Matteo Renzi (foto LaPresse)

Passeggiate romane

Renzi temporeggia sulla riforma del ballottaggio, D'Alema perde pezzi

Redazione
Il Quirinale vorrebbe spostare la data del referendum, il premier no

Nonostante le smentite ufficiali dell’altro ieri da parte di Matteo Renzi, continua il tam tam sulla possibilità di un rinvio del referendum costituzionale del 4 dicembre al prossimo anno. Le parole del presidente del Consiglio non sono servite a fugare i dubbi nei palazzi della politica. E i renziani sospettano che ci sia un preciso motivo dietro a questo continuo rincorrersi di voci sullo slittamento del voto referendario. E cioè che in realtà sia Sergio Mattarella a puntare a questo rinvio. E’ un sospetto che è stato rafforzato dal fatto che il primo a parlare pubblicamente della necessità di uno slittamento del referendum costituzionale sia stato Pierluigi Castagnetti che del presidente della Repubblica è un buon amico. Del resto per i renziani non è un mistero che il capo dello stato sia preoccupato per l’impatto negativo che il voto di dicembre potrebbe avere sulla stabilità politica del nostro paese. E poiché i sondaggi continuano a confermare la prevalenza dei No, la preoccupazione del Quirinale non ha motivo di cessare. Mattarella infatti sa che il premier, in caso di sconfitta, nonostante in molti gli suggeriscano di non farlo (e tra questi, oltre allo stesso capo dello stato, anche alcuni esponenti del Partito democratico, come, per esempio, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini), non recederà dalle sue dichiarazioni iniziali e rassegnerà le dimissioni.

 

Matteo Renzi, invece, ritiene che far slittare il referendum sarebbe un errore. Il presidente del Consiglio infatti pensa che una mossa del genere sarebbe controproducente e scatenerebbe una polemica inarrestabile nei confronti del suo governo. Non solo, il premier è convinto che vi siano tutte le condizioni perché in questo mese il Sì prevalga nei sondaggi.

 

Al momento, perciò, la tabella di marcia per quel che riguarda il Partito democratico resta immutata.

 

Tant’è vero che il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, dovrebbe incontrare in settimana, per quanto riservatamente, le altre forze politiche che fanno parte della maggioranza di governo per vedere se ci sono i presupposti per arrivare a un documento della commissione elettorale che sia condiviso anche dagli alleati.

 

Però è proprio con gli alleati, oltre che con lo stesso Gianni Cuperlo (il quale sembrerebbe intenzionato a percorrere seriamente la strada dell’accordo con la maggioranza del Partito democratico), che resta sul tappeto un problema di non poco conto: quello del ballottaggio. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha spiegato ai suoi colleghi del Nuovo centrodestra che il presidente del Consiglio gli ha assicurato che cambierà la legge elettorale e che la cambierà eliminando proprio il ballottaggio. Le stesse parole ha ripetuto Denis Verdini ai compagni di Ala. Ma l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi sembra un po’ più scettico sulla possibilità che alla fine il premier mantanga davvero la promessa sulla legge elettorale. Ed effettivamente Renzi, nonostante Cuperlo glielo abbia chiesto e lo stesso Guerini lo abbia sollecitato a prendere una posizione in proposito, finora si è guardato bene dal fare un passo in questa direzione. Anzi, i bene informati, al Nazareno, continuano a dire che, almeno al momento, il ballottaggio non si tocca. E raccontano che il presidente del Consiglio non abbia preso bene il fatto che qualche quotidiano, un po’ di giorni fa, abbia invece avvalorato l’ipotesi secondo la quale il Partito democratico sia disposto a toglierlo.

 

Intanto Massimo D’Alema, che continua la sua incessante campagna per il No sembra stia perdendo pezzi. In Campania, dove l’ex presidente del Consiglio era convinto che il No fosse nettamente in maggioranza, le cose stanno cambiando, anche grazie al governatore Enzo De Luca. Non solo, persino Emma Bonino – che con D’Alema ha avuto sempre un ottimo rapporto – ha abbandonato l’ex presidente del Consiglio annunciando la sua intenzione di votare Sì. Analogamente, nella sua Emilia, Pier Luigi Bersani sta perdendo l’appoggio di importanti quadri dirigenti e anche di cinque-sei parlamentari che si erano schierati con lui contro Renzi.