Matteo Renzi, Lorenzo Guerini, Valentina Paris, Debora Serracchiani, Matteo Orfini durante la conferenza stampa dopo le elezioni amministrative (foto LaPresse)

Passeggiate romane

Nonostante l'ottimismo, Renzi sa che il Pd ha un grosso problema soprattutto al sud

Redazione
Il premier non giudica più il suo partito all'altezza. Il che significa che i gruppi dirigenti del Pd del Meridione verranno spazzati tutti. Si salva invece il nord.

Giornata bruttissima e piena di tensione al Partito democratico, reduce da una nottata altrettanto complicata e tesa. Matteo Renzi in conferenza stampa ha scelto i toni della ragionevolezza, ma, lontano dalle telecamere e dai taccuini dei cronisti, il presidente del Consiglio dà sfogo, con i dirigenti del Pd, a tutta la sua arrabbiatura. Ce l’ha soprattutto con il suo partito, che non giudica più all’altezza. Il che significa, tradotto in soldoni, che i gruppi dirigenti del Pd del Meridione verranno spazzati tutti. E’ al sud che, secondo il premier, il Partito democratico ha dato pessima prova di sé. Mentre salva il nord, dove bene o male le percentuali del Pd (liste civiche incluse) si aggirano tra il 37-40 per cento.

 

Napoli, per il presidente del Consiglio, è stata un vero e proprio colpo, anche se è vero che Renzi non si aspettava niente di più nel capoluogo partenopeo, sia per quello che riguarda la candidata, che non lo ha mai convinto, sia per quel che concerne il partito, dove farà un repulisti. A Napoli il premier ha avuto la conferma che il Pd meridionale è rimasto quello di un tempo, e per di più indebolito. A Roma, invece, dove pure i renziani davano per scontato l’exploit di Viriginia Raggi, il premier si aspettava qualcosa di più. Sperava che Roberto Giachetti avesse accorciato le distanze negli ultimi venti giorni, ma così non è stato. E ora al Pd si attendono solo una dignitosa rimonta per non dare l’impressione che il partito nella capitale sia morto, ma nessuno, nemmeno i più ottimisti pensano che Giachetti possa vincere al ballottaggio. Il presidente del Consiglio non lo dice (o, almeno, non lo ha detto nella conferenza stampa di lunedì) ma è chiaro che anche a Roma il gruppo dirigente del Pd subirà una registrata. E infatti nella capitale si è già aperto il dibattito sulla gestione del commissario Matteo Orfini.

 

Nonostante Roma, Renzi continua a pensare che in Italia l’onda d’urto dei grillini possa essere fermata. Analizzando i risultati del Movimento 5 stelle in tutta Italia, il premier e i suoi uomini hanno tratto l’impressione che l’ascesa grillina è tutt’altro che irresistibile. E nel Pd, adesso, alla luce dei risultati, c’è chi ritiene che Matteo Renzi dovrà rimettere mano all’Italicum. Ma il presidente del Consiglio, almeno al momento, non sembra dello stesso avviso. E’ convinto che non sarà questo il modo per fermare Grillo, anche perché ritiene che lo schema tripartitico – Pd, 5 stelle e centrodestra – sia tuttora quello imperante e quindi cambiare la legge non servirebbe, anche perché i vari alleati occasionali del Pd in queste elezioni (da Ncd a Verdini) non portano voti e la sinistra, che si conferma ultra-minoritaria, chiederebbe un prezzo troppo esoso per un’eventuale alleanza. Prezzo che Renzi, visto l’esiguo consenso di Fassina e compagnia, non ha intenzione di pagare. Certo, il voto getta delle ombre inquietanti sul referendum. Al Pd a questo punto sono preoccupati. Ma il presidente del Consiglio continua a ritenere che quella referendaria sia un’altra partita, ora indubbiamente più difficile, ma non impossibile da vincere.

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