Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Le maschere di Raggi e Appendino nascondono la vera natura del grillismo: le “monetine”

Claudio Cerasa
Di Maio si è augurato che dopo i fischi ricevuti da Confcommercio Renzi riceva una buona dose di monetine in testa. Il Movimento ha molti elettori per bene ma è una realtà che come un fungo trae la sua forza e la sua linfa dai peggiori concimi disseminati in giro per l’Italia.

Le monetine, già. Beppe Grillo è un grande comico e come tutti i grandi comici sa giocare magnificamente con le maschere portate in scena dai suoi personaggi. Le maschere dei comici hanno un’infinità di significati ma quando un attore presenta al suo pubblico una maschera si preoccupa prima di tutto di una cosa: rendere credibile ciò che si mostra e rendere almeno per un attimo invisibile ciò che si è. Quando la maschera funziona, chi la osserva viene conquistato da quel personaggio. Sorride. Viaggia. Si emoziona. Proietta se stesso in un altro mondo. A volte, persino, gli capita di sognare. Da questo punto di vista, almeno finora, lo show delle elezioni comunali è uno degli spettacoli meglio riusciti a Beppe Grillo e le belle maschere usate dal Movimento 5 stelle per far sognare il pubblico e proiettarlo in un mondo diverso stanno funzionando.

 

Le maschere oggi hanno il volto di due ragazze per bene che si chiamano Virginia Raggi e Chiara Appendino e attraverso le loro storie, i loro occhi, la loro voce bassa, calma, piatta, rassicurante, il partito di Grillo sta cercando di mettere in scena un’esibizione perfetta, anche se a suo modo comica: rendere credibile ciò che si mostra e rendere invisibile ciò che si è. L’operazione funziona solo se ciò che c’è dietro la maschera scompare per un attimo, come per magia, ed è anche in virtù di quest’operazione che il fondatore del Movimento, Beppe Grillo, ha deciso di fare un momentaneo passo di lato (salvo poi firmare con lo “staff di Beppe Grillo” il licenziamento di assessori sgraditi). Molti osservatori, incantati dalle mascherine, hanno cominciato a descrivere il favoloso mondo delle Raggi e delle Appendino come se fosse autonomo rispetto a quello di appartenenza. Ma un conto è innamorarsi delle maschere (comprensibile). Un conto è dimenticare la differenza tra ciò che si mostra e ciò che si è. Ciò che si è, ovvero la vera natura del Movimento 5 stelle, lo ha sintetizzato ieri con una battuta rapida il volto più importante del grillismo, Luigi Di Maio, che si è augurato che dopo i fischi ricevuti da Confcommercio Renzi riceva una buona dose di monetine in testa. “Oggi i fischi da Confcommercio, presto gli lanceranno le monetine e poi Matteo Renzi a casa”. Le maschere possono sedurre quanto si vuole, e in molti, soprattutto sui giornali, oggi ne sono conquistati. Ma quando si sposta la maschera e si osserva la vera natura del Movimento 5 stelle bisogna essere sinceri. Il Movimento 5 stelle è un partito che avrà molti elettori per bene ma è una realtà che come un fungo trae la sua forza e la sua linfa dai peggiori concimi disseminati in giro per l’Italia, molti dei quali sono stati impiantati nel nostro paese proprio ai tempi di Tangentopoli e delle famose monetine dell’Hotel Raphaël.

 

Al netto delle maschere, l’Italia sognata da Grillo è un’Italia governata dalla cultura del sospetto, dalla politica del linciaggio, dal giacobinismo giudiziario, dalla dittatura delle procure, dalle cialtronerie benecomuniste, dal mito dispotico della democrazia diretta, dalla retorica vuota dell’antipolitica, dal disprezzo per gli strumenti del mercato e da una generica propensione alla diffusione di teorie complottiste (l’11 settembre, i vaccini, il Bilderberg, gli inciuci, le scie chimiche, l’industria della shoah) messe scientificamente in circolo per creare zizzania, fare massa critica e imporre una nuova illuminata dottrina caratterizzata dal riconoscere, possibilmente senza contraddittorio, la parola del blog redentore come unica verità rivelata. Chi vota Grillo lo fa per mille ragioni e spesso lo fa in modo sincero ma chi sceglie di votarlo e sceglie di appoggiarlo deve ricordarsi che dietro la maschera c’è il volto di un mondo medievale che prova a camuffarsi dietro gli sguardi garbati di Raggi e di Appendino ma che alla fine non riesce a nascondere la sua vera natura. E a volta basta dire una parola per mostrare il trucco e far sparire la magia. Le monetine, già.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.