, perché chi ha votato per il No è fuori”.

E dunque forse i renziani vorrebbero proprio che questa riunione ci sia stata da davvero. Lo vogliono talmente tanto da ingannare i loro stessi occhi. Ma forse, chissà, chi vota No invece già si sente fuori, comunque. E non ha bisogno d’essere accompagnato alla porta. D’Alema non ne fa mistero con nessuno, malgrado Bersani abbia invece sostenuto tutto il contrario: “Il partito è casa mia, non lo lascerò mai”. E allora che succede? Davvero D’Alema sta tramando la scissione, e partecipa a riunioni nel think tank bersaniano? Ci sono manovre di avvicinamento, speranze che si collegano alla non inverosimile vittoria del No al referendum? “E’ molto rilevante che da parte di Bersani e D’Alema ci sia una valutazione coincidente con la mia sulla revisione costituzionale (io non la chiamo nemmeno riforma)”, spiega Fassina. “E’ una cosa importante. Dopodichè, tuttavia, è fondamentale che ci sia da parte della minoranza del Pd anche la disponibilità ad affermare una discontinuità di base. Una disponibilità a riconoscere gli errori storici, come l’euro”.