Riunione della Corte Costituzionale (foto LaPresse)

La Costituzione più esosa del mondo

Piercamillo Falasca
Qualche giorno fa la Consulta ha stabilito l’illegittimità di un articolo di un decreto legge del 2012 (firmato Monti), che tagliava 2,2 miliardi di euro di consumi intermedi dei comuni italiani. Così facendo, la Consulta blocca la spending review, ma così s’ipoteca il futuro.

E’ almeno dal 1966 che la Corte costituzionale emana sentenze che prescindono dalla razionalità economica e dalla disciplina fiscale. In quell’anno i giudici consentirono il ricorso al debito pubblico per finanziare la spesa corrente, di fatto svuotando di significato quel principio chiesto e ottenuto da Luigi Einaudi ed Ezio Vanoni all’articolo 81 della Carta, secondo cui ogni legge di spesa deve contemplare i mezzi per farvi fronte. Ammettere anche l’emissione di nuovi titoli di debito per coprire la spesa annuale aprì da quel momento una voragine: nel 1979, per esempio, circa il 40 per cento della spesa era finanziato con il ricorso al debito. Da lì sorgono molti degli attuali problemi finanziari del paese. Qualche giorno fa la Consulta ha stabilito l’illegittimità di un articolo di un decreto legge del 2012 (firmato Monti), che tagliava 2,2 miliardi di euro di consumi intermedi dei comuni italiani. Secondo i giudici, non sarebbe stato rispettato un obbligo di consultazione dei comuni stessi da parte del governo per l’attribuzione dei tagli specifici a ogni ente, attraverso la convocazione della Conferenza stato-città. In più, il criterio utilizzato per i tagli – i consumi intermedi – sarebbe una voce troppo generica, nella quale ricadrebbero sia sprechi che servizi effettivamente resi ai cittadini.

 

In altri termini, da oggi in poi, se e quando lo stato vorrà ridurre i trasferimenti ai comuni dovrà coinvolgerli nella decisione e nella quantificazione. E lo stesso principio varrà con le regioni, par di capire. Ciò renderà molto complicato ogni futuro tentativo di compressione della spesa pubblica. Tornando con la mente ai mesi drammatici del 2011 e del 2012, con l’Italia a un passo dal default e con i tagli del governo Monti necessari a evitare la catastrofe e a convincere il Consiglio europeo ad approvare il Fondo salva stati, la decisione della Corte appare semplicemente lunare. Come già accaduto con la parziale bocciatura della legge Fornero (sulla parte riguardante la rivalutazione degli assegni pensionistici) e con l’incostituzionalità del maggior prelievo alle pensioni d’oro, i giudici sembrano non tener conto che prima di ogni articolo della Costituzione c’è un Articolo Zero da rispettare: “L’Italia non può vivere a spese degli italiani di domani”. Un principio di buon senso, di moralità politica ed economica, costantemente disatteso.