Stefano Parisi (foto LaPresse)

Perché Parisi ha recuperato consensi nel mondo delle imprese

Maurizio Crippa
Da Bombassei ai Moratti, da Assolombarda a De Albertis. Il business del candidato sindaco del centrodestra tra commercianti, artigiani, edilizia.

Milano. Lo scorso 21 maggio Alberto Bombassei, patron della Brembo e deputato di Scelta civica, aveva appena ricevuto Matteo Renzi nel Kilometro Rosso, il polo super-tecnologico della sua azienda. Fra le note a margine del tour bergamasco del premier, l’imprenditore aveva confermato il suo sì al referendum costituzionale. Ma negli stessi giorni, lui che pure non è un elettore di Milano, non aveva tralasciato di schierarsi idealmente dalla parte di Stefano Parisi. Candidato apprezzato come imprenditore, oltre che come manager, ad esempio per “il suo impegno in Confindustria digitale”. Lo scorso  weekend, Parisi era a Santa Margherita Ligure al convegno dei Giovani di Confindustria, un po’ casa sua, come si dice. Qualche settimana fa, in un confronto in Assolombarda tra Sala e Parisi, il candidato del centrodestra aveva avuto buon gioco a rintuzzare il rivale, critico con l’amministrazione del sindaco Letizia Moratti e in generale con i governi lombardi del centrodestra. Parisi aveva invece sottolineato l’eredità positiva di Moratti a Milano: dall’Expo ai grandi progetti urbanistici. Applausi convinti, in prima fila c’era Gianmarco Moratti. Del resto Lady Letizia, già in aprile, tra il suo ex city manager Sala e Parisi aveva scelto: “Credo che Parisi abbia un curriculum molto più completo”. I molti punti recuperati da Parisi al primo turno sono frutto anche di questo pacato ma evidente riposizionamento di settori della business community. Come dice Gabriele Albertini, nume tutelare di Parisi,  “in assenza di alternative valide l’impresa era filogovernativa, poi è arrivato un candidato che oltre ad aver riunito le posizioni moderate è anche un imprenditore, che conosce il rischio d’impresa, e questo conta”.

 

Come sottolinea Albertini, Parisi ha attirato un mondo economico che deluso dal suo tradizionale riferimento politico. A Milano il Pd renziano ha saputo negli ultimi anni intercettare con le sue idee il consenso dell’imprenditoria. Beppe Sala ha fatto un buon lavoro, portando in dote settori d’impresa che conosce e con cui ha condiviso il lavoro di Expo. La scommessa di Human Technopole, per fare un altro esempio, appartiene molto più a lui e al governo Renzi che agli avversari. Ma poi è arrivato Parisi, con la sua dote confindustriale e di ex membro del comitato di presidenza di Assolombarda, assieme a Gianfelice Rocca, da spendere e le sue idee. Il giudizio di Bombassei è condiviso da molti imprenditori che con il patron di Brembo si erano schierati in Confindustria. Nel mondo politicamentre ovattatato delle aziende gli endorsement espliciti non sono molti, nemmeno per Sala, ma certe cose si fiutano nell’aria. Benito Benedini, presidente in uscita di Fondazione Fiera (partecipata di Comune e Regione) aveva elargirto un finanziamento bipartisan di 30 mila euro ai due principali candidati sindaco: Sala aveva risposto imbarazzato, Parisi disse “Benedini ha il cuore grande, non vedo nulla di illegittimo”. In Assolombarda i consensi per Parisi sono molti; del patron Rocca, molto istituzionale, si può dire che ha mitigato nel tempo le sue posizioni molto favorevoli a Sala dell’epoca delle primarie. Di Claudio De Albertis, costruttore e presidente dell’Ance nonché della Triennale, girava una battuta, ai tempi in cui lo cercavano dal centrodestra: perché candidare uno a centrodestra, se c’è già Sala? Poi però ha organizzato eventi con imprenditori per sostenere Parisi.

 

Se Sala ha dalla sua un lungo lavoro, Parisi ha dalla sua alcuni a-tout di programma. Entrambi hanno firmato il protocollo d’intesa “C’è Milano da fare” proposto dal mondo dell’edilizia. Ma Parisi sull’edilizia punta ad “azzerare gli oneri di urbanizzazione, facilitare il cambio di destinazione d’uso a parità di volumetrie”, cose che non spiacciono affatto all’Assoedilizia guidata da Achille Colombo Clerici, assai influente. La riduzione delle tasse sull’uso del suolo pubblico piacciono ai commercianti  (sebbene uno come Carlo Sangalli Confcommercio, vecchio amico del Cav., sia rimasto taciturno), che hanno il dente è avvelenato con il trattamento subìto dalle attività commerciali da parte della giunta Pisapia. Stesso appeal sulla Confartigianato hanno le proposte di riduzione di pressione economica. Delle aziende tec non è elegante parlare, è quasi un derby tra i mondi Telecom e i mondi Fastweb. Poi esiste un mondo imprenditoriale da sempre legato a doppio filo alle aziende di Berlusconi. Si sa, certe cose contano.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"