Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Le sparate spaziali di Di Maio

Redazione

Dal boicottaggio anti Israele alla sfida alle leggi di gravità del fisco.

 

Un viaggio-spot vagamente antisemita a Tel Aviv per accusare Israele di impedire l’ingresso a Gaza controllata da Hamas: la delegazione del Movimento 5 stelle capeggiata da Luigi Di Maio conferma che se i grillini andranno al governo riconosceranno lo stato palestinese e anche quello israeliano, però soltanto se rinuncia a Gerusalemme Est e al Golan; intanto il Movimento ripete l’intenzione, con Virginia Raggi al Campidoglio, di cancellare l’accordo tra Acea e Mekorot, azienda creata dai pionieri ebrei nel 1937, “nel quadro del boicottaggio con chi opera nelle colonie”. In fondo Alessandro Di Battista chiedeva di elevare l’Isis al rango di interlocutore, quindi non c’è troppo da stupirsi.

 

E’ sulla politica fiscale che le sorprese grilline non sembrano destinate ad esaurirsi. Di Maio torna a concentrarsi sul programma di governo e spiega a Panorama che “darà agli italiani il reddito di cittadinanza di 780 euro al mese”, “riabbasserà l’età pensionabile”, “abolirà il Jobs Act”, “convertirà l’Ilva di Taranto a vocazione turistica o a nuove tecnologie mettendo al centro la persona”, “darà vita a un piano massiccio di assunzioni nella magistratura”. Già è ad alto rischio l’idea del sussidio universale in un paese dove si sprecano gli abusi di assistenza pubblica, e al penultimo posto europeo per livello di occupazione: ma i soldi dove li trova? “La copertura è 17 miliardi l’anno individuati nel taglio di 25 voci di spesa elencate sul nostro sito”.

 

Nel resto d’Europa, dove esiste, il reddito di cittadinanza – o meglio, il reddito minimo garantito – è in media di 400 euro. Quanto alle coperture la voce principale è 4,5 miliardi di “acquisto di beni e servizi”, cifra però già conteggiata dal governo per ridurre il deficit, mentre 3,5 dovrebbero venire dalla cancellazione delle spese militari a partire dagli F-35. I quali, per inciso, vengono montati in Italia e dunque bisognerebbe riconvertire al turismo anche quei dipendenti. Perfino Stefano Fassina, da sinistra, definì il reddito universale in salsa grillina “un concentrato di super-balle”. Ecco: ora che hanno messo tra parentesi l’uscita dall’euro, vista l’incertezza post Brexit, i 5 Stelle hanno almeno il dovere di dire come spenderebbero i soldi pubblici e che farebbero con le tasse, che non sono di loro proprietà. Per ora siamo alle mance, ai soliti slogan e alle clientele di riferimento.