L’editorialista di Repubblica Michele Serra (foto LaPresse)

Serra e i conti della sinistra

Claudio Cerasa
L’editorialista di Repubblica dimostra che il vero problema di Renzi non è a sinistra: la sinistra sognata da Bersani, D’Alema, Speranza, Cuperlo e Gotor, che pur di modificare un paio di articoli della legge elettorale è disposta a eliminare politicamente il proprio segretario di partito, è una sinistra che certamente esiste da qualche parte in Italia ma che rappresenta una piccola e ininfluente minoranza del paese.

Sulla prima pagina di Repubblica di ieri Michele Serra ha centrato una questione importante che riguarda la vita del governo, il percorso del nostro paese e il futuro del referendum costituzionale. Seppur a denti stretti, Serra ammette che “dopo una vita a tifare per l’opposizione e a diffidare dei governanti il livello della presente opposizione italiana mi fa sentire pericolosamente incline a sorvolare sulle colpe del governo (che sono tante)” e il pensiero dell’editorialista di Rep. è significativo almeno per due ragioni. La prima ragione è che Serra è la spia di una sinistra italiana che sta provando (ma che fatica) a emanciparsi dalla cultura del tutto tranne che governare e che pur non capendo Renzi capisce però che tutte le formule del passato sono fallite (D’Alema, Bersani) e che dunque vale la pena dare una chance (vediamo per quanto) a questo ragazzo di quarantuno anni che sta provando a cambiare la sinistra italiana. La seconda ragione per cui l’editoriale di Serra è interessante riguarda la traiettoria che Renzi dovrà seguire da qui al referendum costituzionale e l’articolo di Serra non fa altro che riflettere un dato chiaro dell’elettorato italiano: la sinistra sognata da Bersani, D’Alema, Speranza, Cuperlo e Gotor, che pur di modificare un paio di articoli della legge elettorale è disposta a eliminare politicamente il proprio segretario di partito, è una sinistra che certamente esiste da qualche parte in Italia ma che rappresenta una piccola e ininfluente minoranza del paese.

 

Una minoranza che Renzi ha la necessità di conquistare ma che non può permettersi di inseguire troppo per una ragione semplice e squisitamente numerica. I voti della minoranza del Pd sono infatti necessari ma non sufficienti per essere maggioranza del paese. E ci si può girare attorno quanto si vuole ma per essere maggioranza del paese (e questo vale non solo per il referendum) Renzi deve trovare un modo per portare dalla sua parte i voti dell’elettorato politicamente più indeciso: quello di centrodestra. I sondaggi valgono quello che valgono ma qualcosa oggi ci dicono. Ci dicono che circa il 75 per cento degli elettori del Pd voterà sì al referendum. Ci dicono che il 50 per cento degli elettori di centrodestra non sa ancora cosa votare. Il Pd senza gli elettori (e alcune idee) di destra è un Pd che potrà piacere molto a Bersani e Cuperlo ma è un Pd che rischia di essere condannato a fare una cosa di cui forse anche Michele Serra è stufo: semplicemente perdere le elezioni.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.