Stefano Parisi (foto LaPresse)

Il colpo di scena che serve a Parisi

Redazione

Perché a Parisi serve un Sì per non fare la fine di Corrado Passera

Questo giornale vuole bene a Stefano Parisi e ha salutato con allegria e gioia la possibilità che l’ex direttore generale di Confindustria potesse essere l’uomo scelto da Berlusconi per rimettere insieme i cocci del centrodestra del futuro. Quando si tratta di eredità del berlusconismo, però, si sa che il titolare dell’azienda è imprevedibile e quando l’ex presidente del Consiglio ha scelto Parisi come possibile federatore del centrodestra l’unica cosa che era prevedibile era immaginare che prima o poi il Cav. avrebbe sbuffato a forza di parlare di eredità. Lo sbuffo di qualche giorno fa ha coinciso con una sonora sberla che Berlusconi ha rifilato al nostro amico Parisi (“Non può avere un ruolo se non va d’accordo con Salvini”) e l’annuncio fatto venerdì dall’ex candidato sindaco di Milano è la prova che il colpo è andato a segno, e ha fatto male.

 

Parisi venerdì ha rivendicato la volontà di impegnarsi a lungo in politica ma ha tracciato sul terreno una linea netta tra il suo percorso e quello che oggi è il pensiero di Berlusconi (non si può avere un ruolo nel centrodestra se non si va d’accordo con Salvini). Lo ha fatto presentando il suo movimento, Energie per l’Italia, “un’offerta alternativa seria, liberale e popolare, alternativa a quella di sinistra” che nasce per “evitare il rischio che in Italia l’alternativa sia tra Renzi e Grillo”, e che si pone in netta contrapposizione al progetto salviniano (“Forza Italia è dentro il Ppe e sull’Europa ha una linea opposta a quella di Salvini: o qualcuno dei due cambia idea o mi sembra complicato fare una coalizione con Salvini”).

 

Il posizionamento politico e culturale di Parisi è chiaro ed è corretto ma il rischio dell’ex numero uno di Fastweb oggi è evidente e coincide con il nome di un altro ex manager che si è buttato in politica senza chiarire fino in fondo il proprio percorso: Corrado Passera. Parisi, a differenza di Passera, non è un manager che ha provato a fare politica ma è un politico che è diventato manager e che forte di questa doppia identità sta provando a immaginare un suo percorso politico ma per farlo dovrebbe spiazzare e diventare nelle prossime settimane il vero rigeneratore del centrodestra (“Rottamatore” a Parisi non piace). E per farlo ha un solo modo: dire la verità su tutte le contraddizioni che esistono nel rapporto tra una forza moderata e il populismo senza fermarsi però a demolire solo il populismo di Salvini e il cialtronismo grillino. Se vuole essere il vero volto che rinnova il centrodestra, Parisi deve avere il coraggio di rappresentare quel pezzo importante di elettorato moderato (e non di sinistra) che al referendum del 4 dicembre voterà Sì (scelta che è in linea anche con l’orientamento del Ppe). Potrebbe essere una carta perdente, certo, ma sarebbe l’unica che il rigeneratore del centrodestra avrebbe per mostrare coraggio ed evitare di sciogliersi presto come neve al sole. Parisi non ha alcuna chance di avere un ruolo nell’Italia del No. Nell’Italia del Sì lo spazio c’è e bisognerebbe coglierlo al più presto.