The Floating Piers, l'opera dell'artista Christo aperta al pubblico (foto LaPresse)

La passerella di Christo e le Olimpiadi a Roma. Appunti sull'idolatria pauperista

Salvatore Merlo
La mistica depressiva che spaccia per risparmio un’ideologia fatta d’immobilismo, per una volta sembrava restare confinata alle pagine interne dei quotidiani. Ma poi è arrivata la Guardia di Finanza, i magistrati contabili, con le parole del Codacons e di Legambiente sotto il braccio.

Roma. E fino a ieri restava tutto relegato allo strambo folclore di una breve in quarta pagina, perché solo a una mente distorta potevano apparire un “disagio per la popolazione locale” quelle file e quelle masse di uomini e di denari che sul lago d’Iseo erano invece il dolce disagio dell’abbondanza e del successo: un milione e duecentomila visitatori provenienti da trentuno paesi del mondo, diciotto milioni di fatturato in sedici giorni, ristoranti e alberghi finalmente pieni, dal piccolo comune di Sulzano alle terre rigogliose del Franciacorta, giù fino a Brescia. Un successo, quello della passerella matta, galleggiante e surreale di Christo, per alcuni critici d’arte un pugno nell’occhio ma per tanti altri un dettaglio divino, che soltanto nel linguaggio capovolto di Legambiente si trasformava in “un costo di congestione da traffico e d’inquinamento atmosferico”, e che solo nella prosa involuta del Codacons – attenzione all’inafferrabilità avvocatesca che sempre nasconde il pasticcio ideologico – metteva “in luce molteplici aspetti sintomatici dell’esistenza di condotte che potrebbero aver posto in essere sprechi di rilevanza tale da poter configurare un vero e proprio danno erariale”.

 

E infatti la parola “spreco di denaro”, la mistica depressiva che spaccia per risparmio un’ideologia da strapaese reazionario fatto d’immobilismo e genius loci, la stessa che spinge la sindaca Raggi a rifiutare a Roma quelle Olimpiadi che accendono il Brasile, per una volta sembrava restare incollata, confinata alle pagine interne dei quotidiani, schiacciata da un primato che ancora si vede, si tocca, si respira, come segnala il sindaco di Sulzano, Paola Pezzotti: perché per due mesi, da giugno a luglio, nella depressione nazionale, passeggiare sulle acque del lago d’Iseo, un po’ come per l’Expo di Milano, è stato come passare dal bianco e nero ai colori, la fantasia applicata alla tecnica e alla bellezza. Ma poi è arrivata la Guardia di Finanza, sono arrivati i magistrati contabili, con le parole del Codacons e di Legambiente sotto il braccio, a ricordarci quale sia l’ambarabà ciccì coccò della nuova politica sul comò: non il logico e civile non rubare, e nemmeno l’altrettanto logico e civile non abbuffarsi, ma la degradazione parodistica delle sobrie virtù nord europee, virtù che solo in Italia si degradano a paranoia e fanatismo, così che il superfluo abbonda e l’essenziale sfugge insieme alla capacità di stare al mondo e di affrontare il disagio del mondo riempiendolo di distrazioni colte e di talento, di valorizzare tutto quello che non è scontato, dalle Olimpiadi alle grandi opere pubbliche, sino a una passerella galleggiante che per due mesi ha sorprendentemente illuminato i dettagli della bellezza naturale del lago d’Iseo.

 



The Floating Piers, l'opera dell'artista Christo (foto LaPresse)


 

Certo il denaro pubblico in Italia ha spesso prodotto scarti, variazioni su girotondi o cambi merce con piccoli incarichi di sotto-governo, clientela e comparaggio travestiti da cultura, insomma degrado. Ma il contrario del degrado non è il pauperismo ideologico, l’abbandono degli investimenti, la rinuncia alle ribalte internazionali, non sono gli stipendi bassi e uguali per tutti (dai manager pubblici agli autisti degli autobus), bensì l’urbanistica, l’architettura, la fantasia, il pensiero e la scienza dell’amministrazione come igiene del territorio, insomma il coraggio (e cosa c’è di più coraggioso d’una passerella, che significa esporsi, dunque mettersi a rischio?). E allora se un milione e duecentomila persone riempiono di vita e d’interesse il lago d’Iseo, lo trasformano in un fenomeno social internazionale, proprio come farebbero le Olimpiadi nella Roma oggi coperta da un manto di sugna, questo è un successo, è denaro ben speso da amministrazioni comunali, e provinciali, che non si sono sentite mortificate dai limiti stretti di un bilancio da amministrare e dal compito ingrato di occuparsi di manutenzione, di strade, di automobili. Il bello costa, e ripaga. La competenza costa, ma può creare efficienza. Il denaro è veicolo di sviluppo, e non per forza di malversazione, e danno erariale. E si potrebbe infatti ridere della foga di Legambiente e della prosa sbilenca del Codacons, e persino della magistratura che ci si butta a pesce con scoppiettio di Fiamme gialle, se solo l’indignazione e l’idolatria pauperista non fossero diventate la colonna sonora d’Italia. Il buon senso, quando non è praticato, finisce col trasformarsi in pericolosissimo senso comune.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.