Matteo Renzi (foto LaPresse)

Leggi contra Grillum, no grazie

Redazione
Da un sistema elettorale vogliamo governabilità, non sotterfugi. Garantire un governo in tempi rapidi, con un programma chiaro, con il giusto di mediazioni ma senza ricatti, è lo scopo della legge elettorale, l’Italicum.

Nel suo periodo d’oro, quello delle riforme, Matteo Renzi si è impegnato su un obiettivo fin lì estraneo all’Italia delle concertazioni e delle corporazioni, ben rappresentate dai partitini e dalla burocrazia amministrativa. L’obiettivo si chiama governabilità. Garantire un governo in tempi rapidi, con un programma chiaro, con il giusto di mediazioni ma senza ricatti, è lo scopo della legge elettorale, l’Italicum, che assegna il premio di maggioranza al partito più votato, previo eventuale ballottaggio. Fare in modo che il vincitore sia poi in grado di governare è la ragion d’essere della riforma istituzionale, che elimina il Senato elettivo, la doppia fiducia e doppia lettura delle leggi, i poteri di spesa irresponsabili delle regioni. Ma a ben vedere nel segno della governabilità sono anche altre azioni del primo renzismo: il Jobs act rende più agevole assumere e investire; l’abbandono della concertazione nazionale a favore della produttività aziendale elimina i veti di sindacati che hanno più iscritti tra i pensionati che nelle aziende, e certe sigle non ne hanno affatto.

 

Anche la riforma delle banche popolari toglie potere alle vecchie gestioni clientelari, travestite da difesa del territorio, a favore della gestione dell’impresa. Ora che Renzi è in calo nei sondaggi, per appannamento proprio, per politique politicienne e per l’avanzata dei grillini, c’è chi individua la scappatoia magica nel capovolgimento della legge elettorale (che certo sui dettagli può essere migliorata) riassegnando alle coalizioni il premio di maggioranza. A parte che sarebbe un sotterfugio magari egualmente bastonato nelle urne, la domanda è: quando mai negli ultimi vent’anni le coalizioni hanno funzionato, in termini di garanzia di governabilità? L’Ulivo e l’Unione prodiana, il centrodestra berlusconiano nelle varie formulazioni, sono esempi di come le minoranze abbiano tarpato ambizioni e programmi dei leader, impedendo di governare, portando regolarmente i premier alla sconfitta.

 

A chi ammonisce che Alcide De Gasperi non volle mai governare da solo, e la Dc si tenne gli alleati centristi, basta  ricordare che la vita media dei governi fino alla riforma maggioritaria era inferiore a dieci mesi. Mentre chi obietta che la Germania ricorre, se serve, alle grandi coalizioni dovrebbe sapere che queste nascono con patti firmati e blindati sulla base dell’interesse nazionale. E neppure l’Italicum impedisce a maggioranza e opposizione di trovare accordi in Parlamento dove esistano interessi e principi condivisi (esempio, stare o non stare nell’euro). Per il resto, chi vince governi, dimostri di saperlo fare, anche se si chiama Beppe Grillo.

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