Il presidente del Consiglio Matteo Renzi con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (foto LaPresse)

L'Italia spieghi il suo silenzio sull'Unesco

Redazione

L’astensione sulla risoluzione che cancella la storia ebraica a Gerusalemme non è in linea con l’orientamento del governo. Ma né il premier Matteo Renzi né il ministro degli Esteri sono intervenuti per chiarire. Oggi alle 15 il Foglio manifesta davanti alla sede romana dell’Unesco. Continuate a scriverci a [email protected]

Il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri dovrebbero spiegare perché il rappresentante italiano si è astenuto sulla pazzesca mozione dell’Unesco che pretende di cancellare dalla storia di Gerusalemme la millenaria presenza ebraica. Stati Uniti e Germania hanno votato contro, quindi non vale nemmeno la scusa che non ci si voleva distinguere dagli alleati tradizionali. Se il rappresentante italiano si è consultato con la Farnesina o con qualche altro organismo governativo, è questo che ne deve rispondere. se invece ha deciso di testa sua va rimosso immediatamente da un incarico che gestisce con tanta superficialità, per non dire di peggio.

 


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Non si tratta dell’unico caso in cui la rappresentanza italiana si comporta in modo che appare contrario all’orientamento del governo o almeno a quello che il governo fa intendere. Poche settimane fa c’è stato un voto in sede europea su una risoluzione che giustificava la pratica dell’utero in affitto, che in Italia è vietata. I rappresentanti del Partito democratico hanno votato a favore, ma poi, fortunatamente, il documento è stato bocciato dalla maggioranza. In questo caso non c’entra direttamente il governo, ma il partito di cui Matteo Renzi è segretario. Pur con tutte le crepe che attraversano quel partito, sembra incredibile che nessuno abbia sentito l’esigenza di conformare la scelta di voto su una questione così delicata all’orientamento del governo, del partito, persino della legislazione in vigore.

 

Il governo punta ad accentuare il ruolo giocato dall’Italia nelle relazioni internazionali, si vanta di aver ottenuto in questo campo risultati eccezionali. Sarà, ma episodi come quelli citati sembrano contraddire questa tesi. Si nota, come minimo, disattenzione e confusione, assenza di una regia che porti a conformare i comportamenti che si tengono nelle sedi internazionali a un orientamento solido. Anche su questo si basa il giudizio sulla serietà e l’attendibilità dell’Italia. Il voto all’Unesco, del quale non è stata data alcuna spiegazione anche dopo le giustificate proteste della comunità ebraica (e quella organizzata dal nostro Foglio) è stato un errore vergognoso, che non può restare senza conseguenze.

 

Un governo che ha sempre sostenuto che “chi sbaglia paga” ha il dovere morale di assumersi la responsabilità di questo incomprensibile comportamento, se la responsabilità è sua, o chiedere conto con fermezza a chi ce l’ha, traendone le ovvie conseguenze. Partecipare a questa damnatio memoriae della storia ebraica, rendendosi complici pilateschi di un antisemitismo intollerabile, è una vergogna per l’Italia, che già deve farsi perdonare le ignobili leggi razziali del 1938. La Germania se ne è resa conto, l’Italia no, e questo è davvero insopportabile.

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