Massimo D'Alema (foto LaPresse)

D'Alema e le opposizioni da operetta

Redazione
Non sappiamo se Massimo D'Alema, fiero avversario del renzismo, faccia davvero il tifo per Virginia Raggi a Roma e non sappiamo se le mosse dell'ex presidente del Consiglio, che a Milano tiferà per Stefano Parisi, avranno un riflesso sugli equilibri elettorali del ballottaggio di domenica prossima.

Non sappiamo se Massimo D’Alema, fiero avversario del renzismo, faccia davvero il tifo per Virginia Raggi a Roma e non sappiamo se le mosse dell’ex presidente del Consiglio, che a Milano tiferà per Stefano Parisi, avranno un riflesso sugli equilibri elettorali del ballottaggio di domenica prossima. D’Alema ieri ha smentito ancora una volta, senza in realtà smentire molto, la ricostruzione di Repubblica, che aveva scritto che Max avrebbe votato Raggi per far cadere Renzi, e ha accusato con eleganza il giornale diretto da Mario Calabresi di aver messo in atto “una palese manovra da parte di quello che è in realtà un house organ del partito del Nazareno”, più altri garbati insulti a Rep. Al di là della spassosa polemica tra Max e Rep., non c’è dubbio che D’Alema incarni un modo particolare di fare opposizione a Renzi che a voler essere sintetici si potrebbe riassumere così: io, avversario di Renzi, non ho un progetto particolare da opporre al mio avversario ma sono certo che una volta sbarazzatomi del mio avversario, a qualunque costo, un progetto lo troveremo e sarà naturalmente quello vincente. Il metodo D’Alema vale oggi per Renzi così come valeva ieri per Berlusconi ma è un metodo che non ha mai avuto un particolare successo per due ragioni.

 

La prima ragione è che la modalità Cln funziona se di fronte si ritrova il fascismo ma come ha saggiamente ricordato Roberto Benigni qualche giorno fa “dopo settant’anni di democrazia, se qualcuno volesse provare a farsi dittatore nell’Italia di oggi verrebbe fuori un tiranno da operetta”.

 

La seconda ragione è che il metodo D’Alema, metodo fatto di battaglie sotterranee, strategie del logoramento, lavorio ai fianchi del nemico, è un metodo perdente perché non offre una faccia chiaramente alternativa al nemico che si combatte. Le battaglie politiche si fanno sui contenuti, certo, ma quando la battaglia sui contenuti diventa una battaglia sulle persone non ci sono molte strade da seguire: o si presenta una proposta alternativa (la casella di posta elettronica del Foglio per invitare D’Alema a candidarsi premier è sempre aperta: [email protected]) o si sceglie di sfiduciare (per chi è in Parlamento) un presidente del Consiglio che non si sopporta più invece che provare a delegittimare ogni sua scelta, ogni sua riforma, ogni sua battaglia politica (l’articolo 18, la legge elettorale, il referendum costituzionale, e così via). Vale per Max naturalmente e vale per la minoranza del Pd. Sfidare sì, logorare no. A meno di non voler mettere in scena il solito spettacolo: un’Opposizione da operetta.