Matteo Renzi (foto LaPresse)

L'origine dei guai per Renzi

Umberto Minopoli

La solitudine di Renzi ha un suo inizio: la fine del patto del Nazareno, il cui schema politico appariva visibilmente come la modalità del radicamento di una imminente (elezioni del 2018) dialettica bipolare “europea” e repubblicana.

Non doveva andare così. Lo schema di ingaggio di Renzi era indovinato. E aveva funzionato. Fino all’elezione di Mattarella. Lì avviene il turning point. La fase felice del renzismo coincide con il tempo del Nazareno: ritmo accelerato di riforme, stabilità parlamentare, maggioranza istituzionale per le modifiche istituzionali, opposizioni disarticolate. In quel renzismo, efficace e vincente, non c’era nemmeno quello che la sinistra ha imputato a Renzi in questi mesi: il patto consociativo con un settore della destra, la nenia su Verdini. Questo perché lo schema politico del Nazareno appariva visibilmente come la modalità del radicamento, attraverso l’Italicum e l’intesa sulle riforme costituzionali, di una imminente (elezioni del 2018) dialettica bipolare “europea” e repubblicana: tra una lista di centrosinistra e una di centrodestra. Ricordate: la minoranza di sinistra pd, in quella fase, non contestò questo schema.

 

Pur nell’evidente impaccio e nella sofferenza per il patto con Berlusconi, la stessa minoranza del Pd accettava la naturalezza e la forza di una promessa di cambiamento elettorale il cui esito non era la consociazione con la destra ma il reciproco patto per stabilizzarsi, Pd e una nuova Forza Italia, come poli dell’alternanza fissata nell’Italicum. La battaglia della sinistra pd non riguardò lo schema politico dell’Italicum, il bipartitismo col centrodestra. Riguardò il tema del bicameralismo e quello dei meccanismi elettivi dell’Italicum. Ma non il vero disegno della riforma elettorale: stabilizzare la competizione tra centrosinistra e centrodestra. Il patto del Nazareno, nonostante i dileggi nervosi della sinistra pd, si rivelò assai meno contestabile delle attese di sinistra. Apparve come un oggettivo patto costituente di riforma della dialettica politica. Insomma: ebbe una sua forza egemonica. Di effettivo cambiamento. Che si riverberò su tutta la stagione, rapida e concentrata, delle riforme renziane.

 

Le opposizioni che stavano fuori dal recinto del Nazareno erano in affanno evidente. I 5 stelle e la Lega non riuscirono ad imbastire un’efficace controffensiva. Apparivano disarticolate e frustrate. Accentuarono lo scivolamento estremista. Si determinarono alla deriva populista dell’onda antieuro. Senza mai apparire, realmente, alternativi. Il patto del Nazareno, per la fase in cui durò, chiuse effettivamente gli spazi alla credibilità e alla plausibilità di un “terzo polo” della politica italiana. Tutto questo si interrompe con l’elezione di Mattarella. Da allora tutto è rivoltato. Renzi e Berlusconi dichiarano la fine del Nazareno. E la geografia politica cambia. Innanzitutto cambiano le regole di ingaggio dell’Italicum. Lo schema bipartitico cambia. Per una ragione semplice: Forza Italia sciolta dal patto, impoverita dalla svalutazione delle sue shares nella partita del cambiamento istituzionale, depotenziata e ricondotta al ruolo di “opposizione tra altre opposizioni”, senza alcuna specialità, collassa. E Renzi sottovaluta le conseguenze e la portata distruttiva, di questo collasso della destra moderata, per il suo stesso schema di gioco.

 

Laddove, con lo schema del Nazareno, c’era evidenza coalizzatrice del renzismo, ora si prefigura una condizione di solitudine: l’uomo solo al comando non è una distorsione psicologica di Renzi ma diventa un dato della realtà e un mantra del parterre intero della politica italiana. Inoltre la fine del Nazareno degrada la portata della riforma elettorale e dell’Italicum: non è più chiaro, visto il declino di Forza Italia, chi sarà il secondo partito, qual è la forza alternativa al Pd nello schema bipartitico della nuova legge elettorale. La rinascita dei 5 Stelle, conseguenza ineluttabile del collasso del centrodestra prodotto dalla fine del Nazareno, è inevitabile. Il tripolarismo nasce così! Ma l’Italicum non era fatto per il tripolarismo. Era fatto per affermare il bipartitismo europeo: centrosinistra versus centrodestra, due “partiti della Nazione”, forze tranquille e dal reciproco riconoscimento. E, insieme, contro il populismo estremista: da contenere e puntare a rendere innocuo. Questo schema, rassicurante, la verità del Nazareno, è stato fatto saltare. Direbbe Gramsci con una reciproca catastrofe delle forze in campo, le due forze del patto. FI si è consegnata all’inconsistenza di un declino senza rete.

 

Renzi, invece, si ritrova con il disegno elettorale, politico e istituzionale, all’origine bipolare, compromesso da una imprevista e drammatica possibilità: diventare il primo paese europeo, della famiglia dei fondatori, in cui una forza populista, dai tratti indefiniti, antieuropea, estremista per molti tratti, può diventare l’alternativa di governo al Pd. Da paese tendenzialmente più stabile e sicuro d’Europa, quale era l’immagine dell’Italia, nella fase alta del Nazareno, l’Italia rischia di scivolare verso uno scenario stravagante: quello tra un centrosinistra appesantito e un movimento politicamente (ancora) improbabile in ascesa. Non doveva andare così. Potenza della fine del Nazareno.