Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Chi sogna l'appeasement con Renzi

Redazione
I sindaci e i movimenti di Parisi. Le due spinte per un nuovo patto

Roma. Riprendere il filo del Nazareno, trovare un equilibrio complicatissimo che consenta di rilanciare l’offerta politica del centrodestra, mantenendo un profilo alternativo a quello del Partito democratico, evitando però, contemporaneamente, un pericoloso capitombolo del governo di Matteo Renzi. In Forza Italia, e non solo negli ambienti aziendali del berlusconismo, dunque non solo a Segrate e a Cologno Monzese, non solo alla Mondadori e a Mediaset, negli uffici di Marina Berlusconi e di Fedele Confalonieri, ma anche tra gli esponenti più moderati del berlusconismo politico, non si parla d’altro. A Milano Stefano Parisi tesse da mesi la sua trama, per ora solo cittadina, ma poi chissà: incontri istituzionali, rapporti di alleanza e di cortesia con quelle componenti del centrodestra, come l’Ncd di Maurizio Lupi, impegnate nel governo affianco al Pd. E poi in gola, pronto per essere annunciato al momento opportuno, un “sì” non tattico ma strategico alle riforme renziane e dunque a quel referendum intorno al quale Forza Italia intanto si mobilita (ma con sempre meno convinzione) per il “no”. Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, lo ripete spesso al Foglio: “Il filo del Nazareno andrebbe ripreso. Forza Italia e Pd dovrebbero anche loro ritornare a parlarsi, a collaborare”. E non è l’unico a pensarlo. “Bisogna stare attenti a che non vinca il risentimento, che è il contrario della politica”, dice Guido Castelli, sindaco berlusconiano di Ascoli.

 

E allora mentre Confalonieri invita il centrodestra a collaborare con il governo, mentre si riapre il dibattito sulla legge elettorale tra strepiti, lamenti, accuse e sospetti che nella sinistra gravano come nere nubi cariche di cattivi presagi sulla testa del presidente del Consiglio, e mentre lo stesso centrodestra politico – ancora per qualche mese orbo di Berlusconi – appare incerto sul da farsi, cominciano tuttavia a emergere voci in controtendenza, anche sorprendenti, segnali di vivacità in un mondo, quello composito del centrodestra, che ha ripreso qui e là a palpitare dopo le ultime elezioni amministrative: “Collaborare con il governo, su alcuni punti, non significa tornare al Nazareno, ma contribuire a conservare il sistema della democrazia dell’alternanza che Grillo e i Cinque stelle minacciano”, dice il sindaco di Ascoli, Castelli. Che è un po’ quello che, con un entusiasmo sbrigliato, sostiene anche Brugnaro, il sindaco più nazarenico d’Italia: “Questo paese non ha bisogno né di prime donne né di eroi, ma di gente che si metta china a lavorare sui problemi. Che sono tanti. E che sono ormai chiari a tutti. O si fa così, o altrimenti cresce il malcontento, e poi si gonfia il facile partito del vaffanculo, che è proprio quello che l’Italia non può permettersi. Guai. Se vincono quelli, il paese chi lo manda avanti?”.

 

Certo, a destra, la situazione è complicata, convivono pulsioni contrastanti, tendenze lepeniste, urletti strozzati, c’è la concorrenza serrata di Matteo Salvini che impone ai moderati di Forza Italia di mantenere, per così dire, un piede in due scarpe: collaborare con Renzi, sì, forse, ma prestando molta attenzione a non scoprirsi a destra. “Nel confronto politico va recuperato un clima sano, una grammatica più accettabile, da democrazia matura, secondo la quale l’avversario politico non è un nemico da sterminare”, dice Andrea Romizi, trentasette anni, sindaco di Perugia. “Ma prima di tutto il centrodestra deve ritrovare se stesso, soffermandosi sui propri limiti, sui propri difetti. E’ difficile chiedere fiducia agli elettori se non sei convincente tu per primo. E agitare il pericolo di Grillo non basta. La politica non si fa contro qualcuno, o agitando lo spettro di qualcosa. All’antipolitica si risponde con la buona politica, riproponendo sogni e visioni, cosa che noi forse non siamo più in grado di fare bene come un tempo”.

 

E certo l’orizzonte di Romizi, giovane amministratore, liberale, moderato e cattolico, non è quello della grande coalizione e degli accordi di Palazzo, ma non è neppure quello delle urla e delle concessioni alle pulsioni del malumore populista. “Gli accordi con gli avversari che stanno al governo si possono fare”, dice. “Ci mancherebbe. Certo dipende dai punti di confronto…”. E in queste ore, negli ultimi giorni, un’agenda neonazarena si sta disordinatamente componendo sotto gli occhi degli attori politici, “prima ancora del referendum”, dice Castelli, “c’è la legge elettorale. E’ evidente che il centrodestra può riuscire a mantenere un atteggiamento critico nei confronti del Pd senza tuttavia che questa posizione faccia da inconsapevole affluente per le forze antisistema. Si può criticare senza essere lepenisti o grillini, sapendo quando è invece opportuno collaborare e trarre profitto dal dialogo”. La legge elettorale, dunque. “Renzi dovrebbe accettare modifiche all’Italicum. E costruire così un terreno, una condizione, un clima perché ci possa essere, dentro e fuori dal Parlamento, una opposizione non distruttiva. Bisogna depotenziare lo scontro megagalattico del tutti contro tutti. E il primo passo è modificare l’Italicum”. Poi si vedrà, dicono i sindaci del centrodestra. In mezzo c’è l’estate, che forse a questo punto non sarà soltanto mare e vacanze.

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